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L'onda anomala di Kammamuri

"Il tempo è una truffa con le lancette" ricordo a Gecko che sta letteralmente sragionando. Ripete da un ora che mancavano solo venti secondi. Che venti secondi li puoi far passare con un rilancione. Oppure con due dribbling. Non vuole proprio mettersi dentro quella testa che ci sono venti secondi e venti secondi. Che le frazioni di tempo non sono tutte uguali. Nonostante l'orologio voglia farle sembrare assolutamente identiche. Ma il tempo, appunto, come dice suo fratello, è una truffa con le lancette e prima o poi è bene rendersene conto. In una partita qualsiasi se prendi gli ultimi venti secondi non succede veramente niente. A volte l'intero recupero passa come se fosse impossibile costruire la benchè minima azione offensiva. E così ti trovi a pensare che in cinque minuti che potevi fare? Di questo Gecko proprio non vuole farsene una ragione. Se cinque minuti sono pochi figuriamoci venti secondi. E invece no. Venti secondi a volte hanno la fortuna o la sfortuna di ospitare eventi che neppure attraverso ore ed ore intere riescono a venire fuori. È andata così. Non tutti gli istanti sono uguali. E neppure i secondi. Nonostante l'orologio, che nel silenzio del bar ormai quasi deserto, ritma incessante il suo tic e tac. Sempre uguale. Che truffa. L'orologio o la partita? Un po' tutti e due. "Mancavano solo venti secondi" ripete per l'ennesima volta, poi va da Fausto che sembra aver perso l'uso della parola. Gli dice "Fai conto che adesso stavamo a più dieci…". Poi alza lo sguardo verso l'orologio, aspetta venti spostamenti del lancettone e continua: "… e adesso a più sei". Se noi tre fossimo una persona sola io probabilmente sarei la fantasia, Gecko il corpo e Fausto la testa. Alla fine ognuno oltre che essere una persona è anche un ruolo all'interno di un contesto. Il ruolo di Fausto è quello della ragione. Cerca di spiegare con calma a Gecko che lui stesso prima della partita avrebbe messo la firma sul pari. Anzi, aveva detto che se lui fosse stato in campo il tempo reale sarebbe stato si e non di un quarto d'ora. Che forse non valeva neppure la pena di portare il pallone. Perciò per lui "è tutto a posto". Una partita di meno con lo stesso distacco. È il solito filosofo. Sembra praticare il distacco dalle cose terrene. Fausto intendo. Sembra riuscire a spiegare tutto e produce infinite tabelline di marcia più o meno rassicuranti. Poi magari domani mentre parla al telefono della trasferta di Torino cammina così nervosamente per la stanza da sembrare un cane alla catena, con il cavo della cornetta che si tende come un mollone qua e là per la stanza. Che fenomeno che è. Attaccati alla catenina c'ha tre ciondoli: il lupetto, la u e la erre col tuono in mezzo e geronimo con la bandana giallorossa. Quando arriva Ninetta sarà l'una, l'una e mezza. mi saluta con uno sguardo leggermente enigmatico. Probabilmente non sa decidersi se sono contento o meno. Sa che il pari lo firmavo, glielo avevo detto e stradetto. Però la ragazza è sveglia e deve aver intuito che per come è maturato potrebbero esserci strani risvolti nelle mie reazioni. Perciò non si sbilancia e io apprezzo. Ho sempre odiato le persone che dopo una risultato in qualche modo deludente si mettono in testa che ti devono tirare su. E si mettono a fare le foche col pallone sul naso. E dicono battute del cazzo, forzate e fuori posto. Che non ti fanno venire voglia di sorridere neppure per cortesia. E odio anche quelle che sminuiscono con luoghi comuni tipo "dai che c'è un'altra partita". E che me lo devi spiegare tu? Lo so benissimo da me come funziona il campionato. E poi cosa c'entra che c'è un'altra partita. Oppure ti sorridono e ti spiegano che le cose importanti della vita sono altre. Maremma maiala. Gli darei una crocca sul naso. Ninetta per fortuna, per quanto agnostica, ha capito il rilievo della faccenda sul mio equilibrio. Lei non percepisce la consistenza di queste cose ma almeno non si mette a pontificare. Mi chiede solo "come va?". Se le imbruttissi pure se mi chiede come va allora sarei veramente un mostro, e per quanto se fosse per me nel giorno del derby vedrei solo Fausto e Gecko, devo arrendermi all'idea che ci sono anche gli altri. Tra l'altro con tutto che quei due sono pure due ragazzetti carini onestamente extra Roma non c'è partita. E poi non ci posso fare niente, come mi guarda mi ammorbidisco. Anche oggi. Io dopo averla salutata la abbraccio e poi le do un bacio. Mentre la mia lingua si arrotola con la sua conto a mente fino a venti e mi fermo di botto. Le mi guarda ancora più enigmatica di prima e allora le domando: "é durato poco o tanto il bacio?". "Poco… ma che mi usi per fare esperimenti?", dice lei. Ecco, è durato i famosi venti secondi di Gecko. Quelli in cui di solito non riesci neppure ad organizzare le idee per i successivi tre minuti. Di solito. Non questa volta. Domani si va a lavoro. Maledizione. Uno dei problemi del posticipo è che non hai il tempo per il defaticamento mentale. Ti tocca andare a letto con l'ipofisi che schizza ancora adrenalina a destra e a manca. E di dormire non se ne parla. Con la volontà, anche la più ferma, che non riesce ad interrompere il film della partita che viene ripetutamente proiettato dentro la testa. Le azioni salienti si sostituiscono l'una all'altra con un ritmo sparato da videoclip. Tipo quando vai a letto dopo aver giocato sei ore a tetris. Il computer è bello spento nell'altra stanza ma tu continui a piazzare le tessere che scendono. Sono pure colorate. M'ha sempre preoccupato quel fenomeno. Ninetta sa già che la nottata sarà così. Poi con quel gol a venti secondi dalla fine se solo prova a sfiorarmi con una carezza rischia che gli parto di istinto. Ma non succederà. Previo accordo precedente per l'intera giornata del derby il mio corpo non appartiene a lei, é mio nel senso più pienamente egoistico della terra. Se mi va di abbracciarla la abbraccio, ma se a lei va e a me no, allora niente abbraccio. Lo so che non è democratico, ma la democrazia nei cinque metri quadrati che mi circondano e nella giornata del derby è sospesa. Riprende il giorno dopo. La giornata è proprio finita. Il bar sta chiudendo. Per parlare più a lungo ci diamo appuntamento a domani. Fausto mi fa l'occhiolino. Stiamo sempre sopra vuole dire. Mi raccomando con Gecko di farla finita con la storia dei venti secondi. Lo vuoi capire si o no che ci sono venti secondi e venti secondi? Lo vuoi capire si e non che capodanno non esiste, che il tempo è solo una griglia per ricordare meglio e che ogni istante può succedere di tutto? Se in campo avessero pensato questo e non che erano gli ultimi venti secondi forse avrebbero fatto qualche dribbling di più invece di rifugiarsi sempre in calcio d'angolo. Chissà? Un rumore assordante ricorda che la saracinesca del bar è andata giù. E con lei la giornata del derby. Mentre torno a casa, perché bene o male dopo ogni derby a casa devi tornare, mi faccio sempre la stessa domanda. È meglio o è peggio che la Lazio esista? Vale a dire vale la pena o no questa rivalità. O non sarebbe stato meglio se a Roma fosse esistita solo una squadra. Tipo a Napoli o a Firenze. Niente derby ma maggiore coesione. Tutti gli amici della stessa squadra. Tutti i colleghi. Tutti insieme, tutti uguali. Come i secondi per Gecko e per l'orologione del bar. Grosso, imponente, con un enorme tazzina al centro. Con la lancetta delle ore che sembra immobile. Poi esci e quando torni sta da un'altra parte, e con quella dei secondi che ad ogni movimento in avanti sembra fare un piccolo rimbalzo. In venti secondi la lancetta delle ore non si muove per niente, e questo lascerebbe supporre che tutto è assolutamente come prima. Questo è certo, ma in fondo il tempo è solo una truffa con le lancette. Me l'ha detto il fratello di Gecko e quindi è assolutamente fuori discussione.

 

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