Home

Presentazione

 

1 L’ambiente geografico e storico

Breve cenno storico: il 1800
Al centro di una struttura feudale
La situazione italiana

A cavallo del secolo

 

2 Risalire alle origini

La dinastia dei Tolo
Ricerca Araldica

Don Monserrato Tolo
Riferimenti storici

 

3 La Famiglia Calamida

Alberto CALAMIDA
Raffaele CALAMIDA

Salvatore CALAMIDA

Efisia CALAMIDA

Oliena 31 Gennaio 1898

Discendenza Alberto CALAMIDA

 

4 La Famiglia Fel e

La Famiglia Fele

Francesco Fele

Discendenza Francesco FELE

 

5 Le poesie di Francesco

Le poesie

TRIPOLI

 

6 Idee Sparse

Dal Diario

30 Settembre 1923

4 Novembre 1923

2 Ottobre 1930

 

7 Archivio fotografico

Archivio fotografico

 

8 Conclusioni

Conclusioni

Bibliografia

Indice delle fotografie

Indice generale

5 Le Poesie di Francesco

Tripoli

 

Anno 1911. Una volta intrapresa la guerra per la conquista della Libia, le operazioni belliche si rivelano più difficili del previsto, poiché l’Italia deve affrontare la resistenza delle popolazioni arabe, che si alleano alle truppe regolari turche per respingere l’invasore. Il 29 settembre l’Italia dichiara guerra alla Turchia. Il contingente italiano non è preparato ad affrontare la guerriglia in un territorio sconosciuto e si abbandona ad atti di violenza indiscriminati contro le popolazioni locali.

Forse, quando Francesco scrisse i versi che seguono, non si conosceva in patria la reale situazione. Supponiamo che essi esprimono con un pizzico di romanticismo quello che era il pensiero delle masse: inorgoglite, all’epoca, da una politica coloniale che sembrava volesse portare ricchezza, grandezza all’Italia e “civiltà” presso popolazioni africane, considerate “barbare e incivili”, forse solo perché musulmane.

 

  

TRIPOLI

 

Che fu? Che avvenne? Il mondo stupefatto

Guarda a noi, figli de la terza Roma,

che in un gesto viril la bella chioma

oggi scotiamo. Al Turco esterrefatto

la fè vacilla in petto.

 

Bando a gl’indugi! Il tricolor vessillo

Sventoli pur nel mar che nostro è ancora,

oggi che omai scoccata è l’ultim’ora

del barbaro fanatico, e lo squillo

le trombe hanno già dato.

 

Scolpite in core a noi le antiche glorie

Che ci danno la fibra adamantina

Nel mondo intiero la virtù latina,

vogliamo perpetuata e le memorie,

e il mondo vede e ammira.

 

Ammira, incita, e noi, fidente, aspetta

A la grand’opra che la luce effonde;

mentre il barbaro fugge e si nasconde

abbandonando l’ultima vedetta,

e il sole splende, avanza!

 

O eroi del riscatto, o spiriti austeri

Dei martiri, sorgete! Ecco i sognati

Figli vostri, eroi pure, alto levati

Che si fan di progresso cavalieri.

Gioite, inorgoglite!

 

Son questi i figli che sognaste quando

Sereni in viso i palchi de la morte

Ascendevate; quando le ritorte

De l’opressore spregiavate, o in bando

Volontario andavate

 

Col nome de l’Italia impresso in core

Per sottrarla dal giogo empio e crudele

Del barbaro straniero. Essi or le vele

Spiegano verso i lidi de l’onore

Per far la patria grande.

 

Essi vanno a strappare al mussulmano

Ignavo un lembo di ferace terra

Da lui negletta sempre, e indico a guerra.

Invano il Turco a lor s’oppose, invano!

Fatale è la sconfitta.

 

E questa terra dal valor redenta

Patrimonio civil sarà poi resa

Con l’opra industre e saggia. Oh, degna impresa!

E il Turco che or protesta e opporsi tenta

Parte avrà nel banchetto.

 

In non lontano di novella vita

Fermenterà le or zolle infeconde;

di fior soavi e tenerelle fronde

s’adornerà, dal vomere ferita

la terra liberata.

 

La forte fibra dei coloni esperti

Che qui verranno in lunga e folta schiera

Quasi fosse perpetua primavera

Educherà giardini nei deserti;

e quelli saran nostri.

 

E tra le biade ondeggianti al sole;

e dai colli di pampini festanti

si leveranno gl’inni giubilanti

de la novella gente, il crin di viole

adorna, e rose in fronte.

 

E canterà le gloriose gesta

Dicendo: - salve, salve, o patria bella,

che conducesti qui l’itala stella.

Grati a te, o Madre, in lieta e genial festa

Giulivi a te libiamo.

 

Il Sol, l’eterno sole, te saluti

Sempre più bella. Più forte, più grande,

faro potente che sua luce spande

ai popoli de l’orbe, intenti e muti

la tua forza ammirando.

 

Forza che eleva, forza che redime

In un impeto ardente e terre e genti.

Evviva, osanna agl’itali ardimenti,

a la forza che innalza e non opprime

vero civil vessillo. –

 

 

Nuoro, 5 ottobre 1911

Francesco Fele