Su di un livello ]

 

Su di un livello
Negro Labbrone
Mulatta
Sensemaya
Calore
Ballata di Simòn Caraballo
West Indies Ltd.
Lapide
Fucilazione
Cantaschietto in un bar
Visita a un cortile di povera gente
Angoscia prima
Angoscia seconda
Tu non sai l’inglese
Angoscia terza
Angoscia quarta
Voce con speranza
Io,
Chitarra
Sudore e scudiscio
Quando son venuto al mondo...
Palma sola
Il nero mare.
Oh Rosa melanconica...
Arrivo
Una lunga lucertola verde
E. BALLAGAS
La Polizia
Esilio
Fiumi
In morte del senatore Mc Carthy
I l’ar
I Mati-Mau
Epitaffio per Lucia
Il nome
Madrigale
The Crisis, New York, ottobre 1955.
Due epigrammi
Io ho
A Lumir Civrny, a Praga.
Canta il " sinsonte" sul Monte Turquino
Mister Wood, Mister Taft, addio!
Sta bene
Strofette americane
Ahi, che grande tristezza!
Alla Vergine della Carità
Rumba
Chitarra
L’Aconcagua
L’Uccellino di Carta
I Fiumi
Istitutrice
I Venti
Le Aquile
Tenore
Canto di veglia a Papà Montero
Canna da zucchero
Ballata dei due avi
lndovinelli

Io,

figlio d’America,
figlio, dite e dell’Africa,
schiavo ieri di capi bianchi padroni di colleriche fruste;
schiavo oggi del rosso yankee, vorace padrone dello zucchero;
io che diguazzo nell’oscuro sangue in cui si bagnano le Antille;
soffocato nel fumo agroverde dei canneti;
sepolto nel fango di tutte le galere;
circondato giorno e notte d’insaziabili baionette;
smarrito nelle foreste ululanti delle isole crocifisse alla croce del Tropico;
io, figlio d’America,
corro verso di te, muoio per te.
Io, che amo la libertà con semplice amore,
come si ama un bambino, il sole, o l’albero piantato davanti
alla nostra casa;
io che ho la voce incoronata d’aspre selve millenarie,
e il cuore trepidante di tamburi,
e gli occhi perduti all’orizzonte,
e i denti bianchi, robusti e semplici per mozzare radici
e mordere frutti elementari;
e le labbra carnose e brucianti
per bere l’acqua dei fiumi che m’hanno visto nascere,
e umido il torso del sudore salato e forte
degli ansimanti scaricatori dei porti,
degli spaccapietre delle lunghe strade,
dei piantatori di caffè e dei forzati che lavorano sconsaltamente,
inutilmente nelle galere solo perché hanno voluto cessare d’essere fantasmi;
io vi grido con voce d’uomo libero che sarò con voi, compagni;
che marcerò al passo con voi,
semplice e allegro,
puro, tranquillo e forte,
con la mia testa crespa e il mio petto bruno,
per cambiare insieme i nastri trepidanti delle vostre mitragliatrici,
e per trascinarmi, col fiato sospeso,
là, accanto a voi,
là, dove ora voi siete, dove saremo,
a fabbricare, sotto un cielo ardente crivellato dalla mitraglia,
un’altra vita semplice e vasta,
limpida, semplice e vasta,
alta, limpida, semplice e vasta.
rimbombante della nostra voce inevitabile!
Con voi, braccia conquistatrici
ieri, e oggi impeto per sgominare frontiere;
mani per afferrare stelle splendenti e remote,
per grattare cieli scossi e profondi;
per unire in un solo mazzo le isole del Mar del Sud e le isole del Mar dei Caraibi;
per mescolare in una sola pasta ribollente lo scoglio e l’acqua di tutti gli oceani;
per portare in alto, indorata dal sole di tutte le albe;
per portare in alto, alimentata dal sole di tutti i meridiani;
per portare in alto, stillando sangue dall’equatore e dai poli;
per portare in alto come una lingua che non tace, che mai tacerà,
per portare in alto la barbara, severa, rossa, spietata,
calorosa, tempestosa, rumorosa,
per portare in alto la fiamma livellatrice e falciatrice della Rivoluzione!
Con voi, stalliere, e cantiniere!
Con te, si, minatore!
Con voi, avanzando,
sparando e uccidendo!
Oh, stalliere, minatore, cantiniere,
tutti uniti qui, cantando!
(Una canzone in coro)
Tutti noi la strada conosciamo;
gia sono puliti i fucili;
e sono pronte le nostre braccia;
avanti, marciamo!
Non importa alla fine morire,
perché morire non è gran cosa;
brutto è l’essere libero ma in catene,
brutto è star libero ma come schiavo!
C’è chi muore nel proprio letto,
per dodici mesi agonizzando,
ed altri che muoiono cantando
con dieci palle dentro il petto!
Tutti noi la strada conosciamo;
già sono puliti i fucili;
e sono all’erta le nostre braccia:
avanti, marciamo!
Così dobbiamo marciare,
severamente marciare, avvolti nel giorno
che nasce. Le nostre rudi scarpe, risuonando,
diranno al tremulo bosco: " È il futuro che passa! "
Ci perderemo in lontananza... Scomparirà la oscura massa
di uomini, ma all’orizzonte, ancora
come in sogno, si udrà la nostra compatta voce che vibra:
La strada conosciamo...
Pulite i fucili...
...E sono all’erta le nostre braccia...
E la canzone gioiosa navigherà come una nube sulla rossa lontananza!