Witz: between psychoanalysis and humour

 
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 L'uso dell'umorismo in psicoanalisi

Di: Nancy Ronne, Ph.D., Psy.D.

Nancy Ronne è psicoanalista e psicoterapeuta ed esercita in un contesto privato a Brentwood in California. Molti dei suoi lavori riguardano l'area peritale, della sessualità umana e delle relazioni di coppia. La  traduzione in italiano è di Giuseppe Leo.



L'umorismo è stato sempre una parte importante della mia vita. Se c'è un gene per l'umorismo, sono sicura che l'ho tratto da mio padre. Era un insegnante di scuole superiori che utilizzava l'umorismo e la battuta di spirito per accattivarsi gli adolescenti problematici in modo che si accostassero alla matematica con gioia e con entusiasmo. L'umorismo è stato un modo con cui mio padre si connetteva con la gente. So che esso è penetrato in me sin dentro le mie ossa.

Il mio ultimo analista era davvero divertente. Il nostro senso dell'umorismo si incontrava. Ridevamo agli stessi scherzi e condividevamo un identico atteggiamento ironico nei confronti del mondo. Ci può essere una tale similarità nell'umorismo così come nella vita? E' stato quello uno degli ingredienti essenziali che rese riuscita l'analisi?

 

 
Una delle più importanti finalità del processo analitico è quella di aiutare il paziente ad ottenere una comprensione dei propri comportamenti e delle dinamiche personali. Una delle tecniche nell'utilizzazione del sogno o di altro materiale inconscio consiste nel portare alla consapevolezza i contenuti del proprio inconscio. Ciò permette al paziente una più ricca comprensione della propria vita interiore. I pazienti in genere giungono al trattamento poiché soffrono, e non perché decidono di passare tanti anni, per non parlare delle ingenti spese, in analisi. I pazienti potenziali sono alla ricerca di un analista o di uno psicoterapeuta poiché desiderano intensamente delle risposte, delle cure miracolose ed una relazione. Desiderano un analista che possa loro fornire una connessione con la vita reale, nonché un sollievo da ciò che sembra loro intollerabile.

Ciò significa che è inappropriato usare l'umorismo con pazienti che si trovano in stato di disagio psicologico? E' impossibile immaginare che l'uso dell'umorismo possa essere utile per un paziente che si trova in uno stato di dolore psichico e di tumulto emozionale? La mia conclusione consiste nell'affermare che l'uso dell'umorismo, come per tutti gli elementi della psicoanalisi, è una variabile dipendente. Esso dipende dal grado di dolore psichico espresso e sperimentato, dalla forza della personalità del paziente, dal livello di funzionamento, dalla struttura delle difese e dall'uso che svolge l'umorismo nella sua vita.
 

Uno dei miei assunti fondamentali (un mio bias) consiste nel fatto che l'uso dell'umorismo indica un alto livello di funzionamento. Esso è un valore aggiunto per la vita e per le proprie esperienze. Sono anche consapevole che l'uso dell'umorismo (da parte sia del paziente sia dell'analista) possa essere uno strumento da utilizzare per ridurre l'intensità e il disagio di affetti dolorosi, carichi di terrore o di vergogna. Esso può anche essere potenzialmente distruttivo per il processo terapeutico. Freud mise in evidenza come l'umorismo fosse una difesa di alto livello, e che quando la rimozione fallisce l'umorismo viene spesso impiegato per gestire sentimenti di dispiacere. Inoltre, Freud ha teorizzato che l'umorismo o le battute comiche possono permettere ai pazienti di presentarsi come "cresciuti" e "troppo maturi" per essere quindi ancora tormentati dai vecchi eventi dolorosi.



Winnicott scrisse a proposito dei comportamenti auto-protettivi. Comportamenti che sono organizzati secondo il principio winnicottiano del paradigma vero Sé/falso Sé. Quando si viene ad essere traumatizzati o feriti il vero Sé viene oscurato. Il Sé "autentico" viene allora protetto da altre ferite. Il falso Sé viene a svilupparsi per proteggere il ventre molle del vulnerabile vero Sé. Il falso Sé viene presentato al mondo come il Sé reale (Winnicott, 1986). Un aspetto della presentazione del falso Sé potrebbe essere quello del burlone spensierato e pieno di umorismo. Winnicott ha osservato che quest'ultimo non è "sano" se un solo aspetto della personalità di un individuo ha il sopravvento tanto da metter i ombra tutti gli altri aspetti. Winnicott, come altri analisti, ha manifestato ambivalenza riguardo all'uso dell'umorismo nel corso di un'analisi.

 

Mia intenzione è quella di esplorare svariate prospettive sull'uso dell'umorismo nel processo e nella relazione psicoanalitica. Tale esplorazione inizia con la discussione di Freud sull'umorismo e sul motto di spirito. Quindi, esaminerò la prospettiva dei teorici e dei clinici che ha fatto seguito a Freud. Dopo, mi rivolgerò agli scrittori contemporanei ed alle loro idee sull'umorismo. Di seguito, svilupperò una prospettiva teorica. Proporrò allora diversi principi a cui possono pensare i clinici quando valutano le giuste e utilissime applicazioni dell'umorismo in un'analisi. Fornirò parecchi esempi tratti dalla mia esperienza, discutendo il perché io credo che l'uso dell'umorismo sia stato, in un caso, utile oppure potenzialmente dannoso. Il mio articolo termina con un breve riassunto, con le conclusioni e delle raccomandazioni.

 

 Rassegna della letteratura





Un articolo pionieristico che ha stimolato il mio pensiero sia prima che durante la scrittura di questo mio articolo è stato "The Impact of Humor in the Counseling Relationship" di Sultanoff (1992). nel suo articolo, Sultanoff difende la sua opinione che l'umorismo possa essere proficuo nella relazione di "counseling". Ad esempio, egli afferma che l'umorismo aiuti a costruire delle relazioni, incrementi la comunicazione, modifichi i sentimenti, i pensieri ed i comportamenti, e influenzi la biochimica cerebrale. Lo scritto di Sultanoff indica che l'umorismo costituisce un positivo e desiderabile intervento terapeutico.

 

 

 I primi anni

Freud (1905) esplorò l'umorismo sotto la voce del motto di spirito. Il suo libro del 1905 "Jokes and Their Relation to The Unconscious" è stato un lavoro pionieristico che ha messo in relazione il motto di spirito, i lapsus linguistici, l'umorismo con l'inconscio. Egli comincia a suddividere i motti di spirito in diversi tipi, partendo dalla dicotomia tra giochi di parole verbali e concettuali. Questi vengono ulteriormente divisi in astratti o innocenti e in polemici. Il motto di spirito astratto innocente è fine a se stesso ed è semplicemente finalizzato a dare piacere. Quello polemico ha altre finalità. Secondo Freud, il motto di spirito polemico ha uno di questi due propositi. O è ostile oppure è osceno. Quelli ostili hanno una motivazione aggressiva, tendente al dominio o alla distruttività. Quelli osceni permettono di esprimere e di comunicare pensieri, sentimenti o idee spiacevoli o vergognose. Tali battute di spirito sono innanzitutto a carattere sessuale.  Freud affermava che in entrambi i casi le battute di spirito permettono "di aprire delle fonti di piacere che sono diventate inaccessibili".

 

 
Freud poi continuava col descrivere il meccanismo del motto di spirito in relazione sia dei sogni che dell'inconscio. Ipotizzava che il motto di spirito si formasse nel modo seguente:

<<... a preconscious thought is given over for a moment to unconscious revision and the outcome of this at once grasped by conscious perception>> (Freud).

Ossia, il motto di spirito viene passato all'esame dell'inconscio nel corso della sua elaborazione o della sua genesi, ed emerge alla mente inconscia pienamente formato, ma inaspettato. Freud lo distingue chiaramente dal sogno notando che i sogni sono prodotti mentali completamente asociali, mentre le battute di spirito sono eminentemente sociali. I sogni, per Freud,  sono desideri (anche se non riconoscibili) mentre i giochi di parole sono una forma di interazione sociale e di gioco.

Freud considerava l'umorismo astratto e spontaneo come innocente e positivo. Freud sosteneva che le forme polemiche di umorismo possono servire motivazioni importanti per l'individuo, ma non si traducono necessariamente in un risultato sociale positivo. L'uso dell'umorismo polemico da parte dell'analista non sarebbe mai adeguato o utile. Comunque, accenni ostili, battute sarcastiche o agiti negativi da parte del paziente nei confronti dell'analista potrebbe risultare enormemente rivelatori e costituire dei fertili livelli di esplorazione.




Freud continuò a pensare e a cimentarsi con il contributo dell'umorismo alla psiche ed alla vita di tutti i giorni. In un lavoro pubblicato nel 1928, egli elaborò i suoi primi pensieri ed idee su tale tema. Il suo scritto sottolineava le sue opinioni positive riguardanti l'umorismo. La teoria freudiana sottesa consisteva nell'affermare che l'Io è solitamente costretto dal Super-Io a distogliersi dalla ricerca del piacere, o almeno a modificare i suoi desideri in risposta alle richieste della realtà esterna. L'umorismo veniva da lui indicato come una forma di trionfo del principio di piacere. Il che è positivo per l'Io. L'umorismo permette all'Io di godere momentaneamente di un'esistenza narcisistica libera dalla colpa. Quindi, l'umorismo contribuisce ad un sentimento di forza e di piacere. Il Super-Io, in questo caso, agisce nei confronti dell'Io come un buon genitore, piuttosto che come un genitore ipercritico.

 

 
Gli scritti di Freud sull'umorismo non sono stati sempre coerenti. Freud è restato ambivalente circa l'applicazione dell'umorismo nella relazione psicoanalitica. Kuhlman (1984) notò che non c'è un unico riferimento negli scritti di Freud a proposito dei casi in cui egli intravedeva l'uso dell'umorismo durante una seduta psicoanalitica. Freud allude all'umorismo nel suo scritto nell'VIII Volume (1905) "Jokes and Their Relationship to the Unconscious", nel IX Volume (1906-1908) "Jensen’s ‘Gradiva" e in altri lavori, e nel XXI Volume (1927-1931) " The Future of An Illusion", "Civilization and Its Discontents" ed in altri lavori. Anche se conosciamo che in realtà Freud utilizzava l'umorismo nelle sue analisi  (Lowenstein, 1958; Birner, 1994), sembrerebbe come se egli fosse nella migliore delle ipotesi poco chiaro sul suo utilizzo.

 
Sia Shelly (1994) che Birner (1994) hanno messo in evidenza varie sfaccettature del lavoro di Freud e la sua connessione con la creatività in terapia. Birner ha evidenziato che Freud, nella sua vita quotidiana, cercasse l'umorismo, i paradossi e le battute di spirito. Freud credeva che l'umorismo fosse un modo fondamentalmente creativo di guardare il mondo. Shelly ha affermato che l'umorismo è trasformativo nella sua essenza. L'uso dell'umorismo rende capace "l'individuo di trasformare il contenuto del conflitto inconscio in forme diverse". In altre parole, l'uso creativo dell'umorismo modifica sia il contenuto che la forma di pensieri ed idee inconsce e inarticolate.

 
 L'aspetto creativo dell'umorismo è stato ben compreso da Freud. Questi affermò, nel suo lavoro del 1927 sull'Umorismo, che non tutti gli individui sono capaci di comprendere ed usare l'umorismo, e neppure di vedere l'umorismo nelle rappresentazioni altrui.

 
Nonostante ciò,  Freud ha presentato il mondo con un messaggio molto complesso riguardo l'umorismo e la sua utilità in analisi. Come risultato, ciò che è stato adottato dalla comunità psicoanalitica è stato un atteggiamento negativo nei confronti del suo utilizzo in psicoanalisi. Coloro che lo hanno sostenuto o approvato nel processo analitico sono stati guardati dai freudiani classici con scetticismo.

 Il primo analista che ha manifestamente scritto sull'applicazione positiva dell'umorismo e che ha sostenuto le sue posizioni nei circoli psicoanalitici è stato Martin Grotjahn. Costui (1949) ha affermato che l'umorismo potrebbe essere un importante strumento terapeutico per il terapeuta e che non c'era nulla di inerente ad esso nei concetti freudiani che ne sconsigliasse l'uso. Si potrebbe sostenere che questo era un punto di vista marginale dato che l'iniziale luogo di pubblicazione dell'articolo era stato il "Journal of The Indian Psycho-Analytic Society", con sede a Calcutta. Tale era la corrente principale della pratica e della teoria psicoanalitica.




Grotjahn continuava a sostenere l'uso dell'umorismo. Credeva che le sue idee fossero coerenti con gli scritti di Freud. Mentre secondo  la concezione di Freudl'umorismo permetteva all'Io di trascendere temporaneamente se stesso, Grotjahn (1957) sosteneva che l'umorismo coinvolgesse una forma di conservazione della spesa emozionale. L'umorismo può aumentare la capacità dell'analista di tollerare le emozioni e le esperienze traumatiche e dolorose dalla parte del paziente. In specifiche circostanze l'umorismo può permettere all'analista di stabilire e mantenere una connessione affettiva ed effettiva con il suo paziente, mentre quest'ultimo esprime emozioni estreme come profonda afflizione, terrore incontenibile, acuta ansietà o dopo un trauma atroce. L'umorismo può aiutare l'analista nel non essere sommerso ed inondato da queste emozioni tossiche. L'umorismo può proteggere entrambi gli individui della diade dagli affetti debordanti, persino  permettendo loro una forma  di godimento e di comunione.

 
Grotjahn (1957) ha scritto che le battute di spirito o l'umorismo scambiato tra analista e paziente possono essere illuminanti.  Ha affermato che ci sono situazioni in cui il paziente spontaneamente pronuncia una battuta o crea un momento umoristico; ciò può rivelare il nucleo del problema del paziente.  Grotjahn ha descritto una seduta in cui uno dei suoi pazienti entrò nello studio e si mise a leggere un fumetto. Il paziente eruppe in risate fragorose. L'analisi del fumetto e del motivo per cui il paziente lo aveva trovato così divertente permisero l'emergere del comportamento e dei pensieri del paziente nei confronti di un altro uomo.

Questi era un uomo con cui il paziente aveva avuto un'amicizia molto stretta ed intima.  Si erano estraniati l'un l'altro dopo una discussione. Grotjahn riferì che il fumetto aveva chiarito e cristallizzato l'elemento inconscio ed aveva perciò facilitato la liberazione di energia e reso il paziente capace di arrivare al nocciolo del suo problema di desiderio omosessuale rimosso. Tali desideri si erano in seguito dissimulati all'interno della nevrosi di transfert. Il fumetto e la conseguente risata avevano facilitato una comprensione più profonda dei desideri omosessuali non risolti del suo paziente e della sua nevrosi di transfert.

 Ci sono altri analisti che esprimono cautele circa l'uso dell'umorismo nel contesto terapeutico. Ad esempio, Kubie (1971) ha scritto ce l'umorismo può essere distruttivo in un'analisi. Esso può ridurre la tensione in modo tale da permettere al paziente di evitare di esprimere gli affetti negativi. Egli pensava che parte del successo del processo analitico passi attraverso il ben noto incremento nell'intensità e nella preminenza del transfert. Questo livello di affettività innalzato, ma tollerabile è una parte essenziale di ciò che è curativo. Ogni cosa che riduca questi sentimenti, liberando la tensione troppo presto (come potrebbe fare l'umorismo) potrebbe potenzialmente compromettere il processo terapeutico.



Sebbene Kubie abbia riconosciuto che l'umorismo non sia sempre distruttivo e neppure dovrebbe essere in modo sommario né congedato né utilizzato, egli ha affermato che esso ha un tale alto potenziale di creare danni che dovrebbe essere usato raramente e con grande attenzione. Egli ha descritto l'umorismo in termini peggiorativi come non solo distruttivo, ma anche come un'"arma pericolosa". Kubie ha considerato l'umorismo come qualcosa di più di un divertimento o di un intrattenimento per il terapeuta rispetto a qualsiasi altro autore. Egli ha sottolineato come l'umorismo spesso mascheri l'ostilità e crei un falso senso di condivisione o di cameratismo che potrebbe alla fine confondere il paziente. Kubie (1971) ha espresso cautela nei confronti dell'uso dell'umorismo in analisi dato che esso ha la potenzialità di duplicare l'esperienza del paziente proveniente dalla prima infanzia. Come in tutti gli aspetti della psicoanalisi, c'è il pericolo che attraverso la danza del transfert-controtransfert vecchi stili e modi di relazionarsi vengano ad essere rimessi in atto.

 

 Un altro analista, Winnicott, si differenzia da Freud su molti punti riguardanti la metodologia e la pratica  psicoanalitica. Nell'area dell'umorismo, comunque, ci sono alcune comunanze.

Winnicott (1975) è ben noto per le sue discussioni teoriche sul bisogno di sviluppare un efficace ambiente di "holding" per i pazienti. Egli ha lavorato coi bambini e, a differenza di Freud, ha focalizzato la sua attenzione sui processi dello sviluppo psicologico. Egli è noto per la sua concettualizzazione della madre - o della persona che dispensa le cure materne -"sufficientemente buona" che fornisce al bambino un ambiente che è imperfetto, ma abbastanza buono per la sua maturazione e il suo sviluppo.

Nel processo psicoanalitico Winnicott si è permesso degli interventi personali che Freud avrebbe respinto. Egli accettava, come psicoanalista, un ruolo di operatore sociale, specie quando lavorava con pazienti psicotici. Tali pazienti avevano bisogno di qualcuno che si assumesse la gestione di loro funzioni, finché essi non fossero in grado di sviluppare tali capacità da soli. L'ambiente che egli tentava di creare doveva permettere tutte le emozioni e doveva essere "tenuto" in modo che il paziente potesse avere un ricettacolo per i suoi pensieri e sentimenti incontenibili.
Il ruolo dell'umorismo non era fondamentale in questo processo, ma ne era un aspetto. Winnicott, come Freud, considerava l'umorismo sotto una luce positiva. Per lui, l'umorismo era un segnale di salute e di forza mentale. Esso indica un livello di essere a proprio agio nella relazione. Egli suggeriva che l'umorismo permettesse la capacità di tollerare i temi e gli affetti difficili. Winnicott (1971) utilizzava l'umorismo e le battute di spirito nel suo lavoro coi bambini, sottolineando che esso è parte di un ambiente che assomiglia ed è in risonanza con quello della famiglia. Mentre egli non sosteneva affatto di voler fornire ai suoi pazienti tutti gli elementi che erano loro mancati nelle rispettive famiglie, si sforzava di rimpiazzare qualcuno di quelli che erano stati assenti. Egli cercava di creare un ambiente capace di "holding" in cui l'umorismo, la rabbia, l'odio, la paura e l'amore potessero essere espressi senza timore di rimprovero, di perdita del controllo, di  rifiuto da parte della figura autorevole.



(fine della prima parte - to be continued)


 





 

 

 

Updated: May, 4, 2009



                  


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Bibliography about Humour and Therapy

Philosophy and Humour: Interview to Simon Critchley

"Jewish Humour on Psychoanalysis" by David Meghnagi  (abstract)

"Some Reflections on Humour in Psychoanalysis" by Ronald Baker (abstract)

(in german)

Psychowitze

(in spanish)

What's Witz?

(in italian)

Che ridere questo Freud!  (intervista a Moni Ovadia)

 





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