Nella
Germania guglielmina della fine Ottocento non vi è soltanto, a partire dal
1889, la follia dionisiaca di Nietzsche: vi è anche e quasi negli stessi anni,
a partire dal 1884, la pazzia razionalistica di Cantor. Tenacemente osteggiato e
oggetto di una sotterranea guerra occulta in patria, Cantor creò una teoria
matematica bella e profonda – ultimo retaggio invero, nel Tramonto dell’Occidente,
di una più antica sapienza matematica. Questa teoria, che pur oggi è alla base
della matematica contemporanea, è in realtà ridotta a mero dispositivo
logico-formale ed è tuttora misconosciuta nel suo più autentico significato
spirituale e metafisico. Novello Teseo, e autentica figurazione dell’Übermensch
nietzschiano, il grande matematico si avventurò solitario nel Labirinto dell’infinito
– che ovunque suscita paradossi e antinomie fino alla destrutturazione dello
stesso principio di identità: e in questo Labirinto perse infine la ragione.