Cap. XIX - Cap. XX
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Cap. XIX

In cui la realtà è meno rosea del sogno.

 

Don Giovanni raggiunse la figurina mascherata, in un angolo poco illuminato del vasto patio, ove stavano soltanto alcuni servi ed ancelle, a piccoli crocchi o a coppie.

Le venne di fronte. Mai in vita sua aveva do­vuto fare appello a tanto coraggio, neppure quando aveva sfondato la porta del misterioso palazzo ove promettevano colpi di spada.

- Signorina, forse io La conosco. E' disposta a togliersi un momento la maschera, per lasciarmi vedere se non m'inganno?

Essa si arrestò visibilmente emozionata e rispose con vocetta tremante :

- Oh, troppo onore per me essere nota al no­bile conte don Giovanni. Forse Ella sbaglia…

- No, non sbaglio. Non era lei, pochi giorni or sono in casa de Acuña, quando io vi venni?

- Sì.

- Vede? era Lei. Non era Lei lo scorso anno, d'agosto, in compagnia di donn'Anna, in una pic­cola posada sul tratto della via maestra fra Siviglia e Salamanca ?

- Sì, sì... Come fa a saperlo ?

- Ascolti ancora, signorina. Non le fu conse­gnato, lì, in quella posada uno scritto... dei versi... dedicati a Lei?

La ragazza fece una risatina sotto la maschera.

- Sì... sì... Ma come sa, dico, tutto questo? ricordo che quella pergamena così ben dipinta con quella poesia piena di frasi, mi fece un certo effetto... perché ho creduto che provenisse da un giovanotto male in arnese, dall'aria di chierico, che avevo no­tato appena... e che poi sparì subito.

Don Giovanni rispose gravemente:

- Quel giovanotto ero io.

La ragazza esclamò un:

- Lei ! - stupefatto, e più stupefatto mostrò il viso smascherandosi.

- Ecco, sì - esclamò a sua volta, esultante il giovane innamorato - Ecco l’immagine che non si è cancellata mai nel mio cuore!

L'immagine era carina, non lo neghiamo, ma niente di straordinario: due begli occhietti azzurri pieni di timidezza e di stupore, un visetto rotondeggiante e roseo incorniciato di capelli castani dai ri­flessi biondi, una boccuccia socchiusa e tumidetta e un nasino un po' rivolto all'insù che dava un'aria lievemente piccante anche al resto dei lineamenti piuttosto comuni.

- Oh, signor conte! - ella disse, con uno sbi­gottimento che le aggiungeva grazia - dice proprio davvero? Era Lei? Non vorrà darmela ad intendere? E perché non dirmi subito piuttosto che era Lei?

- Perché... Non posso per ora spiegarvelo. Ma vi ripeto che io sono quello e che vi amavo... e che vi amo...

- Ma è possibile?... oh, signor conte... non si fa beffe di me?... Mi perdoni, mi lasci andar via...

- Volete già lasciarmi, quando vi ho appena ritrovata, dopo tanti mesi di ricerche affannose?... ho mille cose da dirvi...

- Ci rivedremo, se vuole... oh mio Dio! ma ora debbo lasciarLa... Donn'Anna mi aspetta... mi ha mandata in guardaroba a riprendere la sua mantiglia… Ha voluto mettersi quel costume da giovinetta e ora ha freddo... Vado in guardaroba, signor conte, La rivedrò dopo... mi scusi...

- Ditemi almeno il vostro nome…

- Catalina, ai suoi servizi... Permette, signor conte, e con una riverenza, la giovane si allontanò in tutta fretta.

Egli rimase estatico a guardarla dietro, dicendosi che le convenienze gl'impedivano di seguirla in modo che poteva apparire importuno e compromet­tere il suo decoro agli occhi del mondo.

- Fatto ? - gli domandò una voce, a le spalle. Egli si volse: era il Maggiordomo.

- E' proprio lei! - gli rispose.

- E chi è?

Don Giovanni ricordò che essa aveva parlato di donn'Anna senza chiamarla "la mamma„ come egli si era aspettato.

- Una parente, forse una nipote della signora de Acuña. Si chiama Catalina. Si è ricordata del nostro primo incontro e dei miei versi.

- Siete sicuro che abbia una buona dote?

- Sicuro no, può darsi... Ma che m' importa? Se vedessi quanto è bella!

- Evvia! la bellezza è un punto di vista, filosofi­camente parlando, o meglio un pregiudizio geome­trico. Trattata nella sua funzione sociale, è un alimento alle voglie impudiche, escogitato dal demonio per far degenerare in vizio l'atto naturale della per­petuazione della specie.

- Tu mi annoi.

- Annoiatevi, ma ascoltatemi. Badate che se la parente o zia non la dota, rischiamo di formare una famiglia in cui non ci si ciberà che di chiaro di luna.

- Tu sai già che io mi sono prestato alle tue mene, spesso losche, appunto per ritrovare lei. Dopo, tutto deve cessare fra noi.

- Non avevate anche in programma di cercare i rami del vostro albero genealogico, sapere chi e dove fosse vostra madre ?

Don Giovanni, che si era avviato con lui verso le sale interne, restò colpito da queste parole.

- Hai ragione. Tu puoi ancora assistermi in que­sto. Te ne sarò sempre più grato...

- La gratitudine non è necessaria, e non è neppure umana. Piuttosto, noi convenimmo che voi avreste dato ascolto ai miei consigli...

Un servo, copia precisa di quell'altro che poco prima aveva dissetato il Maggiordomo, veniva in quel momento verso di loro.

-- Infatti, - rispose don Giovanni al suo fido socio, ristando dinanzi all’uomo porta-bicchieri - M'hai detto tante volte di bere e non t’ho dato retta. Stasera, però, è festa nuova per me, e voglio libare il mio primo bicchiere!

E preso dal vassoio del servo un piccolo calice pieno di liquido quasi nero, lo tracannò d'un fiato. Il suo compagno lo imitò, ma facendo una smorfia.

- Malaga: il vino dei novizi e dei profani. Bevetene pure dell'altro, padrone; per entrare in istato di grazia ne occorrono anche per un princi­piante parecchi bicchieri. Senza paura: è un vinello che non dà soddisfazione intellettuale; carezza, sì il ventricolo, come un velluto, ma non accende il cervello.

Mentre mandava giù il secondo bicchiere, don Giovanni scorse la sua Catalina, che passava a fianco di donn'Anna.

- Vattene! disse in fretta al Maggiordomo - Esse sono qui. Voglio provare a parlare subito con donn'Anna.

- Andate pure, ma attento ai mali passi. Io vi seguirò alla lontana.

Don Giovanni si fece incontro alle due donne, visibilmente commosso. Donn'Anna, scorgendolo, corse verso di lui con mossette vezzose da giovinetta.

- Oh, conte, la ritrovo! Speravo appunto pro­curarmi il piacere di stare un poco con Lei.

- Questo piacere - rispose egli con serietà quasi drammatica - io non voglio più indugiare procurarlo a me stesso.

- Oh oh! tubò la nobile dama.

La timida Catalina, ch'era rimasta indietro, at­tratta dallo sguardo del suo innamorato, ardì fare un passo avanti.

- Ricorda ella - riprese don Giovanni, con gli occhi fissi alla bella che stava proprio alle spalle della signora - un giorno dell'estate scorsa, quel piccolo albergo sulla strada fra Salamanca e Siviglia, ove sostò un giorno e una notte, in compagnia della signorina ?

- Sì, mi pare. - affermò donn'Anna, con sor­ridente e incoraggiante interesse.

- E ricorda di avervi incontrato un giovine in saio che più volte si fece trovare al vostro passaggio ?

Egli concluse come poc'anzi, dopo aver ripetuto quasi le stesse domande e averne ricevuto quasi le stesse risposte:

- Quel giovine ero io.

Donn'Anna s'illuminò ancor più in viso e stava per rispondere d'impeto; ma si dominò per volgersi dignitosamente alla fanciulla e dirle a mezza voce:

- Scostatevi, mia cara: non sta bene ascoltare le conversazioni altrui, quando non ci riguardano. La fanciulla, mortificata, si trasse indietro e donn'Anna volse di nuovo a don Giovanni una faccia irradiata dal più lusinghiero dei sorrisi.

- Diceva, conte?...

- Apprezzo la sua delicatezza d'avere allonta­nato la signorina. E' di lei che io debbo parlarle. Questo benedetto lei, così usato dagli spagnoli, col suo doppio significato, può far credere quel che si vuole.

- Oh sì, - esclamò, sulle soglie del languore, donn'Anna - dica pure.

- Da quel primo incontro, io l’amai.

- E perché non vi rivelaste subito? - chiese essa, con aria contrariata, passando al voi più con­fidenziale - Certo, sulle prime, mi avrete trovata un po' schiva. E poi, non vi conoscevo... Il torto, la­sciatevelo dire, caro, fu vostro di non esservi fatto ,conoscere...

Mentre parlavano così, in un angolo di una sala poco frequentata, una maschera passò lenta­mente presso di loro, una gitana vistosissima per gli abiti, per l’acconciatura del       capo sormontata da un'immensa pettinessa di tartaruga e rubini, per i ricchissimi gioielli che aveva al collo, al petto, alle braccia, alle dita e alle orecchie. Una mascheretta di velluto nero celava le sue sembianze: ma troppi indizi lasciavano intendere trattarsi di una giovane e forse bella creatura.

Essa guardò più volte con attenzione don Gio­vanni e donn'Anna che, infervorati nella loro con­versazione, non le badarono; e poi, con attenzione anche maggiore, guardò Catalina che neanche lei vi fece caso, intenta com'era a seguire con gli occhi e, per quanto poteva, con le orecchie il dialogo fra quei due.

- Da lei - spiegava don Giovanni - ho cercato farmi notare. Ma l’improvvisa partenza...

- Già, è vero. Non avrei mai pensato che in quel modestissimo posto potesse battere in quel momento un cuore come il vostro... Ma non è mai tardi per ritrovarsi. Dimentichiamo il tempo sciupato e parliamoci ora a cuore aperto.

- Oh sì, a cuore aperto! Io l’amo e voglio farla mia moglie.

- Magari, caro, ah, ah! ma non è possibile. Dimenticate che un marito c'è già?

- Un marito lei?

- Suvvia, non datemi ancora del lei.

- Oh, signora, io per lei ho il rispetto dovuto alla madre di chi si adora. Dicevo essa...

Donn'Anna cominciò rapidamente ad allibire.

- Madre? che madre?

- O zia; perdoni, non so ancora se Le sia figlia o nipote, o semplice parente... Faccio ugualmente appello al sentimento materno, che dev'essere na­turale nel suo cuore...

- Materno?... - ansimò donn' Anna, contorcendosi.

- ...perché non mi neghi la mano della signorina Catalina.

- Ma quella - articolò appena la signora Acuña, rimasta senza fiato - è la mia lettrice!

Un pugno sulla testa non avrebbe colpito più duramente il giovane innamorato.

- Lettrice?... una istitutrice ?

- Macché! - incrudelì ferocemente donn'Anna ripigliando gli spiriti - Una servetta, che ho favorito della mia benevolenza... peggio ancora, una ragazza di strada, portata su dalla mia pietà, e di cui non si conosce il padre e si sa appena la madre.

- Bastarda, come me ! – mormorò don Giovanni, fulminato.

- E ardite - esplose donn'Anna - intrattenermi in questo luogo onorando, dopo avermi perseguitata con le vostre lettere, compromettermi agli occhi del mondo, per le vostre invereconde mire...

- Ma . . . - tentò protestare il giovane.

- Tacete! ricorrerò al re per denunziare un indegno che usurpa la fama di gentiluomo, mentre è un satiro capace di ogni nequizia!

 

L'elegantissima dama in maschera da gitana, dal vano di una finestra seguiva attentamente la scena. La signorina Catalina, vedendo la sua padrona eccitata a quel punto, credé giusto accorrere verso di lei:

- Oh, cielo! che cos'ha, signora marchesa? La signora marchesa l'afferrò per un braccio, apostrofandola, furente:

- Questa è la gratitudine che mi dovreste! Per ora marciate con me a casa, cagnetta! faremo i conti!

Don Giovanni rimase solo un momento, immo­bile, senza più nulla vedere né udire, tra le rovine del suo sogno.

 

 

Cap. XX

Don Giovanni sconfessato da don Giovanni.

 

Il Maggiordomo, da lontano, aveva assistito alla scena in tre, e notata anche la misteriosa com­parsa mascherata; ma non aveva potuto cogliere le parole. L'agitazione mimica delle ultime battute lo impensierì.

- Andiamo subito a vedere quale altra topica mi ha combinato il mio sodale.

Giunse sul posto e trovò il giovane abbando­nato su un seggiolone, in atto di annichilimento, e la maschera che si allontanava rapidamente dopo avere gettato uno sguardo verso di lui.

- Quest'altra mi par di conoscerla. - pensò rapidamente il Maggiordomo; ma non ebbe tempo di approfondire il suo dubbio, perché lo stato di don Giovanni richiamò d'urgenza ogni sua attenzione.

- Beh, che succede ? Mentre io mi moltiplico per l’utilità vostra e mia, voi state lì come    uno straccio? Che cosa si dirà di noi?

- Non sai? - rispose il trasognato, con voce sorda - L'angelica visione, l’ideale...

- Ebbene?

- …non è che una serva.

I1 Maggiordomo accusò un colpo superiore quello che non c'era da attendersi da lui.

- Per Dio ! - esclamò serio, battendosi una palmata sulla fronte - Giustifico il vostro... la vo­stra... Sì, non si poteva dar di peggio! Ma rimedieremo, suvvia! Per ora vi prego ricordare che qui siete la persona più importante. Guai, a cadere nel ridicolo! Val meglio un masnadiere, un boia, magari uno strozzino che un povero allocco.

Rispose dietro di lui una voce severa:

- Il signor conte non beve ?

Si volse e si trovò di fronte un servo, altissimo e magro, che coi vassoio che reggeva sulle braccia formava una croce. E il vassoio era pieno di bicchieri colmi d'un liquido color d'oro, che spandeva un profumo intenso fino a tre passi di distanza.

- Ma questo odore - esclamò il Maggiordomo con un sorriso ispirato, dimenticando il dramma di poc'anzi - non può essere che di Xeres...

- ...de 1a Frontera, - prosegui il servo severis­simo - genuino ! Tre anni di cantina e tre ore d'infrescatura sotto neve indurita della Sierra Morena.

- I1 mio vino... - proruppe il Maggiordomo - Il nèttare per cui rinnego anche il latte che succhiai, bambinello, dal seno materno! A noi, mio signore, accendete voi pure il vostro cuore a questa liquida fiamma!

Tolse un bicchiere per sé, un altro porse al pa­drone che lo prese macchinalmente e lo bevve in una sola sorsata. La croce uomo-vassoio restava immobile dinanzi a loro, come un simbolo. Il Maggiordomo prese due secondi bicchieri che finirono come i primi, e continuò a commentare:

- Oh! finalmente ho la soddisfazione di vedere anche voi libare il liquore che ci dà quel che vo­gliamo, l’elisire che ha sapore d'eternità! Rimedio sovrano poi nei casi di cameriere, serve et similia.

Terzo bicchiere. Don Giovanni, bevuto, disse:

- Ed anch'essa è una bastarda... o una tro­vatella... non so...

- La vostra carriera si svolge fra perdute e trovate. Cominciò con Estrella, culmina con Rosario e con quest'altra. Il guaio, però, nel mondo è che le trovatelle si perdono con relativa facilità, mentre le perdute si trovano in meno d'un niente.

Dopo il quarto bicchiere, cioè otto in tutto, l’impassibile uomo-croce si ritirò dignitosamente.

- Siamo tutti fratelli e sorelle - disse, in tono vago, don Giovanni - noi creature abbandonate, non è vero?

- Che diamine vi salta in mente? - protestò l'uomo di lettere e filosofia allarmato da quel tono, più che dalle parole - Finitela! Non vi permetto d'esser triste. Dobbiamo fare buona figura: qui si decidono le nostre sorti.

Don Giovanni si scosse e si alzò.

- Hai ragione. Vedrai: sarò un don Giovanni perfetto.

Un'eccitazione nuova lo rendeva a poco a poco più leggero: gli pareva anzi di diventare trasparente. Effetto, spieghiamo noi, del vino insolitamente bevuto; ma non del vino soltanto - le recenti emo­zioni avevano prodotto una scossa che cominciava a provocare la sua reazione. I1 suo socio gli lesse in faccia qualche cosa che non mancò d'impensierirlo.

- Badate, però, a moderarvi, - lo ammonì piano, mentre si vedevano varii invitati venire verso di loro. - Io starò presso di voi a sorvegliarvi, e vi tirerò per la falda dell' abito per farvi correggere, se scapperà detto qualcosa di grosso.

La prima a presentarsi, quasi di corsa, fu donna Teresa-Diana, sola, ilare ed invitante.

- Don Giovanni, oh, vi ritrovo! Tanta gente domanda di voi. Perché avete lasciato la festa? Udite: l’orchestra attacca il nostro bolero. Vogliamo danzare anche noi ?

- E perché no ? - rispose egli, gentilissimo, ma assai serio; e si volse al suo compagno, con aria ispirata, come se ripetesse quel che sentiva da una voce dentro di sé - Maggiordomo, quello che m'hai detto è vero. Sento qualcosa di nuovo in me, qualcosa che mi stacca dalla terra... Signora, voi danzerete non più con un uomo, ma con un puro e leggero spirito.

- Oh ! - esclamò donna Teresa con irrefrenabile slancio - Voi siete tanto diverso da tutti gli altri uomini!...

Purtroppo, però, Giove ha la facoltà di apparire ovunque la maestà dell'Olimpo corra qualche peri­colo; ed egli piombò fra i due, armato dei suoi fulmini, in una nuvola d'indignazione.

- Signora, - ruggì sommessamente all'orecchio di donna Teresa - quel che fate è indegno!

Ma una metamorfosi inaspettata si operò nelle maniere della moglie, fino a mezz'ora prima così docile e sottomessa.

- Finiamola ! - proruppe - Io sono nata per ballare bolero, cachuca, gallegado, e se mi tormen­tate anche il più indiavolato fandango!

- Voto à Dios! - ruggì a mezza voce, ma im­pressionato, don Manuel - e osate osare?

Si volse a don Giovanni per dirgli molto di­gnitosamente:

- Signore, voi siete motivo di scandalo per mia famiglia...

- Di scandalo? Io non vedo... - rispose il calmo eroe - Ah, forse mi credete un vostro figlio?

Don Manuel spalancò dapprima un paio d'occhi stupefatti; poi si mise a battere le ciglia abbarbagliato.

- Che c'entra? - belò.

- E allora?

- Vi pare corretto eccitare al ballo una dama?

E il calmo eroe :

- Volete che ci battiamo?

- Non è il caso. Mi meraviglia soltanto che gentiluomo...

Don Giovanni incalzò:

- Quella signora non vi ama? Ha ragione.

- Signore ! protestò Giove furibondo.

- Quanto a me non 1' amo, vi giuro, e neppure piace.

- Non vi piace? - protestò ancora il marito, diventando convulso - Ma voi siete cieco! Essa è una donna perfetta!

- Volete che ci battiamo per la sua perfezione ?

Don Manuel si calmò, si fece quasi gentile.

- Signore, è chiaro che i troppi rinfreschi vi hanno messo di buon umore. Preferisco lasciarvi in pace…

Perché - insistette don Giovanni, sempre sua sostenuta amabilità, ponendoglisi dinanzi per non lasciarlo sfuggire - Non è forse ele­gante battersi per una dama dell'élite? Niente di più fine di un duello fra i due termini maschili: amante e marito. Voi sapete già, non è vero? Che in amore è questa la doppia faccia dell'uomo, appena esce dall’adolescenza: amante, a spese dei mariti; marito, per lo spasso degli amanti...

II Maggiordomo stava per tirarlo per la falda; nonv lo fece perché don Manuel non lo ascoltava più; senza neppure coprirsi di nubi, come soleva il dio ch’egli in quel momento incarnava, riuscì con una conversione a sinistra a cacciarsi in un crocchio di maschere mascoline (amanti e mariti insieme allegramente confusi) che passavano presso di essi, e a farsi trascinare più in là.

Poco dopo un altro crocchio, femminile però, e di cui quindi sarebbe indiscreto definire la condi­zione pubblica o privata, accerchiò don Giovanni e lo assalì con un nembo di graziose frecce verbali:

- Possiamo averLa un momento per noi, don Giovanni?

- Perché, signor conte, non viene di là, nelle sale da ballo ?

- Perché, non ci dice qualche cosa di gentile? - Gentile? - fece lui gravemente - è difficile. Dire ad una donna, per esempio, che è bella, è già come un invito all'amore. Ma può, l’uomo che dice questa frase gentile, esser sicuro che quella donna non sia una sua sorella?

- Sì, certo; - osservò ridendo una delle dame - in Adamo ed Eva.

Don Giovanni la guardò fissamente, quasi per esaminarla.

- Sapete voi dirmi - chiese - se vostra madre non ebbe un amante?

- Oh! fece la signora, con aria offesa.

Questa volta il Maggiordomo riuscì a dare una scrollatina alla falda dell'abito del suo padrone. Un cavaliere si avanzò per far sentire all' eroe risentimento degli astanti.

- Ma signor conte! ! !

E don Giovanni, sempre pacato, ma con una fermezza che non mancava d'impressionare:

- Che avete? Non è forse facile a un uomo galante avere, per esempio da una zitella un figlio e da una sposa altrui una figlia? E non è naturale che questi due rampolli, benché divisi da levante a ponente, e malgrado lo stato civile, siano fratello e sorella?

E un altro cavaliere, allarmato da quello che udiva:

- Ma simili discorsi a signore e signori quali siamo, sono immorali...

Don Giovanni, per volgersi verso il nuovo interlocutore, barcollò, ma mantenne il suo fare tranquillo.

- Che male c'è? Vi ripugnano le parole più del fatto?... E non può darsi che sui sentieri del mondo questa prole - diversa e affine, data alla ruota cresciuta in due usurpati nidi, s'incontri e s'ami come gli adulteri genitori ?

Tutti lo ascoltavano allibiti. Il Maggiordomo dopo averlo tirato più volte disperatamente per la giubba credette bene rinforzare l’avvertimento di­cendogli piano:

- E tacete dunque, idiota!

- Ma - concluse don Giovanni animandosi, secondo questo mariuolo di buon senso che mi sta dietro dovrei dire che il vizio è grazia, che il fango azzurro!...

A1 maggiordomo scappò la pazienza:

- Insomma ha smarrito il giudizio! Ricordi che Lei è don Giovanni!

Anche don Giovanni perdette la calma e lo si udì prorompere in parole più gravi:

- Sì sono don Giovanni, ma figlio di don Gio­vanni. Sono don Giovanni secondo. Anzi sono sem­pre quello: e ho mille anni, benché mi vediate giovane. Chissà che non abbia l’età del mondo e che non mi sia riprodotto cento volte! Ed ho visto attorno a me turbinare l’amore dei due sessi, il cieco, il corrotto amore che non vede oltre lo spazio fra due bocche avide, che ha l’avvenire di un'ora…

Cavalieri e servi scalmanati accorrevano intanto dalle altre sale.

- Silenzio! Il Governatore fa domandare mette così a soqquadro la festa…!

- Mandiamolo via! - Castighiamolo!

In dieci o quindici si fecero minacciosi contro don Giovanni, che al colmo dell'esaltazione, cavò la spada e cominciò a rotearla, concludendo il suo dire:

- …ed ho schifo del vostro amore!

I1 Maggiordomo che gli stava tuttora alle spalle cinse fra le sue braccia e lo sollevò per portarlo via. Ma è probabile che non vi sarebbe riuscito senza l’intervento di un inatteso alleato, anzi di un'alleata: la dama in costume da gitana, che si slanciò innanzi al giovane furibondo, facendogli scu­do di se stessa. Alzò una mano per fermare gli assalitori, mentre con l'altra si toglieva la maschera dal viso.

- Signori, - gridò - lo scherzo è finito. Ognuno fa la mascherata che può. Siamo noi, io e lui, che abbiamo ideato la più originale: don Giovanni sconfessato da don Giovanni. Se non vi abbiamo divertito anche stasera, come vi divertiamo il resto dell'anno, scusateci. Buona notte e grazie.

Tutti rimasero impietriti: nella gitana avevano riconosciuto Estrella di Siviglia!

- Che deliziosa creatura ! - pensarono gli uomini.

- Che scandalo ! - si dissero le dame - una cortigiana fra le signore per bene !

 

 
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