In
quei tempi mi sentivo naturalmente sospinto in montagna più che mai
presso i limiti estremi della vita. Però si noti bene, mai nello stato
d’animo del suicida. Al contrario proprio qui avvertivo le forze
costruttrici che affioravano dal mio intimo profondo, forze che si
avvinghiavano alla vita. L’alpinismo era sì per me una specie
d’inebriamento, nel quale si andava a sommergere tutto ciò che era
lacerato nella nostra civiltà, ma più che quest’ebrietà obliosa mi
rese felice la scoperta del rimedio salutare: l’attività energica
vince la sofisticheria critica disgregante, la manife-stazione ingenua
di tutti gl’impulsi vigorosi e sani ci conduce fuori dal deserto
squallido del nichilismo. (Dal testo)