Se
nell’ideologia la modernità ha realizzato pienamente l’etica
cosmopolitica, nella realtà essa ha realizzato pienamente soltanto una
vuota universalità: quella dei tre grandi mezzi assurti al rango di
finalità: denaro, tecno-scienza, mediaticità. La dissoluzione delle
particolarità, delle specificità in tale vuota universalità suona
come assurda; il particolare, come realtà limitata, tangibile, scopo
dell’appetizione, del desiderio, della brama, è meno assurdo
dell’infinito tendere tipico dei comportamenti provocati dai mezzi che
si sono finalizzati a se stessi. La limitatezza, almeno, non è vuota.
Il soggetto pre-liberistico era l’uomo in lotta contro la natura, con
la quale stipulava armistizi periodici; il soggetto liberistico,
venditore, consumatore, produttore, speculatore, lotta contro una
"seconda natura", il mercato, rispetto al quale soltanto le
feste comandate rappresentano momenti di tregua. Il volto
imperscrutabile della natura è diventato, ormai, il volto
imperscrutabile della dinamica dei mercati: volti entrambi sfingei, dai
quali è azzardato derivare previsioni. Nel regno delle merci non ci
sono diversità che non siano radicate nel dare e nell’avere (e nei
loro diretti o indiretti derivati sociali): chi sa produrre denaro dal
denaro o dal lavoro altrui occupa, secondo la propria capacità, un
posto di un certo livello nella gerarchia sociale. Il possessore di
denaro, o dei mezzi di produzione realizza la finalità del prestigio,
della grandezza come gradazioni di un piacere che sarebbe pura ottusità
non definire "estetico"; come l’onore di ceto, di razza,
esso è fine a se stesso. Il potere sociale che il denaro – o la
proprietà dei mezzi di produzione – conferisce non può essere
definito, tuttavia, meramente esteriore, perché giunge a mobilitare la
totalità delle capacità umane di esperienza e di emozione. Nel regno
del denaro la dimensione "altra" rispetto alla dimensione
terrena si proietta in una lontananza indeterminabile e assume un valore
che spicca sempre di più via via che la vita sociale cessa di possedere
risvolti istituzionali, ufficiali, di sacralità. In molteplici forme
– astrologia, spiritismo, satanismo – il mondo della globalizzazione
è intimamente religioso; è quasi la religiosità, carica di timore e
di sospetto nei confronti dell’"oltre", tipica del mondo
latino delle origini; ciò accade nella misura in cui l’agnosticismo
è stato istituzionalizzato ed è diventato un fenomeno puramente
esteriore; nella misura in cui i "capricci" del mercato
coinvolgono masse umane sempre più consistenti (il capitalismo di
massa, soprattutto statunitense) e inducono a cercare il contatto con
l’"oltre" per garantirsi privilegi e vantaggi "qui e
ora" come nelle forme devozionali delle epoche in cui erano i
"capricci" degli andamenti dei raccolti o delle pestilenze ad
angosciare gli uomini. Di fronte al sembiante sfingeo del mercato i
gesti e gli atteggiamenti scaramantici proliferano. L’uomo si affida
non soltanto all’"oltre", ma anche all’"altro" a
riconoscimento della propria impotenza e a dispetto dei progressi
tecnologici. [dal testo] |