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  Da e per Ennio Flaiano: 20 novembre 1972
di Gabriele Linari
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O EHIUOI
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Da e per Ennio Flaiano: 20 Nov 1972
Vocabolario dell'inutile (G-P)

 

"L’aver accompagnato, tra l’altro, nello spettacolo proposto i temi con strofette da cabaret e da vecchio varietà, non ha giovato ad uscire da certi limiti, anzi li ha aggravati, snaturando in un certo senso lo stile della scrittura, dando l’impressione falsa di un autore legato al teatro ‘leggero’ e alle mode rivistaiole del suo tempo. […] L’omaggio, promosso dal Teatro di Roma, avrebbe certamente meritato maggior peso, un impegno meno frettoloso e più mirato. Indubbiamente il critico più severo sarebbe stato Flaiano stesso. Un godimento immaginare ciò che avrebbe scritto." (ANSA)

Stanco di essere stanco. Così oggi (20 novembre) Flaiano se ne sarebbe andato, mi piace pensare, suicidandosi d’infarto. Stanco del mondo e della sua stessa vita. Stanco delle cose viste, dette, ripetute. E stanco sarebbe stato, oggi dopo trent’anni esatti, della cricca di variettari generazione Bagaglino-Costanzo-SalaTestaccio.

Flaiano non fa ridere. O meglio, fa sganasciare dalle risate…ma provate ad assaporare quelle risate. Lo si può fare solamente leggendo Flaiano. E uno spettacolo rispettoso dell’autore dovrebbe saper leggere tra le righe, dovrebbe essere un teatro della parola (quanto inaspettatamente simili, in questo, Flaiano e Pasolini!) in cui gli attori sono prima di tutto fedeli spettatori. Non avviene questo in un teatro (quello di Roma) gestito dal più attore degli attori: un individuo raggrinzito che combutta con il secondo (e ufficioso) gestore del Teatro di Roma, il poliedrico, tanto bravo quanto autoreferenziale Gigi Proietti. Ormai tutto è da e per loro. Cosa aspettarsi all’Argentina da una lettura di Flaiano con Romina Mondello? Forse una prossima serata: "Luisa Corna legge Seneca". Forse Flaiano stesso l’avrebbe detto. Si legge poco Flaiano (seppure esemplarmente pubblicato da Bompiani in tutte le sue forme). Ma parlò chiaro sul teatro. Era il lontanissimo 1944. Carmelo Bene vagiva. Flaiano scriveva:

"Oggi il pubblico si rifiuta di fare il più piccolo sforzo di immaginazione, non vuole discutere e tira al sodo. […] Gli impresari non sono benefattori ed è finito il tempo – oppure non è ancora cominciato – che un modesto impiegato del gas, come Antoine, dedicava al teatro tutta una vita, dando al suo paese quel Théatre Libre che (con tutti i suoi difetti, e forse in virtù di essi) sarebbe stato così fecondo di ulteriori idee. Noi pensiamo che se non avviene il miracolo, cioè se qualcuno non si decide a trasformare subito un magazzino in platea e a rappresentare l’abbicì dello spettatore moderno, saremo costretti a un teatro digestivo". [1]

Un monito per tutti. Un monito per l’Italia uscita da poco dal buio del fascismo, che aveva costretto ad un annullamento delle "richieste", a un appiattimento del gusto. Un monito ad un popolo che "si era già fatto fregare". L’articolo si chiude con una citazione dall’Ubu Roi di Alfred Jarry. E’ colto, Flaiano, mai grossolano ma sempre leggero nella sua profondità. Ossimorico in tutto. Moralista. Avanti sempre di anni (più di venti ne sarebbero passati prima che qualcuno prendesse davvero un magazzino per trasformarlo in platea). Flaiano sa scrivere: "Ha una bocca enorme, quando canta le si vedono le ovaie", ma sa anche che il mondo non capirà mai quanto profonda può essere una buffa frase come "Con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole". Ma Flaiano induce ad un riso secco, immediato. Tuttavia, per i tempi che corrono, non è abbastanza grossolano. Allora eccolo infiocchettato di soubrette e canzonette, messo in piedi da cabarettisti sedicenti. Perché il pubblico vuole attori ridanciani (meglio se ridono in scena come l’ormai manieristicamente slabbrato Proietti), poppe e musical! E gli impresari, i direttori di teatri, tv e riviste specializzate seguono l’onda: accondiscendendo, abbassando, semplificando. Si permette a Maurizio Costanzo di far citare Flaiano a Pietro Taricone e a Orietta Berti, sempre a sproposito. Taricone annuncia: "Non farò la fine della meteora come il Marziano a Roma di Flaiano", ignorando che nella commedia si parla di un intellettuale, di un pensatore, non di una star. Mentre Costanzo consola il suo pubblico dicendo che, in fondo, "la felicità sta nel non desiderare che ciò che già si possiede", cancellando il profondo pessimismo dell’aforisma, che racconta dell’impossibilità di trovare la vera felicità cercandola, poiché essa risiede nell’assenza di pensiero, nella stupidità.

Flaiano muore oggi. Muore e ri-muore. Mangiato dalla mediocrità, mangiato dalla massa, dalla specializzazione. Muore di nuovo. E quasi fa piacere pensarlo già morto da trent’anni. Lontano da tutto quello che sa del suo profondo, vissuto e raffinato disgusto e che oggi, impunemente, porta il suo nome.

L’Ass. Cult. IPOTESI e il LABit offrono un omaggio all’altro Flaiano. Verranno deposti dei fiori in Via Montecristo numero 6 (Montesacro) dove viveva, e presto verrà messa una targa. Il 22 al Teatro SS. Redentore verrà replicato (ingresso GRATUITO) lo spettacolo Con i piedi fortemente poggiati sulle nuvole. [2] Un tributo sincero, un atto d’amore. Contro chi non si accorge che la merda appesta la nostra cultura, la televisione, il Teatro di Roma. Contro chi sorride a lamentele di questo tipo e cambia discorso. Contro chi non si lamenta e dice che in fondo non è poi così male la cultura dell’intrattenimento e della semplicità. Contro chi ammette che tutto questo può essere buono, qualche parola ancora di un autore morto senza più speranze negli uomini:
"Se ammetterai che la merda è buona, dovrai mangiarla due volte al giorno".

NOTE
[1] E. Flaiano, "Un teatro per cani?" comparso sulla rivista Risorgimento Liberale, dicembre 1944.
[2] Lo spettacolo realizzato dall'Ass. Cult. IPOTESI con la regia di G. Linari è andato in scena al Teatro Furio Camillo di Roma dal 12 al 17 novembre 2002.
Due recensioni dello stesso su questo numero della rivista: -> Coi piedi fortemente poggiati sulle nuvole e -> Cerami-Piovani vs Flaiano. Coi piedi fortemente poggiati sulle nuvole verrà replicato al Metateatro (via di S. Crisogono, Roma) dal 18 febbraio 2003.

Gabriele Linari

 


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