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L'affresco - tecnica
I supporti
testi: S. Baroni - Redazione Sacrum Luce
Per eseguire un dipinto murale è necessario preparare la parete a
ricevere il colore perché il muro è spesso disomogeneo per materiali e
superficie e non consente una stesura fluida della pittura. Il supporto
su cui viene eseguito l'affresco è quindi l'intonaco che "veste" il muro
rendendone uniforme la superficie e preparandola, in tal modo, a
ricevere la coloritura.
Nella tecnica tradizionale l'intonaco è fatto di malta di calce e
cariche, e si distinguono due strati: l'arriccio e l'intonaco
propriamente detto.
L'arriccio, steso su un primo strato detto rinzaffo, è un'incalcinatura
ruvida, grossolana, che ha la funzione di unificare la parete e favorire
l'adesione dell'intonaco; quest'ultimo, detto anche tonachino, è un
impasto più fine che pareggia le asperità dell'arriccio ed è destinato a
ricevere il colore. L'intonaco deve essere applicato sull'arriccio
preventivamente inumidito; esso deve essere ben umido e restare tale per
tutto il corso del lavoro di coloritura, per cui si può applicare sul
muro solo la superficie che verrà colorata durante la giornata. E' così
che, stendendo la pittura sull'intonaco ancora fresco, per il processo
di carbonatazione, il materiale in superficie si trasforma in carbonato
di calce inglobando in un solo corpo i pigmenti e divenendo una
superficie compatta di consistenza marmorea e durevole nel tempo .
L'affresco - tecnica
Le fasi
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L'esecuzione di un affresco prevede
le seguenti fasi:
-
preparazione dell'arriccio (primo strato d'intonaco grezzo);
-
esecuzione della sinopia (disegno di base);
-
apposizione dell'intonaco fresco a "giornate";
-
esecuzione, sull'intonaco ancora fresco, del disegno preparatorio vero
e proprio (che riprende e, a volte, corregge quello della sinopia);
-
stesura dei colori a fresco sciolti in acqua;
-
rifiniture (o parti della figura) a secco a tempera.
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Il disegno, preparato su un cartone, veniva trasferito sull'arriccio o
anche sull'intonaco, bucando con uno strumento aguzzo il contorno del
disegno stesso e facendo passare poi, attraverso i fori, della polvere
di nerofumo, in modo che la sua traccia comparisse sulla parete. Tale
procedimento che si diffonde nella seconda metà del Trecento è detto
spolvero; in precedenza la sinopia o il disegno preparatorio erano
eseguiti direttamente.
Battuto lo spolvero si ripassava il
disegno con un pennello intriso di terra rossa o nera, ottenendo così la
sinopia; su questo disegno guida
venivano applicate via via le porzioni di intonaco fresco dette
"giornate di lavoro" .
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Il grado di
minuziosità nel preparare la sinopia varia secondo gli artisti e anche
secondo le zone dell'affresco; nello strappo degli intonaci, che
consente il recupero delle sinopie, si è visto come queste si
differenzino nel grado di rifinitura: appena abbozzate nelle parti
principali eseguite dal maestro, più rifinite e particolareggiate in
quelle connesse all'esecuzione degli aiuti.
Nel Quattrocento, con la nuova esigenza di eseguire un disegno più
elaborato, più finito, in modo anche da poterne affidare ad altri il
riporto e talvolta la stessa esecuzione pittorica, la sinopia viene
sostituita dal trasferimento del disegno mediante l'uso dello spolvero
e, successivamente, del cartone. |
Il disegno era eseguito su carta a
grandezza uguale a quella dell'affresco; veniva perforato con punte
metalliche (e, se si voleva salvarlo, si perforava anche un foglio
sottostante) seguendo le linee della composizione e delle figure.
Preparata la parte giornaliera di tonachino si ritagliava dallo spolvero
la parte corrispondente, la si applicava sull'intonaco e poi vi si
passava sopra con un sacchetto di polvere finissima di carbone in modo
che questa, attraverso i fori, segnasse sull'intonaco le linee della
composizione, che venivano ripassate in seguito con il pennello.
Verso la fine del secolo si diffonde l'uso del cartone rispetto allo
spolvero; la traccia sull'intonaco è imposta per calco e non a puntini
e, solitamente, sul cartone venivano studiati anche i colori e i
contrasti chiaroscurali. L'artista passava con una punta sulle figure
del cartone appoggiato all'intonaco fresco, in modo che su questo
restasse una lieve impronta.
Dovendo trasferire in grande un disegno preparato dall'artista, si usava
il sistema della quadrettatura o rete; sul disegno e sul cartone
venivano tracciati in numero uguale quadrati grandi proporzionalmente.
Le linee compositive contenute in ogni quadrato del disegno venivano
riportate proporzionalmente nel quadrato corrispondente del cartone
costituendo una chiara traccia per ripetere la composizione nella nuova
e più grande scala . Dopo
l'esecuzione del disegno preparatorio e la stesura del tonachino si
passava alla coloritura. A partire da Giotto la stesura del colore
avviene non più per sovrapposizione ma per accostamento: si parte dalle
ombre e si stendono le zone più chiare realizzando per ultime, le mezze
tinte e i toni vivi; al sistema tradizionale di campeggiare i volti
modellando poi le forme con "verdaccio" per le parti in ombra e con
bianco per le parti in luce (sistema che, secondo il Cennini era proprio
di coloro che non s'intendevano d'arte) si sostituisce la maniera di
Giotto di costruire la forma della figura come dall'interno, definendo
prima le zone d'ombra a verdaccio e ripassando poi i punti luce con
bianco Sangiovanni, e nel distinguere l'incarnato di base in tre diverse
gradazioni di colore, dal chiaro allo scuro, per graduare il rilievo
dalla luce all'ombra; con la più chiara si dipingono i rilievi del viso,
con la media i mezzi e, con la più scura si va nelle zone più oscure,
lasciando però che il verde terra non sia del tutto sopraffatto.
L'affresco - tecnica
I pigmenti per l'affresco
I pigmenti
utilizzati per l'affresco sono quelli in grado di resistere alla
basicità della calce; per questo non tutti i colori sono utilizzabili e
sono preferibili alcuni pigmenti minerali, in genere i meno alterabili .
Plinio fornisce informazioni dettagliate sui colori nel libro XXXIII e
nella prima parte del XXXV della sua "Naturalis Historia", descrivendone
luoghi di estrazione, preparazione, prezzi, falsificazione. Molti di
essi hanno nomi di origine geografica, provenendo da vari paesi del
Mediterraneo. Plinio elenca anche i pigmenti da escludere nell'affresco,
quali ad esempio il "purpurissum", l'"indaco", il "ceruleo", il "melino",
l'"orpimento", l'"appiano" e la "cerussa", perché vengono alterati dalla
calce.
All'epoca bizantina risalgono le "Compositiones ad tingenda", un
manoscritto degli inizi dell'IX secolo, ma che riporta procedimenti
tardo antichi, conservato nella Biblioteca Capitolare di Lucca; molto
singolare è un testo altomedioevale, "De coloribus et artibus romanorum"
di Heraclius, in tre libri di cui i primi due sono scritti in esametri
per mandare a memoria le ricette, mentre il terzo raccoglie esperienze
di artigiani in Italia, Francia e Inghilterra ed è stato compilato in
epoca posteriore.
Il "Libro dell'arte" di Cennino Cennini è l'ultimo trattato medioevale,
molto importante perché riporta preparazioni in uso anche nella pittura
murale dell'epoca moderna. Benché Cennino talvolta non dimostri grande
conoscenza dei pigmenti, tra i colori elencati dall'autore si ricordano
il "bianco di Sangiovanni" (carbonato di calcio) e la calce spenta per
il bianco, ocre naturali e bruciate per il giallo e il rosso, le terre
per il rosso e il verde, l'oltremare per l'azzurro, terra d'ombra
naturale e bruciata per i bruni. Per il nero si usava il nero d'avorio o
d'osso o il carbone di vite. Cennini ci ricorda inoltre che, per i cieli
e il manto della Vergine, si usava l'azzurro ultramarino, ricavato dal
lapislazzulo, colore preziosissimo che poteva essere sostituito con la
più economica azzurrite (carbonato basico di rame), che si alterava però
in verde con il tempo. L'autore raccomanda anche di utilizzare pennelli
di setole morbide per non raspare l'intonaco e sporcare i colori.
La scelta dei colori per l'affresco veniva stabilita prima di cominciare
il dipinto e faceva parte dello studio preparatorio. La distribuzione
delle tinte nella composizione doveva infatti essere ben acquisita dal
pittore perché, al momento della stesura sull'intonaco fresco, spesso si
perde la possibilità di distinguere i toni, apparendo tutti su tonalità
brune e nere e schiarendo man mano che l'affresco asciuga. Una volta
scelti i pigmenti adatti per essere stesi a fresco essi venivano
stemperati in acqua e si preparavano tutte le variazioni tonali dei
singoli colori in vasetti separati.
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