Home

Presentazione

 

1 L’ambiente geografico e storico

Breve cenno storico: il 1800
Al centro di una struttura feudale
La situazione italiana

A cavallo del secolo

 

2 Risalire alle origini

La dinastia dei Tolo
Ricerca Araldica

Don Monserrato Tolo
Riferimenti storici

 

3 La Famiglia Calamida

Alberto CALAMIDA
Raffaele CALAMIDA

Salvatore CALAMIDA

Efisia CALAMIDA

Oliena 31 Gennaio 1898

Discendenza Alberto CALAMIDA

 

4 La Famiglia Fel e

La Famiglia Fele

Francesco Fele

Discendenza Francesco FELE

 

5 Le poesie di Francesco

Le poesie

TRIPOLI

 

6 Idee Sparse

Dal Diario

30 Settembre 1923

4 Novembre 1923

2 Ottobre 1930

 

7 Archivio fotografico

Archivio fotografico

 

8 Conclusioni

Conclusioni

Bibliografia

Indice delle fotografie

Indice generale

 

6 Idee Sparse

4 Novembre 1923

 

 

“Episodi della vita. - Proprio l’anno passato, e precisamente il 2 Novembre 1922, il mio figlio Antonino  rimase vittima di un accidente, ad opera di un compagno: accidente gravissimo che costò la perdita, forse per tutta la vita, della facoltà visiva all’occhio destro, per la puntura accidentale di un pennino.  Fu sottoposto subito alla cura di un oculista  di Nuoro,  ma la ferita, pur troppo ! era tanto grave, che non fu possibile ottenere la guarigione. Il globo dell’occhio è  rimasto salvo; ma la facoltà visiva è andata perduta. Ebbene. La speranza è l’ultima dea. Essa, per profani come noi, ci ha sempre sorriso, nel senso che forse si poteva rimediare ancora qualche cosa, assoggettando il ragazzo ad una operazione chirurgica eseguita nella clinica oculistica del maggiore specialista residente a Roma: il prof. Cirincione. 

 

 

Foto 28 (Collezione L.Ledda):

Alberto Fele

Foto 24 – (Collezione L.Ledda): Antonino Fele

 

 

Questo sagrificio s’impose ineluttabilmente e si attese il momento propizio per condurre a Roma il ragazzo: dico si attese il momento propizio perchè ci fu detto che pur essendo fattibile una operazione chirurgica, questa poteva  dilazionarsi senza danno, anche di parecchi  mesi . Così fu che  noi ci decidemmo  al viaggio agli ultimi dello scorso mese di ottobre. Si partì da Oliena la sera del 26 ottobre (Venerdì), con l’idea di prendere il 1° treno del giorno successivo  (Sabato 27), e con la speranza anche che si sarebbe potuta avere la riduzione del viaggio per le feste dell’anniversario dell’avvento del fascismo al potere e per la celebrazione dell’anniversario della vittoria (4 novembre). A Nuoro non ci fu possibile ottenere il viaggio con riduzione, e si prese allora, l’automobile per Terranova (*1 ) nella speranza che, almeno là, si fosse potuta ottenere; ma pur troppo anche qui nulla si è potuto fare, forse perchè non si seppe chiedere.

Ma disinteressiamoci di   questo che è episodio secondario.

 

Il tragitto, lunghissimo, con l’automobile, non fu molto felice, per la ressa  ininterrotta dei passeggeri che scendevano e salivano  nelle varie fermate, con bagagli voluminosi che ingombravano la vettura e ci costringevano, spesso, a rimanere pigiati come acciughe. Si arrivava, come Dio voleva, a Terranova, a notte inoltrata, quando non vi era più tempo di cercare amici  convenuti  per poter tentare la soluzione del viaggio con riduzione, fatto sta che si dovette viaggiare  a tariffa normale, pagando per seconda, non so bene se quarantasei o quarantasette lire a testa.

 

La traversata fu ottima. Io che mi preoccupavo specialmente per il ragazzo, perchè temevo che potesse soffrire il mal di mare, soffrii invece più del ragazzo, perchè mentre egli si addormentò tranquillamente, io non conciliai sonno per l’intera notte. (Si sbarcò felicemente a Civitavecchia e si proseguì per Roma su uno scompartimento di seconda classe; questa volta (finalmente  !)  con la riduzione.

 

Si arrivava così verso le undici, in compagnia di un amico Nuorese che ci fece trovare alloggio in una casa privata impegnando una stanza per tutti e tre, al prezzo giornaliero di £ 7 per persona. Io rimasi, francamente, un po smontato, perchè dall’altra volta che stetti a Roma (nel Dicembre del 1900), trovai la città trasformatissima.

…continua >>>

 

 

 

 

Foto 25, 26, 27 - Così appariva il porto di Civitavecchia e la città  negli anni venti.


 

La prima preoccupazione, appena arrivati, è stata quella di andare  a trovare, all’ospedale Celio, il mio figlio Alberto, colà militare, all’ufficio maggiorità. Io arrivai al portone dell’ospedale poco prima di mezzodì.

Il caporale che era al portone non ci seppe dire se Alberto era uscito o no.

 

Alle 12 precise ci si lasciò libero transito per salire su all’ufficio. Fummo fortunati in quanto Alberto era ancora nell’ufficio. Fu, per lui e per noi, all’incontrarci così all’improvviso, un momento di estrema commozione. Ci precipitammo l’uno in braccia dell’altro.

Dopo le reciproche notizie si pensa ad uscire; ed Albertino difatti, dopo circa mezz’ora fu con noi. Quella sera si girò per Roma, a piedi e in tram. Non era possibile, per quella sera (era Domenica) pensare ad altro, tanto più che era mia intenzione di farmi accompagnare  al professore da un amico che avrei dovuto trovare l’indomani.

Il giorno dopo, infatti, trovammo l’amico, che si invitò di ajutarci, dandoci l’appuntamento per l’indomani ad una data ora.  Cercai l’amico, per un equivoco sull’orario non ci trovammo ed allora si fissò il nuovo appuntamento per l’indomani, questa volta con successo.

 

Il prof. Cirincione visitava il ragazzo, ma giudicò, pel  momento, inopportuna l’operazione, rilasciandomi il suo parere scritto. A questo punto era cessato lo scopo della gita a Roma. Si approfittò, per altro,  dell’occasione per fare, di Roma, una  breve visita a volo d’uccello perchè non era possibile fare di più; e così si potè vedere , successivamente,  Santa Maria Maggiore, S.Giovanni Laterano, il Colosseo, il foro romano, il Campidoglio, il monumento a Vittorio Emanuele, il Palazzo di Giustizia, il Quirinale,  la chiesa della Trinità dei Monti,  il Pincio, il giardino zoologico, i ponti sul Tevere, Castel Sant’Angelo, San Paolo fuori  Mura,  il Gianicolo, la fontana Paolina, la chiesa di  Sant’Onofrio e la Quercia del Tasso, ecc. non che le principali vie e piazze della città eterna: il tutto però come ho detto, a volo d’uccello, come ce lo ha consentito il breve periodo di cinque giorni di permanenza.

 

Degna però di apposita menzione è stata la giornata del 3, nella quale si assistette alla sfilata delle squadre fasciste convenute da tutte le regioni d’Italia; sfilata che durò per circa quattro ore, durante le quali stormi di aeroplani, e parecchi dirigibili,  volarono per il cielo di Roma, librandosi a bassa quota. lanciando bombe che scoppiavano in aria. (*2) Lo spettacolo era veramente imponente per lo sfilare ininterrotto di selve di gagliardetti sfavillanti al sole, con musiche e fanfare, e canti patriottici.  La serata poi, a Palazzo Venezia, ebbe luogo il solenne ricevimento, con  intervento dei Sovrani e di tutte le alte autorità di Roma.

 

L’illuminazione della piazza era addirittura fantasmagorica: due potenti riflettori mandavano fasci di luce sul monumento a Vittorio Emanuele, che si erge maestoso di fronte alla piazza. Si rimase delusi perchè si sperava che Mussolini parlasse; ma egli non si fece vedere malgrado i battimani, i canti, e le grida della folla stipata che lo reclamava con entusiasmo, freneticamente acclamando.

 

…continua >>>

 

 

Foto 29(a) – (Alinari): Piazza Venezia a Roma nel 1922 circa in occasione della celebrazione della vittoria.

 

 


 
Foto 29(b) – (Alinari): Roma, via dei Fori Imperiali, 1922 circa; La sfilata per la celebrazione della Vittoria

 

 

 

 

Dopo aver assistito a questa festa grandiosa, era cessato del tutto, per noi, lo scopo di restare a Roma e si pensò alla partenza. Si partì, infatti, la sera di Venerdì 2 novembre, e si rientrò in famiglia il giorno successivo, Sabato, verso le ore otto di sera, con cavalli che ci furono fatti trovare a Nuoro all’arrivo del treno. Anche il viaggio di ritorno fu felice, Antonino anche al ritorno, durante la traversata in mare, dormì tranquillamente per quasi tutta la notte, mentre io vegliavo. Albertino, alla partenza, ci accompagnò fino al vagone, donde ci separammo. Vi sarebbero ancora piccoli episodi da ricordare, ma per brevità li ometto.”

 

(Francesco Fele, Idee Sparse, 4 Novembre 1923).

 

 

 

Anche se c’è una piccola confusione con le date,  (dice di ripartire per la famiglia il 2 novembre, venerdì, e di assistere alla parata il giorno 3 - probabilmente la cerimonia fu svolta il giorno 2, come si usò fare fino agli anni 80),  questo episodio, oltre l’evento in se stesso che si narra da solo ci dice, a voler leggere bene, anche come all’epoca un viaggio da Nuoro a “Terranova” fosse pieno di avventure.

Le prime autolinee furono istituite nel 1911. Col postale si impiegava tutto il giorno (almeno otto ore). Il fondo stradale non era dei migliori e spesso i passeggeri dovevano scendere ad aiutare il motore per superare le salite più ripide.

Ad ogni sosta (faceva frequenti fermate) era quasi una festa, dove oltre ai bagagli si intrecciavano i saluti, gli abbracci, gli arrivederci e gli addii.

 

Foto 30 – (Collezione E.Corda, Come eravamo): La corriera per Terranova

 

 

L’itinerario tra Nuoro e Terranova era attraverso: traversa di Oliena, traversa di Dorgali, Galtellì, Traversa di Onifai, Orosei, Siniscola, Posada e San Teodoro.

 

L’alternativa cercata da Francesco era il treno. Nel nuorese le ferrovie attive nel periodo erano quelle Nuoro-Macomer, Macomer-Bosa e Tirso-Ozieri-Chilivani ed erano a scartamento ridotto. C’era poi l’unica linea nazionale Cagliari-Sassari-Porto Torres.  Macomer diventò già in quel periodo il più grosso centro di smistamento dell’isola.

 

Insomma il viaggio di ritorno, avvenuto in treno, fù per Francesco ed Antonino certamente più tranquillo che all’andata (come fu per il tragitto Nuoro-Oliena col cavallo, pur essendo dopo le otto di sera…!).

 

   

 

Foto 31 – (Collezione L.Ledda): La stazione di Bottida.

 Il terzo da destra è, probabilmente, Salvatore Calamida

 

E’ interessante notare, comunque, che esistevano ancora anche le diligenze, con le quali si andò avanti per buona parte degli anni venti. (A proposito, pare che, anche se per tali mezzi ci si affidasse più al destino che ai cavalli, la posta arrivasse con sufficiente rapidità …!!!).

 

 

 

Foto 32 – (Collezione E.Corda , Come eravamo): Diligenza.

 Con la diligenza si andò

avanti nel nuorese fino ai primi due decenni del ventesimo secolo

 

 

STORIA DI TERRANOVA

 

Il dominio romano dell’isola cominciò nell’anno 254 avanti Cristo, quando Cornelio Scipione riportò una vittoria contro l’ammiraglio cartaginese Annone. La dominazione terminò nel 460 d.C. ma non ci sono particolari notizie pervenute di tale lungo periodo di dominazione. Le uniche insenature presenti nella costa orientale della Sardegna sono situate nella parte settentrionale. Principalmente fu questo il motivo per cui questa zona fu preferita dai romani per gli sbarchi, nella parte dell’isola più vicina a Roma, e per construirvi un porto (Portus Olbianus), per raccogliere il commercio con il continente italiano.

La vasta insenatura che accoglie questo porto è limitata a nord dal Capo Figari ed a sud da Capo Coda Cavallo e si divide in due golfi, quello degli Aranci e quello di Terranova.

Il secondo si prestò subito ad accogliere navi di piccola portata. All’imboccatura si trovano numerose isole: le due più grandi si chiamano Tavolara e Molara; le due minori, Pagliosa e Cavalli, confluiscono verso la costa al porto San Paolo.

 

Olbia, prima di essere chiamata Terranova, in origine si chiamò Fausania, e poi Civita. Nel 1862 fu aggiunto a Terranova, per deliberazione del Consiglio Comunale, l’attributo di Pausania, che però non trova un corretto significato storico; infatti dovrebbe chiamarsi Terranova di Gallura, o meglio Terranova Fausania. Il nome Pausania ricorda, senza nesso storico, il reggente di Sparta che guidò la flotta greca alla conquista di Bisanzio (477 a.C.), ed uno storico e geografo greco del 2° secolo, autore di una Periegesi della Grecia in 10 libri, entrambi avulsi ed estranei completamente alla storia di Terranova.

Cambiando il nome di Civita in quello di Terranova, cambiò la fortuna di questa città, un tempo così potente e ricca; Terranova diventò villaggio senza importanza, e Tempio diventò città ed ebbe in sua vece la Sede Episcopale. Fu nell’anno 1506 che il vescovado di Civita fu riunito a quello di Ampurias, ed il vescovo cessò quindi di risiedervi. (Bolla di Papa Giulio II del 3 giugno 1506)

 

FAUSANO:

Verso la metà del sesto secolo i Vandali estesero le loro incursioni e devastazioni anche sull’isola sarda. Sbarcarono a Olbia provenienti dal continente italiano, che avevano già ampiamente svaligiato, e vi trovarono un altro territorio da devastare. Vennero rasi al suolo i monumenti e le case vennero occupate. Tutto continuò con barbarie fino al termine delle provviste. Quando non vi rimase più nulla su cui far bottino, i vandali si mossero: alcuni lasciarono l’isola, altri si inoltrarono all’interno.

Fu quella l’occasione in cui un valoroso cittadino, Fausano, si diede pensiero di risollevare la sua patria. Egli aveva ereditato dalla cultura romana l’abilità e la sicurezza in se stessi. Rinnovò il governo, richiamò gli esuli, diresse i lavori per la ricostruzione riutilizzando i resti degli edifici distrutti. In meno di dieci anni, Olbia risorse e la popolazione, estremamente grata all’uomo che rese possibile tale rinascita, con un plebiscito unanime cambiò l’antico nome di Olbia con quello di Fausania. 



 *1  Olbia (SS), fino al 1939 si chiamò Terranova Pausania. (Vedi riquadro in coda al capitolo, Storia di Terranova).

*2 (nda) Parole realmente cancellate sul documento originale. E’ interessante tale cancellatura: un ripensamento sulla volontà di raccontare l’accaduto? Dalle immagini di Alinari (foto 29a e 29b), riprese proprio il giorno della parata, non si evincono elementi che possono confermare una simile esibizione. Forse fuochi d’artificio, forse una vera spettacolare dimostrazione bellica. Difficile saperlo.