Clinamen

Disguido

Mi alzai dalla sedia che avevo un mal di pancia bestiale e avrei gradito tanto tornarmene a casa, ma di lì a pochi minuti sarebbe cominciata la riunione. Scappai fuori dall'ufficio e corsi in bagno.

Non feci quasi in tempo ad abbassarmi i calzoni e a sedermi sulla tazza del cesso che la sbarcai tutta in un solo colpo con un forte scroscio sordo. Diarrea. Guardai meglio il pertuso: era davvero spettacolare, liquida e verdognola. Avevo imbrattato completamente le pareti del water e una parte si era stampata di rimbalzo sulle chiappe. Rimasi in attesa di nuovi sviluppi, godendomi quell'aria deturpata di un odore rancido, penetrante e malato. Sapeva di morte antica. Mi pungeva nelle narici e infestava il palato. Dunque era quello l'odore emanato dai miei labirinti corporei e probabilmente non era diverso da quello altrui.

Avevo sempre pensato che l'interno del corpo umano fosse inodore e che le donne profumassero sempre di vaniglia e crema pasticcera e gli uomini di eau de toilette da millenni. Talvolta non riuscivo a immaginare che lo loro cacca potesse fare puzza. Ogni volta che associavo la puzza alla cacca di mia moglie non riuscivo a fare l'amore con lei, non mi si rizzava, e poco ci mancava che andassi da uno psicologo per chiedere consiglio. Ancora oggi ci penso quando sto a tavola, penso a quell'odore asfissiante di diarrea chiuso nel corpicino di ogni essere umano che mangia insieme a me, mia moglie, mio figlio, i miei colleghi. Come fanno creature così insigificanti a esalare sostanze così inaudite? Che schifo. Silvana bussà alla porta, io ero ancora dentro, ancora sporco e immerso in una nebbia di asfissia intestinale.

"Un attimo!", dissi. Feci per prendere la carta igienica, ma il rotolo era terminato. "Silvana, c'è della carta igienica di là?" "Spè che guardo", rispose la mia collega. Sentii maneggiare buste e sacchetti. "No, è finita". Vabè, mi laverò direttamente, pensai. Feci per tirare la catenina e non scendeva niente. Riprovai. Niente. Mi diressi impacciato verso il lavandino, girai la manopola del rubinetto senza che uscisse una sola goccia d'acqua. Pensai all'acquedotto. "Silvana, hanno staccato ancora l'acqua?", chiesi. "Sì, mi ero dimenticata di avvisarti... per altre due ore staremo così".

Cazzo. La riunione stava per cominciare. "Ti ci vuole ancora tanto?" chiese Silvana. "Ho praticamente finito" risposi. Non sapevo come pulirmi, non c'era niente. Mi trovavo in piedi, davanti al lavandino, con i calzoni calati e il culone sporco. Sentii gocce di sostanza viscosa colarmi lungo le cosce. Non sapevo se usare le mani o alzarmi noncurante i calzoni. Meditai. "Silvana, passami qualche fazzoletto di carta." dissi. "Davide, sto scappando alla riunione, ti aspettiamo là!", urlò, mentre si allontanava.

"Silvana!" Chiamai tutti gli altri, nessuna risposta. Ero rimasto solo. Aprii la finestrella del bagno, guardai il disastro biologico dentro la tazza con un sottile stupore e poi uscii saltellando per non inciampare sui calzoni. Mi serviva della carta, un pezzo di carta qualsiasi. Andai alla fotocopiatrice, ma i fogli erano finiti. Stavo per entrare nel mio ufficio quando sentii dei tacchi attraversare la porta in fondo al corridoio. Saltai di colpo in ufficio, mentre il rumore dei tacchi si faceva più vicino. Allora non ci pensai su due volte, mi alzai i calzoni velocemente e vaffanculo. Era Silvana. "Allora, andiamo!" disse, "Stiamo aspettando te!". "Sì, ma... io...". Merda.

Mi prese il braccio e mi trascinò fuori, verso la sala riunioni. Con il braccio libero cercai di allacciarmi il bottone dei pantaloni e stavo per riuscirci, quando mi ritrovai alla soglia della sala, con tutti i miei colleghi in piedi attorno alla tavola rotonda, Silvana che ancora mi teneva per il braccio e un rappresentante di non so quale azienda che mi porgeva la mano sorridendo. "Buongiorno" disse. Feci per stringergli la mano e dovetti mollare i calzoni. Sperai tanto che non accadesse ciò che temevo, e invece...

Il rappresentante indietreggiò incredulo, Silvana si voltò gemendo e tutti gli altri colleghi fecero finta di non guardare, trattenendo le loro risate, sicuramente esplosive. "Ehm..." dissi, "avreste della carta igienica a portata di mano?" Nessuno rispose. Andai via saltellando alla ricerca di un fottuto pezzo di carta. Al posto mio che avreste fatto?

Hastur