A Cura di
Chiara Battocco
Indice
Un po' di Storia
Alcune Considerazioni
Il giusto
approccio
I solventi usati
Le Tecniche di
pulitura
Approfondimenti
La Pulitura dei dipinti
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Antiche Tecniche
Manuale di Pittura
Teoria dei Colori
Generi pittorici
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Uso
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Tecnica
Restauro di Affresco
Strappo e Stacco
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I solventi usati nella pulitura dei dipinti
di Chiara
Battocco
Lo sporco
Prima di cominciare a parlare di pulitura, ritengo opportuno soffermarmi
sul materiale da rimuovere che, chiamerò sporco (anche perché penso sia
il termine più adatto da contrapporre a pulitura); con "sporco",
poi, intenderò lo strato più superficiale, più esterno che si può
trovare su un dipinto (senza prendere in considerazione il termine
patina).
Già ad un primo esame fatto ad occhio nudo, infatti, ci si può rendere
conto di quello che si può trovare sulla superficie di un quadro; questo
tenendo presente sia il periodo in cui l’opera è stata eseguita, sia il
soggetto del quadro: se, ad esempio, il dipinto raffigura una "Madonna
con bambino", è probabile che esso sia stato "conservato" in una chiesa,
quindi sarà più facile trovarvi gocce di cera, o nerofumo, dovuto al
fumo di candele, residui di una "pulitura" precedente o verniciatura
fatte magari dallo stesso sagrestano, o di una ridipintura.
Il concetto di restauro, come lo intendiamo noi, cioè come principio
etico di salvaguardia, manutenzione e mantenimento dell’opera d’arte
originale, è piuttosto recente, perciò è facile trovare quadri, come
l’esempio sopra riportato, in cui siano state messe le mani da persone
non competenti, che preferivano "aggiustare" in modo poco ortodosso le
parti rovinate.
Diversamente sulla superficie di un quadro, il cui soggetto è un vaso di
fiori novecentesco e che è stato conservato probabilmente in cucina o in
un’altra stanza di una casa, troveremo quasi sicuramente soltanto gli
elementi usati dall’autore sulla sua opera e, depositato sopra,
uno sporco molto più facilmente removibile, in quanto più recente,
ma anche più pericoloso da togliere vista la giovane età del dipinto.
Su dipinti esposti ad atmosfere inquinate troveremo sempre materie
grasse,
nicotina, pulviscolo, sostanze che per effetto dell’umidità atmosferica
si
attaccano al film.
I solventi
Per quanto riguarda i materiali veri e propri da usare per tale lavoro,
è
necessario usare grande cautela non solo per chi se ne serve ), infatti,
dopo
l’azione dei solventi, il film pittorico diventa più fragile perché
vengono
eliminate piccole molecole costituenti lo stesso, inoltre i solventi che
"funzionano meglio", che "funzionano per ogni cosa", sono molto
pericolosi per
il quadro (Cellosolve, Acido Acetico, Butilammina, Dimetilformammide,
detto
anche solvente organico universale") poiché hanno quasi sempre un potere
penetrante piuttosto alto, unito ad una volatilità di solito alquanto
bassa (Il
potere penetrante dipende dalla viscosità e dalla tensione superficiale
dell’elemento preso in esame ); ciò significa che essi restano sul
dipinto per
un periodo molto lungo, molto più a lungo del tempo che noi dedichiamo
all’azione di pulitura: è questo il fenomeno della ritenzione, cioè la
resistenza da parte degli strati interni del film a liberare il
solvente, il che
può provocare il rammollimento dei leganti, coloranti, vernici, resine
naturali
e oli (Acido Acetico 9 mesi, Butilammina, Piridina, Cellosolve diversi
mesi.).
Per questo, quindi, spesso tali solventi saranno mescolati con solventi
più
volatili e con minor potere penetrante (usati quindi come diluenti).Bisogna
fare
attenzione, tuttavia, anche all’uso di sostanze molto volatili, le quali
provocano imbiancamenti che di per sé non sono dannosi ma provocano una
cattiva
leggibilità immediata. Questo può dipendere dal fatto che si va a
disgregare del
materiale in superficie senza rimuoverlo completamente; le piccole
particelle
che restano diffonderanno la luce in molte direzioni provocando così
queste
opacità. Posso dare una prova facendo un esperimento: se pongo su una
superficie
verniciata, da una parte una goccia di Acetone e dall’altra una goccia
di
Toluolo, vedrò che si avranno due reazioni diverse: la goccia di Acetone
darà
luogo ad un tondino biancastro che, visto ad occhio nudo, ma meglio
ancora al
microscopio, risulterà essere composto da microparticelle di vernice, la
goccia
di Toluolo, invece, mi porterà a nudo lo strato sottostante di vernice
provocando degli innalzamenti dei bordi del tondino.
La pulitura
L’intervento della pulitura che, come si può ben capire dagli argomenti
sopra
trattati, è uno dei più "pericolosi" nel lavoro di restauro, in quanto
si va a
mettere qualcosa sulla superficie del dipinto per togliere materiale
estremamente vicino al film pittorico, è comunque quasi sempre
un’operazione
indispensabile, infatti, oltre a favorire una migliore leggibilità,
serve anche
a rimuovere sostanze che col tempo possono rivelarsi dannose per il
colore e per
la struttura stessa del dipinto nel suo insieme; si possono, infatti,
avere
reazioni chimiche e/o viraggi di colore o addirittura, se per esempio
abbiamo un
quadro con una forte craquelette, lo sporco si può infiltrare nelle
fessure e,
quindi, dar luogo a nuovi sollevamenti e cadute di colore.
Metodologia
Abbiamo già detto che quest’operazione è molto delicata, dove essere,
quindi,
portata avanti in modo prudente. Di solito, a meno che l’oggetto non sia
alquanto poroso, si opera con un pennello col quale si stende la
sostanza
solvente e un batuffolo di cotone, o asciutto o imbevuto di un solvente
molto
leggero e che non abbia azione sul quadro, per togliere l’eccesso e far
sì che
il nostro solvente non agisca più del dovuto. Per questo motivo, per
aver in
altre parole un maggior controllo della situazione, spesso, invece di
usare il
solvente puro, questo viene mescolato ad una sostanza chiamata
"pappina": è una
cera biancastra, piuttosto molle e soprattutto neutra, con cui si riesce
a
misurare meglio il tempo d’azione del solvente e anche la sua
penetrazione;
anche questa verrà rimossa con un cotone.
A volte succede che non si riesca a portare via facilmente lo sporco.
Allora,
invece di provare con un solvente più forte, potrebbe essere sufficiente
lasciar
agire un po’ di più quello che si sta usando, con un tampone di ovatta
bagnato
dello stesso e appoggiato sulla superficie del quadro per un certo
periodo di
tempo per fare in modo che il materiale1 anche se non viene
solubilizzato,
almeno rigonfi e sia più facilmente asportabile.
Se il corpo fosse molto poroso si rischia che, invece di portare via lo
sporco,
forzando, lo si spinga ancora più a fondo, quindi bisognerà fare in modo
che
questo venga attirato in superficie. Lo si può fare per risalita
capillare e
assorbimento, imbevendo un tampone di solvente, lasciarlo agire e dopo
un po’
asciugarlo con un asciugacapelli in modo che il tampone, seccando,
attragga a sé
lo sporco e lo catturi.
Questo lavoro non è stato fatto per quanto riguarda le materie; sono
infatti
state poste nel triangolo delle aree, in quanto, come appunto ho già
detto,
all’interno di ogni famiglia di sostanze filmogene sono compresi più
elementi e
all’interno di una stessa area possono trovarsi più famiglie di
sostanze.
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