la pulitura dei Dipinti |
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Indice Un po' di Storia
Edizioni del Bianco ISBN 88-900564-5-2 Argomenti Correlati
Antiche Tecniche
Metodi di Pulitura
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Testi liberamente tratti da "Il Restauro dei dipinti e sculture lignee" di Giuseppina Perusini del Bianco Editore
Considerazioni su alcune operazioni fondamentali del restauro dalla "Teoria" del Brandi ad oggi
Il Brandi scrisse sul «Burlington
Magazin» un violento articolo criticando le spuliture attuate nei
laboratori inglesi cui risposero altrettanto polemicamente i
restauratori della «National Gallery», ai quali il Brandi replicò
nuovamente. Il nocciolo della controversia
Vediamo dunque in cosa consistevano questi criteri. I
restauratori inglesi attuavano una «pulitura integrale» che rimuoveva
anche la patina (da loro ritenuta «sporco») e le velature originali nel
tentativo di ridare all'opera l'aspetto che avrebbe dovuto avere appena
uscita dalla bottega dell'artista e sostenevano che le loro puliture
erano «oggettive», mentre le «puliture parziali» attuate presso l'I.C.R.,
secondo loro, erano «soggettive», e quindi arbitrarie poiché venivano
affidate al gusto del restauratore al quale spettava distinguere lo
sporco e le vernici successive dalla patina e dalle velature originali.
In realtà l'« oggettivita» delle puliture inglesi consisteva nel
«ridurre all'osso» i colori credendo così di riportarli alla
brillantezza originaria, e di recuperare ogni minima variazione grafica
e cromatica dell'originale.
L'illusione della pulitura scentifica
Il Brandi, criticando questo tipo di pulitura, nota che è
errato (oltre che illusorio) voler ricondurre un'opera all'aspetto
«originario» poiché, così facendo, si cancella il lasso di tempo
intercorso fra la sua attuazione e oggi; ed inoltre con quest'operazione
si asportano anche le «velature» e la patina originali.
E. Wind, parlando della meccanizzazione dell'arte, afferma che «un impiego particolarmente distruttivo della meccanizzazione nel campo dell'arte è quello di estenderlo al passato... come nel caso della cosiddetta "pulitura scientifica" dei dipinti. I restauratori coscienziosi sono sempre guidati nel loro lavoro dalla consapevolezza di non poter toccare un dipinto senza interpretarlo. Il pericolo sorge quando si vuole alleggerire la pratica dell'esegesi delegandone la maggior parte ad un solvente chimico... L'idea che un dipinto del '400 possa essere riportato con sicurezza scientifica al suo pristino stato, come se cinquecento anni d'esistenza non avessero lasciato su di esso traccia alcuna, è un assurdo sia dal punto di vista chimico che dal punto di vista storico. Anche se la storia materiale di un simile oggetto fosse reversibile (e reversibile non è) la visione personale del restauratore non può mai riportarsi all'ottica del '400 se non mediante uno sforzo d'immaginazione storica, soggetto a tutti gli azzardi dell'ingerenza erudita... Dopo un certo periodo lo stile di una simile ripulitura (che vorrebbe essere assolutamente "oggettivo"), si riconoscerà con la stessa facilità con cui si riconosce quello di una ridiipintura. Una volta che (con questo trattamento) il quadro è stato decomposto la pittura viene "onestamente" lasciata così, come una rovina artificiale... e i quadri sottoposti a questo trattamento acquistano un aspetto che si direbbe fatto a macchina con quella lucentezza dura caratteristica della riproduzione meccanica e con colori crudi violentemente giustapposti. La soddisfazione che suscitano in certi paesi quadri ridotti in questo stato può darsi sia dovuta al fatto che il nostro modo di vedere s'è andato sempre più formando sulle riproduzioni a stampa...».
Recentemente il problema della patina è stato ripreso dal Conti il quale, pur condividendo la posizione del Brandi, ne critica le argomentazioni ritenendo che la difesa della patina da un punto di vista puramente teorico, renda la posizione del Brandi altrettanto arbitraria di quella dei restauratori inglesi. Secondo il Conti invece è proprio partendo dalla materia dell'opera d'arte che si può arrivare ad un'oggettiva definizione della patina e trovare quindi gli argomenti che giustificano la sua conservazione. Per il Conti la patina è infatti un'alterazione del legante originale che, asciugandosi, tende a salire verso la superficie dando ai colori (specialmente a quelli ad olio) una maggiore profondità e brillantezza.
Le puliture inglesi impoveriscono dunque sia l'aspetto materico, sia la
qualità pittorica dei quadri, inoltre il brillante aspetto cromatico e
la superficie assolutamente piana che (secondo gli inglesi) dovrebbero
facilitare la lettura dell'opera d'arte da parte del grosso pubblico ne
travisano in realtà la natura: si tratta dunque di interventi
profondamente antidemocratici oltre che anticulturali.
Il Baldini ha messo in luce come i rapporti fra i colori
previsti originariamente dall'artista possono alterarsi nel tempo, le
velature colorate fossero pressoché sconosciute nel medioevo. A riprova
delle sue affermazioni il Brandi riportò numerosi passi di antichi
ricettari ed alcune esperienze di restauro effettuate presso l'I.C.R.
per cui rimuovendo uniformemente (cioè in modo «oggettivo») un ipotetico
strato di sporco, non si ritorna ad avere l'opera nelle condizioni
iniziali ma al contrario, si evidenzia questo squilibrio; laddove una
pulitura «differenziata» (cioè «critica») può riportare le relazioni fra
i pigmenti al loro equilibrio originario. |
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Ultimo Aggiornamento: 04/12/07.