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Luglio 1999SommarioAnno 1  - Numero 4

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IMMORTAL          At the heart of winter 
(Osmose, distribuito da Audioglobe) 

Cover del cdSono sicuro che se non fosse per qualche ottimo gruppo come gli Immortal la Osmose sarebbe fallita da un pezzo, vista la moltitudine di gruppi mediocri che questa label si ostina a mettere sul mercato; finalmente esce questo nuovo album della band norvegese, degno, dopo due lavori mediocri, del nome che il gruppo porta. 
Per chi non lo sapesse, inizierei col dire che gli Immortal sono ormai una two-man-band; troviamo Abbath infatti che suona tutti gli strumenti tranne la batteria (chitarra, basso e sinth); quest’ultima è affidata al bravissimo drummer Horgh. 
Come molti di voi sapranno Daemonoz ha dovuto lasciare il gruppo per dei gravi problemi alla mobilità delle dita di una mano, tuttavia spiritualmente fa ancora parte del combo, tant’è vero che tutti i testi sono stati scritti di suo pugno, inoltre l’ex guitarist ne cura anche il management. 
E’ opportuno dire che i vecchi fans prima di comprare il disco dovrebbero ascoltarlo in quanto i nostri hanno apportato vistosi cambiamenti al loro sound; per intenderci scordatevi la feroce brutalità degli esordi, sacrificata per un impatto più tecnico e ragionato, ma fortunatamente che non manca di una certa potenza, valorizzata dalla produzione di Peter IAGTREN degli Abyss Studios, dove è stato registrato l’album. 
Comunque malgrado la maggior parte del riffing non orientato verso canoni classic heavy metal, ma anche trash sempre di black metal si tratta e a ricordarcelo è la gutturale e distruttiva voce di Abbath che, sebbene non sia proprio il mio singer preferito, si fa onore per tutti i 46 minuti di durata del disco, nei quali sono diluiti solo 6 brani, che però sono molto vari al loro interno e ricchi di momenti atmosferici con soventi arpeggi (si! Avete letto bene, arpeggi in un disco degli Immortal!!) che non annoieranno l’ascoltatore. 
I brani migliori sono senza dubbio “Withstand the fall of time”, il primo, che si presenta all’udito con l’ottimo e aggressivo drum – working ma se dovessi scegliere un pezzo per rappresentare l’album, prenderei sicuramente la title – track, fredda come un blocco di ghiaccio delle terre del nord, capace di portare chi ascolta, come dice il titolo stesso di questo ottimo capitolo dello storico black metal act norvegese, “presso il cuore dell’inverno”. 
In un periodo come questo, nel quale le uscite valide nel panorama nero si possono contare sulle dita di una mano, questo disco potrebbe essere come un’oasi nel deserto. 
E’ giunto il momento di estrarre il portafoglio, Kids! 
 

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