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L'affresco - Storia
testi: S. Baroni - Redazione Sacrum Luce
Il Rinascimento
Tra la fine del Trecento e il Quattrocento la necessità di realizzare la
rappresentazione seguendo la costruzione prospettica (che non permetteva
variazioni improvvise) e l'estrema attenzione data ad ogni particolare,
segnano il progressivo scomparire della sinopia come progettazione sul
luogo dell'affresco.
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Nel Quattrocento vediamo alternarsi modalità di
esecuzione che fanno maggiore o minore uso di finiture a secco. Già
Giotto e i suoi collaboratori toscani, si giovarono in molti casi di
tempere ausiliarie: il dipinto veniva eseguito a fresco in giornate
progressive di lavoro, tuttavia nei passaggi tra maestro e aiuti, oppure
in casi dove le giornate risultano particolarmente estese, era frequente
l'uso di tempere ausiliarie, destinate a coadiuvare una non piena carbonatazione dell'intonaco, troppo "stanco" e già "passato" per una
esecuzione con sola acqua.
Anche altri grandi pittori trecenteschi, come Simone Martini e il
cosiddetto Maestro del Trionfo della Morte del Camposanto di Pisa,
avrebbero spesso usato questo espediente. |
Nel tempo il gusto di tali finiture crebbe soprattutto in quei pittori
influenzati da correnti gotiche, amanti di superfici dai preziosi
effetti materici, dove parti lucide si contrapponevano a fondi
vellutati, e oro e metalli applicati a lamina si stagliavano su
opacissime azzurriti stese a colla.
Verso la fine del Trecento l'alta Italia era dominata da pittori
specializzati nell'esecuzione di splendide e ricche finiture, talvolta
trasposte da tecniche proprie della miniatura, talvolta recuperate
dall'intramontabile prassi della pittura a calce .
È difficile oggi rendersi conto di quanto fossero diffuse ed ampie
queste rielaborazioni, perché in pochi dipinti esse sono sopravvissute
alle ingiurie del tempo e ai lavaggi dei restauratori che cercavano "il
buon fresco".
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Nel Quattrocento, mentre ancora si realizzano vaste decorazioni con
pittura alla calce, quasi sempre legate a ornamentazioni architettoniche
di ampio respiro, possiamo assistere a momenti successivi e contrapposti
in cui si osserva l'alternarsi di decorazioni eseguite prevalentemente a
"buon fresco", con i colori stesi e diluiti ad acqua, a pitture dove la
parte ad affresco è minimale ed anzi sembra soccombere alla ridondanza
delle finiture a secco.
La sostituzione della sinopia, già nella prima metà del
Quattrocento, con il disegno diretto eseguito su cartoni e riportato
sul muro mediante spolvero verrà largamente praticato nel
Cinquecento per l'esigenza di eseguire un disegno più elaborato, in
modo da poterne affidare ad altri il riporto e talvolta anche
l'esecuzione. |
Tale procedimento fu
gradualmente sostituito dal riporto del disegno sul muro a ricalco, cioè
tramite una punta che lascia sull'intonaco il segno delle linee di
contorno delle figure. Questa tecnica eliminò completamente, nel
Cinquecento, l'uso della sinopia e restò il procedimento più comunemente
usato fino al Settecento.
Un'ulteriore semplificazione - e, allo stesso tempo, perfezionamento -
della tecnica del riporto di figure a grandezza naturale o in scala, è
data dall'introduzione del sistema della quadrettatura (sfruttato
soprattutto nel Cinquecento, per esempio da Raffaello) che offriva la
possibilità di affidare totalmente l'esecuzione dell'affresco ad allievi
e aiuti . Nel Cinquecento, mentre da una parte si rafforza il mito
dell'affresco, dall'altra vediamo sempre più allargarsi la superficie
delle giornate con conseguente uso di tempere, colle, e calce additiva
ai pigmenti.
Le grandi imprese decorative degli allievi di Raffaello mal si applicano
alla rigida esecuzione per piccole giornate di stesure di pigmenti
stemperati in acqua; si recuperano quindi le tecniche di decorazione
architettonica alla calce e si innestano sulla tradizione della pittura
ad umido, ottenendo risultati straordinari.
Alla metà del secolo Vasari scrive un incondizionato elogio della
pittura a fresco pur notando come sia comune vederlo "ritoccato a secco
con colori con colla di cannicci o rosso d'uovo o gomma dragante, come
fanno molti pittori".
Per gli artisti del tardo Cinquecento e del Seicento, le imprese spesso
si misurano per superficie e tutto diventa funzionale ad una tecnica
buona, di sicuro effetto, ma pure pratica e sbrigativa nell'esecuzione:
non c'è più tempo per le elaborate e minuziose giunture di intonaci
della pittura trecentesca; pitture alla calce su intonaci umidi,
tagliati in vaste giornate dominano incontrastate.
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