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APOLOGIA DELL'EFFIMERO

La regola del gioco è che una vota finita, si sbaracca; vale come regola generale per tutte le esposizioni. Come il tendone del circo, il carrozzone del mangiafuoco. Retaggio di una –comune- origine girovaga.

La Tour Eiffel
Ogni tanto un'eccezione. Come la Tour Eiffel per esempio. Residui dell'avvenimento che, messe le radici nel pensiero della gente, divengono nel tempo simboli di portata maggiore che non le intenzioni originarie. Ironia dell'effimero. Edifici nati per non durare che il breve spazio di una stagione, come i fiori, che rimangono in vita a sfidare decenni e mode, inamovibili come rocce.

Come mai?

Forse è che per l'effimero si è disposti a lasciarsi andare, ad allentare i freni inibitori che diversamente trattengono le fughe in avanti della fantasia. Quasi che: scripta manent, verba volant. Ciò che deve durare, come paradigmaticamente l'architettura, somiglia allo scritto, che dovendo rimanere, per sua natura è più ponderato. Ciò che deve essere consumato in fretta per poi svanire, come le architetture -i padiglioni- delle esposizioni, somiglia alle parole che si possono dire con maggior disinvoltura. E magari, sparandole grosse ci si azzecca meglio che con lunghi ragionamenti prudenti che non portano da nessuna parte. L'effimero come salvacondotto per osare.

Va da se che una sciocchezza è sempre una sciocchezza che venga detta, scritta o costruita. Su questo e di questo ovviamente non si discute!

La Tour Eiffel non si può certo definire una bella architettura -ed è arduo definirla architettura, comunque- con quell'aspetto da ballerina stanca. Forse anche per questo è divenuta famosa, ma sopratutto perché non si era mai visto un tale intreccio di ferraglia esibito al punto da diventare fenomeno estetico, al di la dell'indubbia smisuratezza dell'opera. Brutta o bruttissima che sia, ancora oggi vederla di presenza provoca emozioni non comuni, d’impronta prevalentemente se non esclusivamente estetica. A suo tempo ha gettato un ponte sul futuro, lasciando intuire come anche pezzi di ferro nudi potessero diventare mezzi d’espressione estetica ed architettonica, quasi sicuramente al di la delle intenzioni dell'ingegner Gustave Eiffel e soci. Senza la Tour non ci sarebbe stata l'architettura etichettata HighTech? Forse si, partendo da altri stimoli. Ma è impossibile non considerare la celebre costruzione parigina il capostipite di tutte le suggestioni di una certa architettura dove le strutture metalliche vengono più o meno esibite, anche esageratamente.
Le esposizioni puntando il cannocchiale verso il futuro: sono delle occasioni per sperimentare. Modelli, anche e forse, per un'architettura che verrà.
Ma, se l'architettura è una particolare forma d’esperienza estetica non è detto che debba durare in eterno. Può essere un esperienza speciale, per una particolare occasione, straordinaria. Un evento "non ripetibile" come sono irripetibili i sogni e le esperienze stupefacenti
Così anche le architetture della 6° Esposizione Nazionale Svizzera - Expo.02 vivranno solo fino al 20 ottobre 2002. Poi saranno smantellate per riportare i quattro luoghi che le hanno ospitate alla loro "originaria" qualità ambientale, come tengono a sottolineare gli organizzatori.

Archined: Excursie Expo.02
ArchitectureWeek - News - Swiss Architectural Summer - 2002.0828
La Nuvola di Elisabeth Diller et Ricardo Scofidio, l'arteplage d'Yverdon-les-Bains

L'effimero nel suo tendere verso l'immateriale sembra essere il tema latente almeno in un'architettura di questa Expo Svizzera. Nella "Nuvola" di Diller-Scofidio l'architettura "solida" sembra inghiottita da quella vaporosa -liquida e gassosa ad un tempo- che contenendo l'altra diventa a sua volta l'architettura dell'architettura. Di fatto disegnata dal vento, modellatore finale ed imprevedibile di uno schema dato da una tecnologia raffinatissima. Un gioco sofisticato ed inquietante che più delle altre opere, più classicamente architettoniche, lascia intuire -ovviamente in un senso assolutamente più generale di quanto li messo in opera- potenzialità espressive finora inesplorate o poco esplorate. Elevare a materiali architettonici anche quei materiali che non sono solidi, per definizione non tettonici o addirittura antitettonici -come il vapore acqueo in tal caso-, ma che comunque sono elementi costitutivi del risultato percettivo finale è una strategia dalle prospettive interessanti. A partire da una seria e non penalizzante e arcaizzante revisione del rapporto natura/artificio

Photo © Gerald Zugmann
Les Tours de Bienne di Coop Himmelb(l)au
Photo © Vitruvio.ch
Le Monolithe di Jean Nouvel, Morat, Svizzera, 2002

Non si tratta di truccare o peggio ritoccare, l'architettura con effetti illusionistici, ma di impiegare mezzi -scenotecnici, illuminotecnici, vegetali, ecc.- estranei, come elementi perfettamente costitutivi dell'architettura. Mezzi magari per natura instabili, mobili, dinamici, in grado, quindi, di aggiungere gradi di liberta autonomi e non interamente predefinibili, alla forma architettonica.
Non si può dire dove porterà un tale principio, ma è già molto lontano –contaminato dall’imprevedibile- da quel genere d'architettura che mostra il meglio se ritratta senza persone, piante fuori posto, tracce del tempo, variabilità degli elementi, segni di vita autentica, come fosse già un pezzo del cimitero che verrà.

AFC 30/08/02 - Architettura Amica e
Vitruvio.Ch

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