cfr. Esodo 19 20; Deuteronomio 5
La grande teofania del Sinai
cfr. Esodo 32; Deuteronomio 9 10
IL vitello d'oro: Mosè mediatore del perdono
Cominciamo a vedere il grande evento teofanico del Sinai (Es. 19). Mosè viene delineato come il mediatore del mistero trascendente e invisibile di Dio.
Dio è presentato come il totalmente altro assolutamente incomprensibile e inavvicinabile dall'uomo. Dio come mistero è portatore di una tale potenza, da poter provocare la morte di coloro che si avvicinano a quel mistero. E Mosè fa da mediazione fra questo mistero e il popolo che non può comprenderlo e consente al popolo di avvicinare il fuoco del Dio inavvicinabile. Al terzo giorno, secondo il testo Dio si manifesta e rimane invisibile, ma si vedono le conseguenze della sua presenza che sono conseguenze terrificanti: il terremoto, l'eruzione vulcanica, il monte che fuma, la terra che trema, la paura. Il popolo si tiene lontano perché ha paura e perché Dio stesso comanda questa lontananza pena la morte; e Mosè, invece, si avvicina al mistero e risponde alla richiesta di mediazione del popolo.
Avendo capito che questo mistero può essere mortale, chiede a Mosè di farsi mediatore invece del mistero nella sua dimensione di vita.
Il popolo chiede questa mediazione. Dal punto di vista della narrazione, questo è già evidente nel modo stesso in cui viene presentata l'attività di Mosè. Al di là dell'attività di mediazione di parola che è importante, e lo vedremo c'è proprio tutta la costruzione del racconto incentrata sul fatto che Mosè continua a salire e scendere: sale sul monte verso Dio e poi scende verso il popolo; poi, sale di nuovo verso il monte e poi scende di nuovo verso il popolo:
Es. 19,3:
“Mosè salì verso Dio ...”
v.7:
“Mosè andò, convocò gli anziani del popolo e riferì loro tutte queste parole, come gli aveva ordinato il Signore.”
v.8:
“Mosè tornò dal Signore e riferì le parole del popolo. ”
v.14:
“Mosè scese dal monte verso il popolo...”
v.20:
“Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì ”
v.25:
“Mosè scese verso il popolo e parlò. ”
Mosè fa la spola; la mediazione nei due sensi: è mediatore della parola di Dio presso il popolo; ma, è anche mediatore della parola del popolo presso Dio.
Il discorso è paradossale: Mosè che fa da mediatore dice che il rapporto diretto con Dio è impossibile, perché appunto il popolo non può parlare direttamente con Dio deve salire Mosè ; e Dio non può parlare direttamente con il popolo Mosè deve scendere . Eppure proprio per il fatto che lui sia mediazione, dice invece che esiste il rapporto tra Dio e il popolo.
Vediamo allora da vicino alcuni elementi di questo testo, soprattutto per quel che riguarda la parte iniziale, e poi la comprensione dell'elemento teofanico. |