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Percezione e Rappresentazione

Nel precedente capitolo abbiamo parlato dell'uso dei colori caldi e freddi, e di come dosarli strategicamente. Abbiamo visto che si può scegliere di usare solo toni caldi o solo toni freddi per trasmettere un preciso messaggio con l'opera, oppure la scelta può essere subordinata a motivi fisico atmosferici (prospettiva aerea gli oggetti lontani hanno colori freddi), oppure ancora scegliamo di sovrapporre colori caldi e freddi per ottenere maggior risalto.

Secondo me vi è ancora una strategia di utilizzo dei colori, che non abbiamo ancora discusso, e che potrei definire di "percezione e successiva rappresentazione"

In che modo percepiamo la realtà che ci circonda?
La percezione che abbiamo del mondo fisico non è per noi soltanto una passiva raccolta di informazioni attraverso i sensi, ma un continuo processo di costruzione di modelli e categorie. Mi spiego meglio: non ci limitiamo a vedere modelli di luce, oscurità e colore, ma organizziamo questi modelli di stimolo in modo da vedere oggetti che per noi rivestono un significato ed abbiano un nome che li identifichi. Ogni nuova esperienza ci porta a confrontare quello che abbiamo davanti con i modelli che abbiamo costruito con le esperienze precedenti, in modo da poter riconoscere e identificare l'oggetto come qualcosa di nuovo o di simile ai modelli. Come conseguenza siamo portati ad organizzare il mondo fisico in categorie rappresentative. Facciamo un esempio; da quando siamo nati abbiamo visto moltissimi cavalli, diversi per colore del pelo, statura, età... e ci siamo fatti un'idea di come deve essere fatto un cavallo, sicchè ogni volta che ne vediamo uno di nuovo lo riconosciamo, quello è un cavallo, appartiene alla categoria cavalli, e andrà immediatamente ad aggiornare le caratteristiche identificative che abbiamo stilato nel corso delle precedenti esperienze per costruirci in testa l'idea, il modello, la categoria "Cavallo".

Ma allora, se ad ogni nuova esperienza ci confrontiamo con i modelli che abbiamo costruito, la percezione che abbiamo del mondo fisico è influenzata in misura rilevante dalla conoscenza acquisita e dalle aspettative create da tale conoscenza. Facciamo ancora un esempio; i bambini leggono una parola lettera per lettera e dal suono che emettono risalgono al significato, gli adulti leggono la parola direttamente, riconoscono il disegno della parola perchè hanno avuto ripetute esperienze di quella specifica parola, già dal disegno, dall'ideogramma risalgono al significato. Spesso ci capita però di leggere una parola in fretta e interpretiamo male il significato, il disegno della parola ci trae in inganno. Vi è mai capitato di leggere "fischi" per "fiaschi"? Ecco quindi che il modello che abbiamo in testa ha influito sulla nostra capacità percettiva.

Dopo aver percepito un oggetto fisico, interpretato, riconosciuto e inquadrato in una categoria, come lo rappresentiamo? Come comunichiamo la nostra idea agli altri?

Se vogliamo rappresentare un cavallo, facciamo riferimento alla categoria che abbiamo costruito in testa e disegnamo quella, ovvero qualcosa che è una buona approssimazione di tutti i cavalli, e che tutti sapranno riconoscere e dire "quello è un cavallo".

Ma se stiamo rappresentando un esemplare specifico della categoria "cavallo" , il cavallo che abbiamo sotto gli occhi adesso, non possiamo limitarci a disegnare la categoria, un animale con quattro zampe, una coda fluente la criniera..., dobbiamo rappresentare quel particolare cavallo, con i suoi dettagli che lo caratterizzano.

È questo l'errore più comune che ci trae in inganno quando lavoriamo copiando dal vero: vediamo l'oggetto, lo inquadriamo in una categoria, disegnamo la categoria. E non soltanto l'oggetto, ma addirittura i suoi colori. Mi spiego meglio, quando pensiamo ad una mela la pensiamo rossa o gialla o verde. Ma se fai una foto o un quadro ad una natura morta ti accorgi che i colori non sono così limitati, e ci sono tonalità di verde, di blu, di arancio... e tanti altri mischiati in modo che l'insieme è , e nello stesso tempo non è, una semplice mela rossa. Le categorie che abbiamo in testa ci portano a vedere il colore rosso, perchè sappiamo che le mele rosse, sono rosse, ma il riflesso della luce sulla buccia della mela è azzurro perchè di fianco alla mela c'è un vaso azzurro ad esempio...
Per vedere gli altri colori, quelli che sfuggono alla categoria, bisogna per un attimo fare finta di non riconoscere l'oggetto, di non sapergli attribuire una categoria a cui esso appartiene con determinate caratteristiche di colore e forma, allora riusciremo a vederlo pulito dai pregiudizi e vedremo quante sfumature può avere anche l'oggetto più semplice.

Il discorso può essere ovviamente rovesciato quando vogliamo fare un quadro che rappresenti categorie riconoscibili e non esperienze contingenti. Allora non abbiamo un esempio davanti agli occhi da riprodurre fedelmente in tutte le sue caratteristiche, ma ci basiamo sul modello astratto che abbiamo in testa. Può essere divertente allora in questo ambito, stravolgere i colori del modello. Dal momento che non stiamo rapprensentando un esempio particolare con il suo colore particolare, possiamo permetterci di attribuirgli colori nuovi, colori che nascono dall'emozione che vogliamo trasmettere a chi lo guarda. Mi viene in mente un quadro di Picasso, niente paura non quelli astrattissimi, è il ritratto della sua amata che dorme su una poltrona rossa. La donna è stilizzata come spesso fa Picasso con le due metà del volto leggermente sfalsate e di colori diversi una rosa e l'altra verdina... sta sognando. Qui l'artista si è permesso addirittura di stilizzare il modello, la categoria e stravolgere i colori per rappresentare un pensiero, un sentimento...

 

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