pulitura dei Dipinti

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A Cura di

e Ilaria Cialdrello

 

 


Indice

Un po' di Storia

Alcune Considerazioni

Il giusto approccio

I solventi usati

Le Tecniche di pulitura

 


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il giusto approccio alla pulitura di un dipinto

di  Ilaria Cialdrello

 

Pulitura dei dipinti: Con questo termine si indica l'intervento che mira ad eliminare da un manufatto le sostanze estranee presenti sulla superficie o comunque tutti quegli elementi frutto di alterazione che mettono in pericolo l'integrità e la conservazione del manufatto stesso (colle, vernici, ecc.) compromettendone la leggibilità visiva.

Le alterazioni sono in genere provocate da cause naturali (intrinseche ai materiali stessi) o dalla loro interazione con l'ambiente, o ancora sono determinate da antichi interventi di restauro.
Ciò che nel linguaggio comune viene definito sporco, materiale estraneo o sovrammesso, è semplicemente materiale che si trova in un luogo ove non dovrebbe essere.
Il maggiore problema per il restauratore dunque non è tanto rimuovere le sostanze, ma affrontare l'operazione di pulitura senza intaccare i materiali originali che costituiscono il manufatto stesso.

Nel complesso di un intervento di restauro la pulitura si configura come una delle azioni che contribuiscono a ridonare la stabilità chimico fisica all'opera.
Nel limite del possibile, è preferibile effettuarla prima di qualsiasi altra operazione. In seguito si potrà procedere con il restauro senza più temere gli esiti negativi dati dalla presenza dello sporco (ad es. in un'operazione di consolidamento il prodotto usato potrebbe fissare anche lo sporco), impedendo anche la penetrazione corretta di alcuni prodotti (in questo caso lo sporco fa da barriera isolante).

Le sostanze da rimuovere provengono dall'esterno (e dunque non fanno parte dell'oggetto originale), oppure possono essere prodotti di alterazione, ovvero l'esito di fenomeni di degrado del materiale originale (legno fortemente tarlato, bruciato, materiali pittorici alterati, ecc.).
Le sostanze provenienti dall'esterno devono essere sempre rimosse in quanto tutt'altro che innocue; anzi, se dovessero entrare in contatto con i materiali originali e con essi reagire, potrebbero addirittura portare alla formazione di prodotti di alterazione.
Un esempio è dato dalle formazioni saline la cui azione è davvero disgregante e dalla polvere; entrambe inoltre trattengono l'umidità. La polvere in particolare è fonte di possibili attacchi biologici (batteri, funghi, muschi, ecc.), attiva i sali disgreganti sopra menzionati e solubilizza i materiali pittorici originali.

Per guanto riguarda la rimozione del prodotti di alterazione il discorso è più complesso perchè implica I'asportazione di una parte del materiale originale.

In questo caso si procede in base alla pericolosità e al danno che potrebbe derivare al manufatto, sicuri di non poter intervenire se non con la sua rimozione. Ogni manufatto richiede che il trattamento di pulitura venga studiato in modo adeguato: ciò è possibile solo grazie ad un attento esame visivo, ricorrendo eventualmente anche alle indagini diagnostico-scientifiche, nonché alle ricerche storico artistiche.
Per affrontare una corretta pulitura infatti è necessario avere in mente cosa si deve rimuovere e per quale motivo si ricorre a tale operazione.

La messa a punto della tecnica e delle sostanze da utilizzare avviene solitamente in una fase successiva, mediante l'esecuzione dei cosiddetti tasselli di pulitura. L'operazione consente anche di valutare in modo empirico e definitivo la consistenza dello strato da rimuovere e il sistema più idoneo da impiegare, fermo restando che si dovrebbero possedere sufficienti conoscenze di chimica e fisica.
Si parla spesso di livello di pulitura.

Contrariamente a quanto si possa pensare, una buona pulitura non sempre e non necessariamente rimuove in modo completo il materiale estraneo al manufatto; la difficoltà maggiore infatti deriva dal fatto che la sua superficie, dal punto di vista microscopico, non è perfettamente liscia, ma dotata di una porosità naturale, microcrettature e dislivelli, ove lo sporco va ad insediarsi.
Se lo sporco non si deposita nel corso degli anni, potrà farlo nel momento in cui, sciolto con un solvente, diverrà mobile e parzialmente o interamente liquido. Si comprende dunque come la rimozione totale dello sporco non possa avvenire senza intaccare anche parte del materiale originale. I metodi per eseguire una pulitura sono molti, ma è necessario che essi siano selettivi per agire solo ed esclusivamente sulle sostanze indesiderate. Inoltre devono essere facilmente controllabili (fermando la pulitura quando necessario) per evitare che intacchino i materiali originali: l'operazione non deve procedere oltre il livello desiderato e considerato ottimale.

Vi sono metodi meccanici che si basano sulla rimozione diretta del materiali da asportare senza che questi vengano sciolti o ammorbiditi da sostanze solventi. E' difficile poter controllare tale operazione e il buon esito dipende dall'abilità manuale dell'operatore. I mezzi impiegati per effettuare questo tipo di puliture sono bisturi (metallici e d'avorio), spazzole, abrasivi, microsabbiatrice, laser, ultrasuoni, ecc...
Questo metodo ha il vantaggio di permettere all'operatore di non entrare in contatto con materiali chimici nocivi, anche se in molti casi si rendono necessarie protezioni per gli occhi, la pelle e le vie respiratorie.


Esistono comunque anche metodi di tipo chimico-fisico, capaci di sfruttare solventi più o meno reattivi che sciolgono le sostanze da rimuovere agendo sui legami chimici che le compongono.
I solventi hanno la proprietà di riportare certe sostanze solide allo stato di soluzione completa o allo stato di rigonfiamento. Tra i numerosi solventi possibili, la scelta dovrà condurre a quelli che presentano le proprietà richieste; debole tossicità, debole infiammabilità, velocità d'evaporazione adeguata, purezza di composizione.

L'azione di un solvente è tanto più breve quanto più questo è volatile, ed è tanto più volatile quanto meno elevato è il suo punto di ebollizione.
La distinzione, un tempo corrente nel laboratori, tra solventi forti e solventi deboli, non ha alcun senso dal punto di vista scientifico. Infatti, i solventi in quanto tali non si distinguono per la loro forza ma per la natura delle sostanze che possono sciogliere.

Un solido si scioglie quando le molecole di un liquido s'inseriscono tra le molecole del solido rompendone i legami intermolecolari, cosa the avviene quando il solido e il liquido presenti siano costituiti dagli stessi tipi di legami intermolecolari. Tuttavia, le grandi molecole si dissolvono più difficilmente e restano allo stato di rigonfiamento (es: olii).

Per trovare facilmente i solventi adeguati per ogni tipo di solido, bisogna classificare tutti i solventi e tutti i solidi a seconda delle forze d'attrazione che li caratterizzano.
La maggioranza del solidi che ci interessano qui sono costituiti da molecole le une vicine alle altre (solidi molecolari) che, seguendo i loro legami primari o chimici, formano legami secondari o intermolecolari la cui comprensione ci aiuta a spiegare il meccanismo di dissoluzione delle sostanze organiche sulle quali si deve operare.

 

             

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 Ultimo Aggiornamento: 04/12/07.