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1 L’ambiente geografico e storico Breve
cenno storico: il 1800
La
dinastia dei Tolo Don
Monserrato Tolo
Alberto
CALAMIDA
Conclusioni Bibliografia
Indice
delle fotografie
Indice
generale
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6 Idee Sparse4 Novembre 1923
“Episodi
della vita. - Proprio l’anno passato, e precisamente il 2 Novembre 1922, il
mio figlio Antonino rimase vittima
di un accidente, ad opera di un compagno: accidente gravissimo che costò la
perdita, forse per tutta la vita, della facoltà visiva all’occhio destro, per
la puntura accidentale di un pennino. Fu
sottoposto subito alla cura di un oculista di Nuoro, ma la
ferita, pur troppo ! era tanto grave, che non fu possibile ottenere la
guarigione. Il globo dell’occhio è rimasto
salvo; ma la facoltà visiva è andata perduta. Ebbene. La speranza è
l’ultima dea. Essa, per profani come noi, ci ha sempre sorriso, nel senso che
forse si poteva rimediare ancora qualche cosa, assoggettando il ragazzo ad una
operazione chirurgica eseguita nella clinica oculistica del maggiore specialista
residente a Roma: il prof. Cirincione.
Questo
sagrificio s’impose ineluttabilmente e si attese il momento propizio per
condurre a Roma il ragazzo: dico si attese il momento propizio perchè ci fu
detto che pur essendo fattibile una operazione chirurgica, questa poteva dilazionarsi senza danno, anche di parecchi
mesi . Così fu che noi ci decidemmo al
viaggio agli ultimi dello scorso mese di ottobre. Si partì da Oliena la sera
del 26 ottobre (Venerdì), con l’idea di prendere il 1° treno del giorno
successivo (Sabato 27), e con la
speranza anche che si sarebbe potuta avere la riduzione del viaggio per le feste
dell’anniversario dell’avvento del fascismo al potere e per la celebrazione
dell’anniversario della vittoria (4 novembre). A Nuoro non ci fu possibile
ottenere il viaggio con riduzione, e si prese allora, l’automobile per
Terranova (*1
) nella speranza che, almeno là, si fosse potuta ottenere; ma pur troppo
anche qui nulla si è potuto fare, forse perchè non si seppe chiedere. Ma
disinteressiamoci di questo
che è episodio secondario. Il
tragitto, lunghissimo, con l’automobile, non fu molto felice, per la ressa ininterrotta dei passeggeri che scendevano e salivano
nelle varie fermate, con bagagli voluminosi che ingombravano la vettura e
ci costringevano, spesso, a rimanere pigiati come acciughe. Si arrivava, come
Dio voleva, a Terranova, a notte inoltrata, quando non vi era più tempo di
cercare amici convenuti
per poter tentare la soluzione del viaggio con riduzione, fatto sta che
si dovette viaggiare a tariffa
normale, pagando per seconda, non so bene se quarantasei o quarantasette lire a
testa. La
traversata fu ottima. Io che mi preoccupavo specialmente per il ragazzo, perchè
temevo che potesse soffrire il mal di mare, soffrii invece più del ragazzo,
perchè mentre egli si addormentò tranquillamente, io non conciliai sonno per
l’intera notte. (Si sbarcò felicemente a Civitavecchia e si proseguì per
Roma su uno scompartimento di seconda classe; questa volta (finalmente
!) con la riduzione. Si arrivava così verso le undici, in compagnia di un amico Nuorese che ci fece trovare alloggio in una casa privata impegnando una stanza per tutti e tre, al prezzo giornaliero di £ 7 per persona. Io rimasi, francamente, un po smontato, perchè dall’altra volta che stetti a Roma (nel Dicembre del 1900), trovai la città trasformatissima. …continua
>>>
Foto
25, 26, 27 - Così appariva il porto di Civitavecchia e la città
negli anni venti.
La prima preoccupazione, appena arrivati, è stata quella di andare a trovare, all’ospedale Celio, il mio figlio Alberto, colà militare, all’ufficio maggiorità. Io arrivai al portone dell’ospedale poco prima di mezzodì. Il caporale che era al portone non ci seppe dire se Alberto era uscito o no. Alle 12 precise ci si lasciò libero transito per salire su all’ufficio. Fummo fortunati in quanto Alberto era ancora nell’ufficio. Fu, per lui e per noi, all’incontrarci così all’improvviso, un momento di estrema commozione. Ci precipitammo l’uno in braccia dell’altro. Dopo
le reciproche notizie si pensa ad uscire; ed Albertino difatti, dopo circa
mezz’ora fu con noi. Quella sera si girò per Roma, a piedi e in tram. Non era
possibile, per quella sera (era Domenica) pensare ad altro, tanto più che era
mia intenzione di farmi accompagnare al
professore da un amico che avrei dovuto trovare l’indomani. Il
giorno dopo, infatti, trovammo l’amico, che si invitò di ajutarci, dandoci
l’appuntamento per l’indomani ad una data ora.
Cercai l’amico, per un equivoco sull’orario non ci trovammo ed allora
si fissò il nuovo appuntamento per l’indomani, questa volta con successo. Il
prof. Cirincione visitava il ragazzo, ma giudicò, pel
momento, inopportuna l’operazione, rilasciandomi il suo parere scritto.
A questo punto era cessato lo scopo della gita a Roma. Si approfittò, per
altro, dell’occasione per fare,
di Roma, una breve visita a volo
d’uccello perchè non era possibile fare di più; e così si potè vedere ,
successivamente, Santa Maria
Maggiore, S.Giovanni Laterano, il Colosseo, il foro romano, il Campidoglio, il
monumento a Vittorio Emanuele, il Palazzo di Giustizia, il Quirinale,
la chiesa della Trinità dei Monti,
il Pincio, il giardino zoologico, i ponti sul Tevere, Castel
Sant’Angelo, San Paolo fuori Mura,
il Gianicolo, la fontana Paolina, la chiesa di
Sant’Onofrio e la Quercia del Tasso, ecc. non che le principali vie e
piazze della città eterna: il tutto però come ho detto, a volo d’uccello,
come ce lo ha consentito il breve periodo di cinque giorni di permanenza. Degna
però di apposita menzione è stata la giornata del 3, nella quale si assistette
alla sfilata delle squadre fasciste convenute da tutte le regioni d’Italia;
sfilata che durò per circa quattro ore, durante le quali stormi di aeroplani, e
parecchi dirigibili, volarono per
il cielo di Roma, librandosi a bassa quota. L’illuminazione
della piazza era addirittura fantasmagorica: due potenti riflettori mandavano
fasci di luce sul monumento a Vittorio Emanuele, che si erge maestoso di fronte
alla piazza. Si rimase delusi perchè si sperava che Mussolini parlasse; ma egli
non si fece vedere malgrado i battimani, i canti, e le grida della folla stipata
che lo reclamava con entusiasmo, freneticamente acclamando. …continua
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Dopo
aver assistito a questa festa grandiosa, era cessato del tutto, per noi, lo
scopo di restare a Roma e si pensò alla partenza. Si partì, infatti, la sera
di Venerdì 2 novembre, e si rientrò in famiglia il giorno successivo, Sabato,
verso le ore otto di sera, con cavalli che ci furono fatti trovare a Nuoro
all’arrivo del treno. Anche il viaggio di ritorno fu felice, Antonino anche al
ritorno, durante la traversata in mare, dormì tranquillamente per quasi tutta
la notte, mentre io vegliavo. Albertino, alla partenza, ci accompagnò fino al
vagone, donde ci separammo. Vi sarebbero ancora piccoli episodi da ricordare, ma
per brevità li ometto.” (Francesco
Fele, Idee Sparse, 4 Novembre 1923). Anche
se c’è una piccola confusione con le date,
(dice di ripartire per la famiglia il 2 novembre, venerdì, e di
assistere alla parata il giorno 3 - probabilmente la cerimonia fu svolta il
giorno 2, come si usò fare fino agli anni 80),
questo episodio, oltre l’evento in se stesso che si narra da solo ci
dice, a voler leggere bene, anche come all’epoca un viaggio da Nuoro a
“Terranova” fosse pieno di avventure. Le
prime autolinee furono istituite nel 1911. Col postale si impiegava tutto il
giorno (almeno otto ore). Il fondo stradale non era dei migliori e spesso i
passeggeri dovevano scendere ad aiutare il motore per superare le salite più
ripide. Ad
ogni sosta (faceva frequenti fermate) era quasi una festa, dove oltre ai bagagli
si intrecciavano i saluti, gli abbracci, gli arrivederci e gli addii.
Foto 30 – (Collezione E.Corda, Come eravamo): La corriera per Terranova L’itinerario
tra Nuoro e Terranova era attraverso: traversa di Oliena, traversa di Dorgali,
Galtellì, Traversa di Onifai, Orosei, Siniscola, Posada e San Teodoro. L’alternativa
cercata da Francesco era il treno. Nel nuorese le ferrovie attive nel periodo
erano quelle Nuoro-Macomer, Macomer-Bosa e Tirso-Ozieri-Chilivani ed erano a
scartamento ridotto. C’era poi l’unica linea nazionale
Cagliari-Sassari-Porto Torres. Macomer
diventò già in quel periodo il più grosso centro di smistamento dell’isola.
Insomma
il viaggio di ritorno, avvenuto in treno, fù per Francesco ed Antonino
certamente più tranquillo che all’andata (come fu per il tragitto
Nuoro-Oliena col cavallo, pur essendo dopo le otto di sera…!).
Foto 31 – (Collezione L.Ledda): La stazione di Bottida. Il terzo da destra è, probabilmente, Salvatore Calamida E’ interessante notare, comunque, che esistevano ancora anche le diligenze, con le quali si andò avanti per buona parte degli anni venti. (A proposito, pare che, anche se per tali mezzi ci si affidasse più al destino che ai cavalli, la posta arrivasse con sufficiente rapidità …!!!).
Foto 32 – (Collezione E.Corda , Come eravamo): Diligenza. Con
la diligenza si andò avanti
nel nuorese fino ai primi due decenni del ventesimo secolo STORIA
DI TERRANOVA Il
dominio romano dell’isola cominciò nell’anno 254 avanti Cristo, quando
Cornelio Scipione riportò una vittoria contro l’ammiraglio cartaginese
Annone. La dominazione terminò nel 460 d.C. ma non ci sono particolari notizie
pervenute di tale lungo periodo di dominazione. Le uniche insenature presenti
nella costa orientale della Sardegna sono situate nella parte settentrionale.
Principalmente fu questo il motivo per cui questa zona fu preferita dai romani
per gli sbarchi, nella parte dell’isola più vicina a Roma, e per construirvi
un porto (Portus Olbianus), per raccogliere il commercio con il continente
italiano. La
vasta insenatura che accoglie questo porto è limitata a nord dal Capo Figari ed
a sud da Capo Coda Cavallo e si divide in due golfi, quello degli Aranci e
quello di Terranova. Il
secondo si prestò subito ad accogliere navi di piccola portata.
All’imboccatura si trovano numerose isole: le due più grandi si chiamano
Tavolara e Molara; le due minori, Pagliosa e Cavalli, confluiscono verso la
costa al porto San Paolo. Olbia,
prima di essere chiamata Terranova, in origine si chiamò Fausania, e poi
Civita. Nel 1862 fu aggiunto a Terranova, per deliberazione del Consiglio
Comunale, l’attributo di Pausania, che però non trova un corretto significato
storico; infatti dovrebbe chiamarsi Terranova di Gallura, o meglio Terranova Fausania.
Il nome Pausania ricorda, senza nesso storico, il reggente di Sparta che
guidò la flotta greca alla conquista di Bisanzio (477 a.C.), ed uno storico e
geografo greco del 2° secolo, autore di una Periegesi della Grecia in 10 libri,
entrambi avulsi ed estranei completamente alla storia di Terranova. Cambiando
il nome di Civita in quello di Terranova, cambiò la fortuna di questa città,
un tempo così potente e ricca; Terranova diventò villaggio senza importanza, e
Tempio diventò città ed ebbe in sua vece la Sede Episcopale. Fu nell’anno
1506 che il vescovado di Civita fu riunito a quello di Ampurias, ed il vescovo
cessò quindi di risiedervi. (Bolla di Papa Giulio II del 3 giugno 1506) FAUSANO: Verso
la metà del sesto secolo i Vandali estesero le loro incursioni e devastazioni
anche sull’isola sarda. Sbarcarono a Olbia provenienti dal continente
italiano, che avevano già ampiamente svaligiato, e vi trovarono un altro
territorio da devastare. Vennero rasi al suolo i monumenti e le case vennero
occupate. Tutto continuò con barbarie fino al termine delle provviste. Quando
non vi rimase più nulla su cui far bottino, i vandali si mossero: alcuni
lasciarono l’isola, altri si inoltrarono all’interno. Fu
quella l’occasione in cui un valoroso cittadino, Fausano, si diede pensiero di
risollevare la sua patria. Egli aveva ereditato dalla cultura romana l’abilità
e la sicurezza in se stessi. Rinnovò il governo, richiamò gli esuli, diresse i
lavori per la ricostruzione riutilizzando i resti degli edifici distrutti. In
meno di dieci anni, Olbia risorse e la popolazione, estremamente grata
all’uomo che rese possibile tale rinascita, con un plebiscito unanime cambiò
l’antico nome di Olbia con quello di Fausania.
*1 Olbia (SS), fino al 1939 si chiamò Terranova Pausania. (Vedi riquadro in coda al capitolo, Storia di Terranova). *2 (nda) Parole realmente cancellate sul documento originale. E’ interessante tale cancellatura: un ripensamento sulla volontà di raccontare l’accaduto? Dalle immagini di Alinari (foto 29a e 29b), riprese proprio il giorno della parata, non si evincono elementi che possono confermare una simile esibizione. Forse fuochi d’artificio, forse una vera spettacolare dimostrazione bellica. Difficile saperlo.
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