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 ETTORE  MUTI     

di Enrico Mancini

 
“Dobbiamo adottare dinanzi all'intera vita, in ciascuna delle nostre azioni un'attitudine umana, profonda e completa. Questa attitudine è il senso del dovere, del sacrificio; il senso ascetico e militare della vita.”

José Antonio Primo de Rivera

 

Prefazione
I primi anni - In fuga verso il fronte
La questione di Fiume
La guerra d'Etiopia
Legionario di Spagna
Dalla segreteria del P.N.F. ai primi anni di guerra
Verso la fine - parte I
Verso la fine - parte II

 
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Legionario di Spagna

La rivoluzione comunista in Spagna, culminata con la vittoria elettorale del 1936, aveva portato il paese a vivere nel caos e nel terrore. L'obiettivo comunista, deciso dal Komintern, era quello di giungere alla dittatura del proletariato abbattendo tutto ciò che si fosse incontrato di spagnolo, in nome dell'internazionalismo. E quando il generale Franco ed i suoi compagni inizieranno a dar vita alla controrivoluzione raccogliendo quanto seminato dal fondatore della Nuova Falange José Primo de Rivera, Ettore Muti non mancò all'appuntamento.
Questo è senz'altro il periodo più glorioso della sua vita; qui esploderà con tutta la sua personalità, in una guerra che per gli Italiani non aveva significato territoriale, bensì un significato etico fondato sui concetti di civiltà, libertà, giustizia. Fu grazie agli aviatori italiani ed ai pochi piloti spagnoli che l'esercito di Franco riuscì a passare il tratto di mare fra il Marocco e la Spagna. L'impresa non fu agevole, perché la flotta navale era rimasta fedele al governo.
Nell'agosto del 1936 i ricognitori legionari avvistarono nel porto di Huelva un incrociatore rosso, il Cervantes. L'equipaggio se n'era impadronito sobillato da infiltrati bolscevichi, trucidando gli ufficiali; ed ora andava compiendo atti di pirateria. Appena Muti ebbe notizia di quella nave, preparò il suo aereo e decollò prima di ricevere richiesta di intervento. Giunto sull'obiettivo, vi si avventò subito contro, colpendolo con una prima grossa bomba. Non essendo stato sufficiente, ritornò sull'obiettivo, si abbassò al massimo, affrontò la rabbiosa reazione della contraerea che sparava all'impazzata bucando l'aereo da tutte le parti; finalmente, sceso sotto i 200 metri, sganciò la bomba fatale e col pensiero ricordò gli ufficiali barbaramente trucidati. L'ultima esplosione fu così forte che l'apparecchio di Muti perse quota fino a sfiorare l'acqua; miracolosamente riuscì a riprendere quota.
Muti era ovunque; ovunque vi fosse bisogno di appoggiare operazione terrestri, come a Gerana, Sagunto, Barcellona; ovunque vi fosse bisogno di bombardare depositi, da spezzonare le truppe. I cieli di Teruel, di Tortosa, di Valencia, dell'Ebro, di Bilbao e della Catalogna, lo videro affrontare le prove più ardue con coraggio e sprezzo del pericolo. Il suo petto andava arricchendosi di nastrini azzurri e di promozioni. Da ricordare sono sicuramente i dieci bombardamenti di Oviedo, dove Muti giunse dopo aver attraversato la Sierra Nevada innevata col solo ausilio delle carte Michelin per automobilisti.
Muti considerava normale confrontarsi contro forze superiori; così saprà giganteggiare nell'epica lotta nel cielo di Alcaniz contro 18 caccia avversari, di cui alcuni da lui abbattuti e gli altri messi in fuga. Dell'impresa di Sastago dell'11 ottobre 1937, abbiamo un laconico rapporto militare: “Dopo circa cento km di percorso in territorio nemico, compiuto per usufruire di una direzione favorevole all'attacco, il maggiore Ettore Muti veniva assalito sul fianco sinistro da una formazione di 12 caccia nemici. Sotto le raffiche delle mitragliatrici egli continuava a dirigersi con piena regolarità sull'obiettivo, ove si urtava anche con una violenta reazione contraerea che colpiva il suo motore sinistro obbligando l'apparecchio a rimanere indietro dal resto della pattuglia. Sganciato il suo carico d'esplosivo, l'S. 79 rimaneva isolato, unico bersaglio dell'intera formazione avversaria. Con calma esemplare, Muti, comandante dell' apparecchio, resosi conto serenamente della critica situazione, iniziava una serie di manovre atte a consentire alla difesa di bordo la maggiore efficacia di tiro e a rendere difficili le manovre del nemico per effettuare a sua volta un tiro efficace…”
Soprattutto da questa azione scaturì la proposta per la concessione della medaglia d'oro al valor militare. E fu lo stesso Duce a voler appuntare l'alta decorazione sul petto dell'eroe.
Muti era diventato popolarissimo. Il suo nome veniva pronunciato come quello di un eroe.
I vapori della benzina che spesso era fuoriuscita dai serbatoi per le numerose forature subite dal suo apparecchio durante le missioni gli avevano indebolito la vista. Gli fu proibito di volare. Ma non poteva restare a guardare. Entrerà a Madrid al comando di un reparto corazzato del Tercio.