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  La spada di King Arthur
di D. Timpano
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Caccia 'l 900. Appunti su Tolkien, Beckett, Joyce
Da e per Ennio Flaiano: 20 Nov 1972
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Dimenticate d'essere nel medioevo. [1] Alti mediocri e bassi sprofondanti. Questa la sintesi migliore di questo mediocrissimo serial di fin troppo successo in Italia. L'esempio classico di come la memoria inganni, di come in generale non ci sia nulla di male nella nostalgia del cartone animato adorato in gioventù, ma caso per caso bisogna distinguere le cazzate dalle belle cose: "La spada di King Arthur" è una cazzata. Merita interi ben tre luoghi comuni:

1. I cartoni animati sono per loro stessa natura diretti ai bambini (intesi come deficienti da introdurre in un mondo di stupidi).

2. Quelli giapponesi sono i peggiori di tutti: fatti male, storti, brutti, rappezzati con l'accetta.

3. Una serie televisiva è un prodotto fatto in serie, anonimo, e in quanto tale non ha nulla di "artistico", tanto più se è un cartone animato, tanto più se giapponese (e dunque storto, brutto, fatto male e rappezzato con l'accetta)

In questo caso tutto è assolutamente vero. Non basta una sola puntata (ma non ve ne consiglio più d'una) per capire fino a che punto. Seguono esempi:

1. L'insieme incongruente della sceneggiatura.

2. La retorica buonista del quintetto di giovani protagonisti (compresi, come al solito, un ciccione e un ragazzino), o meglio qualunquisti, che è il termine esatto

3. Le musicacce squallidone del pur bravo Shunsuke Kikuchi (Mazinga Z, Goldrake, Babil Junior, Dragonball...)

4. I personaggi ignobili tipo "Il Cavaliere Verde", onnipresente nelle prime 3-4 puntate e che poi sparisce senza che se ne parli più, oppure i vari pretestuosi "cugini di...", "figlie di..." (un arbitrio del doppiaggio di merda italiano?) ma soprattutto dozzine di altri. Praticamente tutti.

Gli elementi di curiosità e di interesse naturalmente non mancano, in particolare nella seconda serie, che almeno si discosta completamente dal ciclo arturiano: navi vichinghe volanti, cavalli meccanici a razzo che sparano veri e propri missili, soldati ninja vestiti da pipistrelli, persino il cliché della doppia identità del protagonista non si sa più se ripreso direttamente da Superman o se costituisce citazione della citazione della citazione della citazione: L'Uomo Ragno, Hurricane Polimar, Yattodetaman, i cinque Gatchaman, Goldrake... In generale, non è l'incoerenza totale di storia, personaggi, costumi, architetture e ambientazioni che mi ha depresso, quanto l'inconsistenza e il vuoto che si cela dietro questa grumaglia di ingredienti incoerenti.

Dimenticatomi d'essere nel Medioevo, dimenticatomi che c'era una storia da seguire, devo dire che mi sono abbastanza divertito.

NOTE
[1] Non capisco che intendano Francesco Filippi e Maria Grazia Di Tullio quando scrivono: "[...] l'ambientazione storica è affidabile, supportata da convincenti atmosfere gallesi..." (Mazinga Nostalgia, Castelvecchi, Roma 2000, pag. 378) . Affidabile? Convincenti? GALLESI?

Daniele Timpano

 


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