Quando e' Finita |
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Ecco
schematicamente alcuni rimedi suggeriti per chi vive l’esperienza della fine
di un rapporto, specie per chi non ha scelto, ma ha subito la fine: 1.
Farsene una ragione, acquistare consapevolezza. (Prendere di coscienza)
Si può
provare rabbia, ribellione, protesta, si può urlare la propria disperazione,
fino allo sfinimento...ma poi la vita continua. Bisogna
accettare la condizione umana: ogni bene può essere perduto, anche l’amore di
coppia. Ogni essere ha una parte (e a volte intollerabile, così sembra), di
dolore; ma contro il muro di bronzo della realtà non serve battere i pugni
..non serve a nulla! La realtà non cambia. E’ giocoforza accettarla!
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armonizzazione | |
pacificazione | |
unificazione | |
riconciliazione dell’io e del mondo. |
E’ la
gioia il frutto finale di questa equazione creativa (non il piacere): essa
annuncia che la vita è riuscita, ha guadagnato terreno, ha riportato vittoria
(sulla morte, sul niente...). E’ la gioia di aver fatto nascere qualcosa,
chiamato in vita, fatto esistere quello che prima - senza di noi - non c’era.
Essere
creativi, esprimere biofilia, far esistere qualcosa che non c’era, dà una
gioia (e si sente) che è una gioia divina! La separazione iniziale sul piano
del piacere (perduto), ma la gioia creatrice gli va oltre, estrae dal dolore
della perdita un’opera nuova, la separazione è nell’ordine del tempo
(caduco) la gioia creatrice è dell’ordine dell’eternità.
Fare di un
sasso in cui si inciampa un gradino per salire; dell’ostacolo un trampolino di
lancio, per un salto qualitativo di vita, irragiungibile senza quella
sofferenza. Ecco i passaggi possibili:
1. Morte -
risurrezione (se il grano non muore non porta frutto)
2. Dolore parziale - gioia più grande, universale
3. Tradimento - ritrovamento superiore
4. Sconfitta (parziale) - vittoria (globale)
Essa ha -
come l’arte - il potere terapeutico di decentrare da sé, distogliere dal
ripiegamento sterile, uscire da sé, volgersi verso l’oggettività, la realtà,
il mondo.
Lo strumento
tecnico (un apparecchio, uno scalpello, un computer...) è un prodigioso
catalizzatore di energie: lo strumento mi obbedisce e mi resiste, concentra
l’attenzione, devo imparare, far prove, ricominciare, dominare la mia
impazienza! Mettendo ordine nel mondo degli oggetti, metto ordine in me stesso (ristabilizzo
una gerarchia di priorità, ridefinisco una scala di valori).
Alla fine
vinco, porto a compimento un compito. L’indefinito (e l’infinito) non mi
danno respiro, il finito mi lascia il tempo per il riposo, per il rilassamento,
per il sonno...
L’amore
dell’oggetto può divenire il sostituto di un altro amore. Un buon rimedio
contro la separazione non è la sostituzione, il riempimento con qualcosa
d’altro? La compensazione più valida dell’oggetto perduto? Disinvestire e
reinvestire di nuovo! Quale diversivo la molteplicità d’oggetti di consumo, i
piccoli piaceri, le novità del mercato...
Bisogna
potere agire, fare, "convertire un problema in azione".
Medici,
psicologi, droghe... possono aiutare, vi passeranno di mano in mano le difficoltà,
e si divideranno il compito di farvi vivere, di rimediare allo strappo della
vostra vita.
La
guarigione ottenuta con una rimessa in sesto del vostro corpo e della vostra
psiche è un’opera di solidarietà.
L’azione
è cammino della ricerca di sé verso il dono di sé; ma anche cammino dal
"sé perduto" verso il "sé ritrovato" attraverso la
mediazione del dono di sé.
Superati i
vari "oggetti sostitutivi transazionali" (=di passaggio), si può
arrivare all’oggetto vero: la comunità, la società, gli altri. L’altruismo
come oblatività, donazione gratuita, per la gioia di sentirsi utili a qualcuno
(dall’Eros all’Agape).
Il
"Separato" si è finalmente de-centrato da sé, per ri-centrarsi sugli
altri (=si è ritrovato perdendosi, ha guadagnato avendo avuto il coraggio di
perdere).
Votarsi agli
altri, rendersi utili a una causa, è da sempre un rimedio contro le grandi
separazioni, contro i lutti irreparabili.
Ristabilire
la comunicazione e, di questa, soprattutto l’ascolto. Un orecchio che ascolta
più che una bocca che parli. Un "silenzio attento", che accoglie, fa
spazio dentro di sé all’altro...
La parola
crea spesso malintesi, banalizza, alza barriere... il silenzio attento
dell’ascolto, crea legami, lancia un ponte, fonda una relazione (=si esiste
solo in una relazione io-tu, si dà realtà di esistenza solo nel rapporto, la
sensazione vera di esserci si ha solo nella relazione, nel dialogo io-tu).
Lo stoico
dice: resta indifferente a quello che non dipende da te. "Se qualcosa si
separa da te, tu sepàrati da essa" (con l’indifferenza). Cfr. Buddha.
I legami ti strazieranno con separazioni crudeli: separati dunque da tutto e più
niente ti procurerà separazione!
E’ questa
l’ascesi? Il distacco è il prototipo di ogni ascesi: "Tutto è vanità
e fiato sprecato" (Eccl. 1,17).
Ascesi per donarsi, non per chiudersi in sé! Per aprirsi a tutti gli
uomini. Staccarsi, per donarsi agli altri.
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