Clinamen

Il vecchio

L'ultima sera d'estate aveva annunciato la foschia sui campi e lasciava un tronco marcio di pioggia sulla sommità della collina. Gli squittii e il fruscio del fogliame avrebbero accompagnato l'ennesimo sonno del vecchio, disturbato appena dagli ultimi pesanti granelli della clessidra.

Quella notte l'oscurità nella stanza pareva liquefarsi sotto il peso degli anni. Per quasi un secolo, ogni sera, le pareti piansero intonaco corrotto dall'umidità e dall'urina dei topi, quasi a segnalare che anche lì dentro il tempo passava, come se le rughe e le ossa atrofizzate non bastassero a logorarsi di solitudine. Il vecchio aprì gli occhi e tuffò lo sguardo oltre il buio sulla parete di fronte. Immobile sul letto cercava di carpire il minimo rumore, il segnale che il silenzio era quello di sempre, che conosceva i passi di chi lo abitava. Trascorse diverse ore in stato catatonico, ipnotizzato dal nulla, inseguendo le ombre fosfeniche che nuotavano nell'aria. Poi si riprese, accese la luce e si alzò. Poteva ancora muoversi. Arrancando per la stanza aprì la finestra e guardò fuori. Il cielo plumbeo e uniforme sembrava crollare su una pianura sterminata, senza alberi né alture. Non aveva mai guardato un paesaggio simile, ma lo osservò come se l'avesse sempre accettato così.

Tornò a camminare pietosamente per la camera vuota, solcando un'atmosfera di fango, dirigendosi verso le altre stanze. I topi schizzavano dietro i mobili, fuggivano da uno sgualcito sacco di sabbia che strisciava per casa. Nello spazio attorno aleggiavano quelle forme scure che talvolta riconosceva negli ultimi sogni. Il vecchio si accorse di un cambiamento, capiva di percepire come normale qualcosa che non gli era mai stato concesso.

L'aria era intrisa delle eco di voci e urla, sospiri e lamenti. Un brusio variegato appena percettibile. Allora capì, comprese ogni singolo suono, le voci racchiuse nella casa. Donne e uomini e bambini che aveva visto e toccato, intrappolati nella sua memoria senza che potessero sfuggire. Sfidando la sua amnesia. Il vecchio non esisteva più; era in casa sua, nel suo cervello. Aprì i mobili, vide i vestiti che credeva polverizzati dall'usura, quelli che indossava da bambino; i libri che aveva buttato, gli anelli che aveva perso. Aprì i cassetti, trovandoli pieni di foto, foto di ragazze perdute nell'oblio, di figli lontani, foto di amici d'infanzia, dei genitori, di tutti paesi e di tutte le strade battute in passato. Vide un quadro, il viso di sua moglie, i suoi occhi. Sentì l'odore delle sue fragranze, la carezza del suo respiro e il calore dei suoi baci. Vide il sole spaccare le pietre di un cimitero, e il suo giardino coperto di fiori appassiti.

Lentamente un manto di tenebra avanzò su tutti gli oggetti, coprì le foto e dileguò i ricordi. Una dopo l'altra le stanze vennero inghiottite nell'abisso e rimosse dall'esistenza. Il vecchio restò solo, circondato dai topi. Rimase uno sgabello, e lì si sedette.

Hastur