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L'onda anomala di Kammamuri

A Reggina è andato tutto bene. Salvo che sulla Salerno-Reggina mi sono sentito male. Il fatto è che sto subendo una drammatica regressione infantile. O almeno Ninetta è andata in fissa con questa cosa. Da piccolo ogni volta che andavo in gita da qualche parte mi mettevo dietro perché non volevo finire coi secchioni delle prime file. Appena il pullman partiva si cominciava a fare casino e dopo un quarto d'ora avevo già vomitato. A Reggina l'obiettivo primario era allungare sulla Juve e ci siamo riusciti. Oggi sono passati tre giorni e continuo a ripetermelo. Che a Reggina è andato tutto bene. Però ho come una preoccupazione dentro che non riesco a mandare via, e non credo che la colpa sia del pullman. In terza media mentre andavamo a Pienza vomitai addosso a Martinelli. Era enorme e ripetente, mentre io ero piccolo e pure bravino. Era il giorno in cui si giocava la ripetizione di Catanzaro-Roma rinviata la domenica precedente per vento. 1-1 con gol di Nela. Martinelli aveva una sciarpa legata sulla testa tipo bandana e salendo aveva bestemmiato davanti alla prof di lettere. Poi si era diretto nella fila in fondo. Quella da cinque senza lo spazio centrale e tanto per cominciare si era acceso una sigaretta. Passò mezzo viaggio a darmi schicchere dietro le orecchie. L'altro mezzo non lo so. Dopo che mi ero sentito male la prof mi mise accanto a lei in primissima fila facendomi perdere tutto il divertimento. Da lì non si riusciva a sentire la radio per sapere qualche cosa della partita. Che disastro. Che odio la fila che davanti ha il baratro delle scalette. A quei tempi si diceva che in prima B un bambino c'era finito dentro e se lo erano dimenticato. In quelle di dietro però. Quelle alla terzultima, quartultima fila. Anche domenica a Reggina c'era un vento assurdo, e anche domenica abbiamo pareggiato. Fortuna che non l'hanno rinviata, altrimenti sai che stress. Tutto quel viaggio per niente, e non solo il viaggio. Notevole anche la cazziata di Ninetta, che con la teoria della mia regressione infantile mi sta attaccando frontalmente. Va bene, va bene, stanotte mi sono svegliato all'improvviso e ho urlato "… e se ci tolgono sei punti?" e non mi sono calmato fino a quando non mi sono rivisto in videocassetta il primo tempo del derby del 4-1. Concordo con lei. Così non si può andare avanti. L'unica via d'uscita visibile è che questo campionato va chiuso con almeno quattro, cinque giornate di anticipo altrimenti diventa insostenibile. L'insostenibile pesantezza del sognare. Nel momento in cui il sogno si spinge al limite di sè e si affaccia sul baratro della sua realizzazione. Che poi è anche la sua negazione. In quel momento sognare non è più come le altre volte. Sognare di solito non costa niente. Sognare questa volta costa almeno il prezzo della paura. Forse ha ragione Fausto quando dice che devo stare più tranquillo, altrimenti a giugno non ci arrivo. Sul pullman al ritorno vedendo che mi stava prendendo male mi ha tirato fuori dal baratro suggerendomi che, vincendo le prossime sette, le ultime quattro diventano inutili per cui a metà maggio finisce ogni sofferenza. Ma guarda se dovevamo andare in fuga proprio nel campionato più sbilenco della storia. Cominciato tardi e che soprattutto finirà tardissimo. Mi sarebbe piaciuto un sacco che a Reggina ci fosse venuto anche Martinelli. Dopo la terza media venne pure al ginnasio, nella mia stessa classe ma durò molto poco. Giusto il tempo di rendersi conto di come sono impossibili i miracoli. E di farlo capire anche a me. Smise di venire a scuola alla diciannovesima giornata. Era andato ad Ascoli. 1-1 anche lì. Gol di Carletto Ancelotti però. Una giornata assurda e allora le trasferte di Ascoli non erano propriamente tranquille. Me la ricordo ancora anche se non c'ero. Pioveva a dirotto e non so in quale impiccio si cacciò Martinelli. Fatto sta che fu arrestato. Fatto sta che da quel giorno l'ho rivisto solo una volta e non mi ha neppure riconosciuto. Io ero in fila in una farmacia, lui entrò e tirò dritto fino al bancone. Senza considerare nessuno, senza guardare nessuno, poi disse: "Dottò... una siringa da due e mezzo e una zigulì al lampone". Non so neppure se si perse o meno le partite scudetto dopo che s'era fatto tutte le trasferte fino a quell'Ascoli-Roma. Di miracoli se ne vedono davvero troppo pochi in giro. Specie quando di mezzo c'è una siringa da due e mezzo. Che pare poco, ma se cammini barcollando sul filo del rasoio basta e come a farti cadere dalla parte del baratro. È più forte di me. Credo sia più forte di tutti noi. Almeno di quelli che in qualche misura hanno un ricordo di quell' 82-83. Che sia un ricordo preciso e particolareggiato o che sia un ricordo sfumato. Più o meno sfumato. Domenica voglio andare a Porta Portese a cercare i poster che "Il Tempo" regalava ogni lunedì l'anno dopo. Ho bisogno di razzolare in qualche ricordo rassicurante. Vorrei prendere sonno tra le braccia di Ninetta che mi racconta le gesta di Falcao. La guardo ma non mi viene il coraggio di chiederglielo. Vorrei abbracciarla mettendo Roma Roma Roma a palla. Unico grande amore e unico grande inno. Mettetevela come vi pare ma io ogni volta che la sento mi piglia male. Tipo che mi sudano le mani e mi vengono i brividi. Pensa se su quei brividi ci si mettesse anche Ninetta con le sue carezze. Grazie Roma non mi ha fatto mai troppo impazzire. Forse perché non mi va troppo a genio la strofa "che te fa sentì importante anche se non conto niente". Non perché io pensi di contare qualcosa ma per il fatto che proietta sul tifoso una luce un po' opaca. Da perdente. Una luce che non mi piace. Roma Roma Roma invece mi entra dentro come una lama nel burro. Core de sta città. Con la C di città che strascica fino a diventare una SC. È un attimo a sentirti a casa quando senti quella SC di città. A parte che c'ha un gran giro di basso. Allo stadio non si sente ma se avete il disco fateci caso. Le trombe all'inizio papappappappà papappappappà papappappappappapà pappappaà pappappà pà pa pà . Poi la calma del pianoforte, la erre un po' arrotata. Tanta gente che fai sospira' e giù la prima rullata della batteria e il fomento sale. Ma ancora non è il momento di urlare. Lassace cantà. E forse le voci so più di centomila. Di sicuro sono più di centomila gli innamorati. Si sale, si sale. Tono, fomento e voce. Roma, Roma bella t'ho dipinta io. Gialla come er sole e rossa come er core mio. Il basso continua a pompare sotto, e scatta il brivido. Ninetta, come faccio a farglielo capire. Non trovo le parole. Forse potrei abbracciarla e cominciare a cantare, ma poi poi riprenderebbe con la storia del regresso infantile. Solo perché riesco ad emozionarmi per un prato verde, per un pallone, per un pullman e per il vezzo di chiamare la Salerno-Reggio Calabria Salerno-Reggina. E ad emozionarmi ripetutamente. Ogni volta che Gecko distingue tra andare a Inter e andare a Milan. E guardate che lo dice almeno da quindici anni. Perché c'è una differenza e neppure troppo sottile. E vai con il pezzo che si rilassa. In scioltezza non ci facciamo incantare. Siamo nati grandi e grandi dobbiamo restare. Eccoci all'altro salto di tono. È un urlo. La curva soppianta definitivamente gli altoparlanti. "A Ninè… senti che roba?". "Cosa?" dice lei. Mi alzo e corro a mettere sul piatto dello stereo il 45 giri che ormai gracchia come nessuno. Sono le tre di notte e voglio stare un po' abbracciato a lei sentendo Roma Roma Roma. Prometto che dopo metà giugno ragioniamo con calma su questa storia della regressione infantile. Adesso non posso permettermelo. Non è il momento giusto. È troppo tempo che aspetto. Che aspettiamo. Anzi, una cosa del genere non l'abbiamo mai vissuta. Ci credo che sembro un bambino che vede tutto per la prima volta. È la prima volta, e anche se lo so che ad un certo punto certe cose vanno abbandonate, o meglio certi modi di fare e seguire le cose. Giuro che ne riparliamo con calma a giugno. Adesso se strappi sarei costretto a scegliere di lasciar perdere. Ma solo perché non ho scelta. In questo momento non si può più scegliere nulla. Si può solo andare avanti. Tirare dritto lottando con ogni energia per fare in modo che il sogno si realizzi e non si infranga proprio sul limite della sua realizzazione. Per ora l'unico modo per scacciare questa preoccupazione che non vuole andare via è questo. Vedere qualche videocassetta confortante. Ascoltare l'inno abbracciati e abbandonarsi alle sensazioni magiche della fantasia. Andare a Reggina col pullman sperando che da qualche parte ci sia pure Martinelli. Perfino comprare un pacchetto di zigulì al lampone. Hai visto mai che quest'anno tra i vari sogni si avveri anche quello di rincontrarlo.

 

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