I
GIORNI DELLO SFOLLAMENTO E DELLA LIBERAZIONE
CHI NON SI ARRUOLA SARA' FUCILATO
Al Sindaco di Lanciano
Pregovi provvedere immediatamente diffusione seguente
bando. Il Prefetto della Provincia di Chieti. Premesso che è
assolutamente indispensabile raggiungere ad ogni costo numero unità
assegnate per servizio lavoro che tale servizio come è stato
più volte spiegato è diretto assicurare in Italia possibilità
trasporto generi alimentari e che pertanto mancata attualità
servizio stesso comprometterebbe in modo grave e deciso vettovagliamento
indispensabile. Visto R. D. 31 ottobre 1942 N. 1611, ordina: 1) Tutti
i nati o residenti Provincia appartenenti classi dal 1910 incluso
al 1925 incluso sono chiamati in servizio lavoro e debbono presentarsi
immediatamente presso l'ufficio Collocamento ove esistano e in mancanza
al Podestà rispettivi Comuni residenza. 2) Alla presentazione
sono tenuti anche tutti i dipendenti pubbliche amministrazioni enti
o imprese a qualunque titolo dichiarate mobilitate. 3) Obbligo presentazione
è estesa a tutti indistintamente senza nessuna esclusione.
4) Color che ritengono di aver titolo esonero devono presentarsi per
esibire documento attestante titolo stessi. 5) Gli enti sia pubblici
che privati e i datori di lavoro in genere che occupino personale
tenuto all'obbligo presentazione devono far pervenire entro 24 ore
agli Uffici Collocamento o Podestà secondo criterio suindicato
elenco propri dipendenti sesso maschile appartenenti classi dal 1910
al 1925 indicando per ciascuno di essi cognome, nome, paternità
classe appartenenza e domicilio. 6) Coloro che non ottempereranno
obbligo presentazione saranno senz'altro deferiti Tribunale Militare.
7) Rimangono confermate tutte altre disposizioni contenute precedente
bando e che non contrastino con quelle di cui sopra. Telegrafate giornalmente
numero arruolati servizio in parola.
Prefetto Cavani
COPIA TELEGRAMMA N. 459/11 DEL 27-9-'43
Prefettura ha ordinato reclutamento determinato servizio
lavoro classi 1910 al 1925 e non essendosi finora presentato alcuno
provvedete ritirare ogni Comune codesta giurisdizione elenco operai
chiamati tale servizio e fermare operai stessi avviandoli utilizzando
e requisendo qualsiasi mezzo trasporto sotto scorta Chieti. Numero
fissato deve essere assolutamente raggiunto e che primo nucleo deve
arrivare Chieti entro 30 corrente successivi due nuclei entro giorno
sette.
Tenente Colonnello Boselli
COPIA TELEGRAMMA N. 6215 GAB. DEL 29-9-'43
Ministero interno comunica che non essendosi ottemperato
obbligo reclutamento per questa Provincia è stato aumentato
da 4040 a 6060 unità. A modifica pertanto telegramma 20 corrente
N. 6124 Gab. avverto che in codesto Comune dovranno essere assolutamente
reclutati lavoratori agricoltura N. 75 e lavoratori industria N. 120.
E pertanto necessario applicare strettamente criteri comunica-ti con
telegramma 26 corrente N. 6187 Gab. tenendo presente che quota in
aumento deve essere assolutamente fornita entro e non oltre 5 ottobre
prossimo. Resta intesto che quota precedentemente fissata deve essere
data entro e non oltre 1 ottobre. Dato nuovo aumento in questione
anche attrezzi lavoro dovranno essere proporzianatamente aumentati.
Rinnovo invito categorico svolgere massima efficace personale azione
con collaborazione arma CC. RR. Clero e Uffici Collocamento per integrale
conseguimento risultati proposti.
Prefetto Cavani
DISCORSO DEL PODESTA' IN PIAZZA PLEBISCITO
CITTADINI, per mettere sul piano della legalità
le requisizioni che le truppe di passaggio impongono alla nostra Città,
ho dovuto rivolgermi a voi per farvi dare liberamente quanto ci viene
richiesto.
Tale procedura, oltre ad evita rvi il tormento delle visite a domicilio,
ha apportato anche il vantaggio di ridurre notevolmente le richieste
già fatte, tanto da aver potuto con gli oggetti raccolti accontentare
ulteriori richieste di altri comandi tedeschi senza dover nuovamente
ricorrere a voi, oh cittadini.
Adesso ci sono stati due comandi tedeschi di reparti combattenti che
hanno avanzato richiesta di oggetti vari che in parte potranno essere
dati soltanto dai commercianti che ne sono ancora in possesso. Per
la rimanente parte, che si sta cercando di ridurre al minimo, dovrò
rivolgermi a voi domattina alle ore IO. Procurate di essere presenti
e di ottemperare con sollecitudine, come avete già fatto, a
quanto vi verrà richiesto e ciò a scanso di ulteriori
danni alla nostra città.
Ora devo farvi alcune raccomandazioni e innanzi tutto prescrivervi
quanto segue:
1) le case devono essere abitate, magari anche da una sola persona,
in modo che possa informare questo Comune tempestivamente della eventuale
visita di requisizione ed impedirla.
In ogni caso l'essere presenti nelle proprie abitazioni rappresenta
almeno una remora per i militari che compiono le requisizioni stesse
ai quali si possono esporre le condizioni delle famiglie e chiedere
di non asportare l'indispensabile alla vita.
Dall'esperienza di questi giorni ho desunto che là dove erano
persone di famiglia in casa le requisizioni si sono limitate a pochi
oggetti e non sono stati compiuti danneggiamenti che invece sono avvenuti
nelle case disabitate. Pertanto, vi esorto a ritornare alle vostre
case.
2) Bisogna nel modo più assoluto in queste critiche giornate
rimanere a casa ed uscire solo per strette ragioni famigliari o di
lavoro.
E’ necessario attenersi dal passeggiare e nel modo più
categorico astenersi di riunirsi in crocchi per commentare fatti e
raccogliere i si dice e cioè fare l'incetta di notizie false
ed allarmistiche.
Come vi ho già annunziato, provvederò io stesso a comunicarvi
quanto è necessario di essere appreso e qualunque cittadino
potrà rivolgersi al Comune dove attingerà le notizie
esatte.
Il passeggio ed i crocchi bisogna evitarli sia per non dare l'impressione
che non siamo compresi della gravità del momento che attraversiamo,
e soprattutto per non allarmare le truppe di passaggio e dare pretesto
a chiamate di lavoratori.
Lanciano, 19 ottobre 1943
Ill. mo Sig. Colonnello Krèkel
TREGLIO
In merito alla richiesta avanzata da codesto Spett.
Comando, a mezzo del Tenente Braunleder, e riguardante la fornitura
di n. 50 operai giornalieri e per la durata di giorni dieci, devo
farvi presente quanto appresso:
Fin dal 26 settembre u. s. il Prefetto della Provincia, con ordinanza
cui si rimette copia, chiamava al servizio del lavoro tutti i nati
dal 1910 al 1925.
Benché con l'ordinanza si comminassero pene severissime a carico
degli inadempienti, malgrado che all'ordinanza fosse stata data la
più larga propaganda, sia a mezzo del Comune, che dell’Arma
dei Carabinieri, e a mezzo dei Sindacati, nessuno degli obbligati
si presentava.
La S. V, mi intima ora eguale ordine e mi assegna per l'adempimento
il termine perentorio di 24 ore.
Devo osservare innanzitutto che nel termine assegnato, con tutta la
mia buona volontà, mi trovo nell'impossibilità assoluta
di dare alla Vostra richiesta la necessaria notorietà. Ma anche
a prescindere da tale particolare, devo far presente che se S. E.
il Prefetto, con l'autorità della sua carica, con il peso delle
sanzioni comminate con l'appoggio dei Carabinieri armati, non e riuscito
ad ottenere il reclutamento degli operai, tanto meno potrà
arrivarvi lo scrivente che ha un potere solo amministrativo e non
ha a sua disposizione alcun mezzo coercitivo.
Fatta questa premessa d'indole generale, devo poi osservare che la
popolazione urbana di Lanciano e composta prevalentemente da professionisti,
impiegati statali, parastatali e privati ed in piccola parte da studenti,
artigiani e piccoli commercianti, con assenza di terrazzieri.
Che i pochi operai terrazzieri residenti in campagna, sono in gran
parte ancora alle armi, e i pochi disponibili sono attualmente addetti
agli urgenti lavori agricoli in corso (semina del grano) che devono
assicurare il pane necessario per il futuro anno sia alla popolazione
che alle Forze Armate Germaniche. Che infine questo Comune ha gia
fornito a codesto Spett. le Comando 31 operai.
Stando così le cose, sono a pregare vivamente codesto Coniando
di voler esaminare obiettivamente quanto sopra esposto, indirizzando
ad altri Comuni viciniori più rurali la richiesta degli operai,
e di non voler insistere in una domanda che metterebbe il sottoscritto
in una penosa condizione, rendendogli più difficile il mandato,
che ha accettato e continua a tenere, malgrado le presenti condizioni,
per carità di Patria e con il vivo desiderio di giovare al
proprio Paese mantenendo buoni rapporti con le Autorità Militari
Germaniche.Con distinta osservanza.
Il Podestà
Lanciano, 22 ottobre 1943
Ill. mo Sig. Capitano
e, p.c. Sig. Colonnello Krékel
Nel colloquio che ho avuto l'onore di tenere con
la V. S. si stabilì che questo Comune avrebbe adoperato tutti
i mezzi per venire incontro ai bisogni delle truppe dipendenti da
codesto Spett. Comando, a condizione però che tutte le richieste,
da Voi vistate, fossero avanzate per il tramite di questa Amministrazione.
Per circa una settimana tutto è proceduto regolarmente e questo
Comune, lavorando da mane a sera, ha soddisfatto tutte, dico tutte,
le richieste vistate da codesto Comando.
Con l'istituzione di un Comando Tedesco in questa Città, e
con il passaggio dei visti alle richieste al Tenente Baunlader le
cose cambiavano profondamente, e mentre questo Comune continuava ad
adoperarsi acché nel miglior modo e con la maggiore celerità
possibile fossero evase tutte le richieste fatte, il Comando da parte
sua non dava quella collaborazione a favore della popolazione che
era base essenziale dell'accordo da Voi tanto autorevolmente ratificato.
E infatti il Comando locale, benché richiesto di intervenire,
non dava alcuna disposizione acché fossero impedite le requisizioni
di rette di abitazioni per truppe in contrada S. Liberata, nonostante
i segnalati inconvenienti verificatisi, non dava alcun contributo
per eliminare le avvertite requisizioni arbitrarie di q.li 250 di
farina e di parecchi quintali di olio nello medesima contrada, non
stabiliva alcun servizio per impedire che truppe di passaggio si recassero
di nuovo nelle case ad intimidire le famiglie per la ricerca di radio
ed altri materiali non indispensabili ai fini della guerra ed il negozio
di lavicoli veniva nuovamente spogliato di notevole quantità
di merce verso la mezza notte di ieri.
A proposito degli apparecchi radio devo anche segnalare che ieri si
presentava nel mio ufficio un ufficiale di stanza a S. Fusanio del
Sangro con un buono firmato dal tenente Braunlader per la requisizione
di una radio in Lanciano. Poiché anche in S. Eusanio esistono
numerosi possessori di radio, si osservava che non era giusto farne
richiesta a Lanciano già reiteratamente depauperata di tali
apparecchi, mentre era possibile trovarne in sopraluogo in S. Eusanio.
Pertanto si pregava detto ufficiale di recarsi all'Ufficio del Registro
a prendere l'elenco dei possessori di radio in S. Eusanio e nello
stesso tempo, sempre per mostrare ad abbondanza la nostra buona volontà,
lo si faceva accompagnare presso tutti i negozi ditali apparecchi
ancora rimanenti a Lanciano.
Il detto ufficiale rifiutò di seguire il consiglio da me dato
e preferi’ girare varie abitazioni requisendo subito due apparecchi
e prenotandone altri per domani 23 corrente. Devo anche aggiungere
che fra le abitazioni visitate vi è anche la mia, quantunque
sulla porta fosse ben visibile la scritta: “Alloggio del Podestà”
mentre io ero al Municipio ad accudire alle richieste di altri Comandi
Tedeschi.
Stando cosi le cose, devo pregare vivamente V.S. di voler richiamare
il comando locale all'osservanza degli ordini impartiti, evitando
in tal modo danneggiamenti e sperperi che mentre immiseriscono ancora
di più questa tanto tormentata popolazione,non arrecano che
scarsi benefici alle truppe tedesche, le quali, come Vi ho già
fatto presente, spesso abbandonano o disperdono quanto hanno sottratto
alla popolazione.
Sono sicuro che la S.V., con quel sentimento di alta comprensione
di cui ha dato prova, e nella considerazione che questa disgraziata
Italia ha dato alla Vostra causa centinaia di migliaia di morti e
feriti, si è immiserita nelle sue sostanze, e, sia pure in
parte, ancora combatte al Vostro fianco, non vorrà portare
il caos ed il disordine in questa Città, e attendo con sicura
fede gli invocati provvedimenti di giustizia. Con distinta osservanza.
Il Podestà
I GIORNI DELLO SFOLLAMENTO
Il Comando delle Truppe Germaniche, allo scopo di
rendere più agevoli eventuali operazioni belliche e risparmiare
in pari tempo gravissimi pericoli per i cittadini, ha ordinato lo
sgombero immediato di tutta la popolazione della zona comprendente
il territorio dei seguenti Comuni:
A) Rapino, S. Martino sulla Marruccina, Orsogna, Casteifrentano, Poggiofiorito,
Ortona a Mare, Francavilla al Mare, Filetto, Lanciano, Frisa, S. Vito
Chietino, Rocca S. Giovanni, Fossacesia, Treglio,Guardiagrele,Mozzagrogna.
B)Comuni i cui centri abitati non rientrano nello sgombero ma hanno
una zona di campagna da sgomberare.
C)Territorio: S. Giovanni Teatino, Miglianico, Torrevecchia Teatina,
Tollo, Anelli, Crecchio, Casacanditella, Pretoro.
Le popolazioni che sono tenute a sfollare dal proprio paese, possono
stabilirsi in qualsiasi Comune della Provincia, purché situato
a nord della zona da sgomberare. I cittadini già sfollati da
qualsiasi altra provincia d'Italia ed attualmente residenti nella
zona da sgomberare, debbono invece trasferirsi oltre il fiume Pescara.
Alle famiglie che debbono sfollare saranno lasciati a disposizione,
per il trasporto delle persone, delle masserizie, del bestiame, ecc.,
i carri, i buoi, i cavalli, i muli ecc. di cui dispongono. L'evacuazione
di detta popolazione dovrà essere compiuta nel termine di giorni
SEI dalla data che sarà precisata con apposito altro avviso;
nulla può impedire che essa sia eseguita subito, ed in ogni
caso è necessario che i cittadini predispongano sin d'ora tutte
le operazioni
necessarie per lo sgombero della propria famiglia.
Dalla evacuazione sono escluse le seguenti categorie di persone, che
hanno l'obbligo di restare nei posti da esse occupate:
a) le persone che appartengono ad amministrazioni civili situate nel
territorio da sgomberare e che siano necessarie per le operazioni
di sgombro;
b) i Carabinieri, i Vigili Municipali, ed i Vigili del Fuoco, dove
esistono;
c) il personale addetto alle comunicazioni ed ai servizi annonari;
d) le categorie dei lavoratori che saranno necessarie per l'esecuzione
dei lavori per l'Esercito Germanico. Ove occorra i Podestà
dovranno richiedere al Prefetto la costituzione di una Polizia ausilaria,
per la durata dello sgombero.Ogni podestà dovrà inviare
subito a questa Prefettura un elenco delle persone comprese nelle
lettere b) e c) per i necessari controlli.
Si avverte che i familiari delle categorie delle persone sopra menzionate,
possono restare nella località da sgomberare fino a che sarà
diversamente ordinato.
Il personale indicato nelle lettere b) e c) non può abbandonare
il territorio da sgomberare se non con l'approvazione delle Forze
Militari Germaniche.
e) I servizi pubblici attualmente in funzione (gas, acqua, elettricità,
Poste e Telegrafi), devono essere dal personale attuale mantenuti
in esercizio, a cura e sotto la responsabilità delle Amministrazioni
ed Aziende interessate, fino a che il Comando Germanico, non avendone
più bisogno, non provveda all'allontanamento del personale
stesso. All'atto dell'allontanamento di dette persone gli impianti
debbono essere consegnati intatti alle Truppe Tedesche e i dirigenti
devono tenersi a disposizione di queste.
f) Tutte le riserve e gli impianti sequestrati dalle Autorità
Militari Germaniche prima dell'inizio dello sgombero secondo il piano
stabilito, restano sotto sequestro. I materiali di consumo di ogni
specie, che alla fine dello sgombero non siano stati trasportati,
devono dal Podestà immediatamente essere comunicati secondo
la quantità, qualità e posto di giacenza, alla Prefettura
per la consegna, senza che abbiano subito danneggiamenti, alle Forze
Germaniche.
g) Tutte le strade del territorio da sgomberare saranno, salvo ordini
in contrario, a disposizione per l'esecuzione delle operazioni di
sgombero, giornalmente dalle ore 6 alle ore 18.11 loro uso nelle ore
notturne è proibito.
h) Per lo sgombero dei cittadini stranieri seguirà un ordine
speciale. Qualora si debbano iniziare operazioni di combattimento,
il traffico sarà regolato e limitato anche per le operazioni
di sgombero, dalle Forze Militari Tedesche, secondo le proprie necessità.
I cittadini che non ottemperino all'ordine di sgombero si espongono
ad immediato pericolo di perdere vita e beni.
I Podestà sono responsabili della esecuzione delle sue espresse
disposizioni a scanso delle sanzioni di legge.
Chieti, 26 ottobre 1943
Il Capo della Provincia
N. B. - Gli sfollati troveranno lungo il percorso
posti di ristoro e dì assistenza. Le colonne di sfollati dovranno
essere munite di una bandiera con la Croce Rossa, per la protezione
dalle offese aeree nemiche.
Il Prefetto Capo della Provincia
Girgenti
Risposta del Sindaco
A )Inconvenienti della evacuazione.
L'evacuazione, così come ordinata dall'Autorità italiana,
senza alcun riferimento al preesistente piano, è praticamente
impossibile per le seguenti ragioni:
1) mancanza di mezzi di trasporti adeguati, anche per i soli vecchi,
malati e bambini; conseguente impossibilità di trasportare
l'indispensabile per proteggersi dal freddo e viveri sufficienti per
raggiungere una qualsiasi destinazione anche temporanea e ciò
anche rinunziando al trasporto di qualsiasi masserizia.
2) La massa degli evacuati, dovrebbe riversarsi a piedi e senza meta,
in zone già immiserite dalla guerra, prive di alloggi e sfornite
di viveri per gli sfollati. Questi anche dopo due o tre giornate di
marcia, si troverebbero senza tetto e senza pane, ingombrando le vie
di comunicazione ed i piccoli centri e costituendo anche un serio
pericolo dal punto di vista igienico ed epidemico.
B) Proposta di evacuazione parziale.
Il Comune, conscio di tutti i pericoli ed inconvenienti sopra elencati,
ma rendendosi conto delle esigenze del momento, propone una evacuazione
parziale, in questo modo:
1) verrebbero allontanati dalla città tutti gli elementi pericolosi
(sfollati, internati, detenuti, sottoposti a misure di pubblica sicurezza,
ecc.).
2) Verrebbero evacuate le case prospicienti determinate strade, necessarie
per la circolazione delle truppe tedesche.
3) Verrebbe predisposta la permanenza della popolazione nelle case
e nei rifugi, nelle ore in cui ciò sarà stabilito dal
Comando Tedesco, e se necessario, anche per tutta la giornata. Il
Podestà si assumerebbe ogni responsabilità che l'ordine
fosse rispettato e che fosse data alle truppe tedesche tutta l'incondizionata
assistenza di cui esse avessero bisogno.
C) In via subordinata, il Comune propone che l'evacuazione venga organizzata
dal Comando Tedesco, in modo ragionevole ed umano ed in forma progressiva
e sistematica, cioè:
a) formazione di colonne che dovranno sfollare in giorni successivi,
con tappe e mete prestabilite, dove sia predisposto un servizio di
vettovagliamento e di alloggio;
b) fornire ad ogni famiglia che sfolla un certificato controfirmato
dall'Autorità Tedesca, da cui risulti l'elenco dei costituenti
il nucleo famigliare che sfolla. Occorre che il Comando Tedesco garantisca
che gli uomini validi compresi nel nucleo non siano fermati ed adibiti
al servizio del lavoro, prima di aver raggiunto la località
di destinazione.
Ciò a tanta maggior ragione, in quanto Lanciano ha già
fornito un gran numero di uomini ed altri si possono reclutare al
sud del Sangro. Il Comando dovrebbe anche chiarire se una piccola
parte della popolazione, con speciale permesso, possa sfollare in
zone che, pur non trovandosi al nord geografico di Lanciano, si ritiene
debbano restare estranee alle operazioni belliche.
D) Chiarimenti in ordine alle persone che debbono o che possono restare
a Lanciano.
Le famiglie delle persone indispensabili, potranno rimanere a Lanciano
finché dovrà restarvi il congiunto?
Potranno restarvi le famiglie dei lavoratori attualmente impiegati
presso le Forze Armate Germaniche?
Le famiglie che hanno interesse a raggiungere determinate città
dell'Italia centrale o settentrionale, dove sono sicure di trovare
alloggio e sostentamento e sicuro lavoro, possono ottenere un lasciapassare
per dette località? E Roma compresa fra queste località?
La consegna alle Forze Germaniche dei materiali di consumo non trasportati,
dovrebbe aver luogo direttamente e non per il tramite della Prefettura
di Chieti, data la mancanza di comunicazioni con il capoluogo della
Provincia. Con quali modalità?
Il Sindaco
Persone alle quali sono stati rilasciati i fogli dl sfollamento:
giorno 6 novembre '43 N. 4.491
giorno 7 novembre '43 N. 5.637
giorno 8 novembre mattina N. 4.947
giorno 8 novembre sera N. 1.115
TOTALE N. 16.190
totale alla data dell'8 novembre '43, ultimo giorno
per l'evacuazione della città 16.190 fogli dl sfollamento.
In realtà soltanto cinquemila persone partirono e di essi gran
parte si nascose nei rifugi improvvisati, nelle grotte, nel boschi
alla Immediata periferia della città.
UNA STORIA QUASI INCREDIBILE.
La mia è stata l'unica bambina a nascere sotto
il ponte della Madonna, non sotto le arcate dove un tempo c'era la
pescheria, che tutti i Lancianesi ricordano e che oggi è diventata
la grande sala per i corsi musicali estivi "L'auditorio Diocleziano",
ma più sotto, nella prima arcata del ponte, dove anche oggi
è difficile andare e fa paura dall'alto al solo guardarla.
Proprio lì, nel posto che sembrava più sicuro dalle
bombe delle superfortezze volanti americane, sono rima-sta dal 26
novembre a diversi giorni dopo l'arrivo delle truppe alleate a Lanciano.
La notte del 26 verso le undici è nata la mia Anna Maria. L'
ho voluta chiamare così perché S. Anna e la Madonna
del Ponte ci hanno protetto. Non c'era la luce, non c'era l'acqua,
non si trovava un coltello né uno spaghetto per tagliare e
legare il cordone ombelicale.
E non erano cominciati allora i guai, né finirono subito con
l'arrivo degli Alleati. Per un intero anno la mia famiglia fu costretta
a vivere in modo tale che mi dispiace sempre anche a distanza di quarant'anni
doverlo raccontare. Quando lo faccio non ci credono mai i miei nipotini
perché sembra impossibile che io e la bambina ci siamo salvate.
Tutto era cominciato nel mese di settembre del '43, ma all'improvviso
la mattina del 26 novembre la situazione diventò drammatica;
fino ad allora le preoccupazioni erano di tutti ed erano le solite:
la presenza dei tedeschi, la paura delle rappresaglie, la mancanza
di cibo, le ansie di chi aspetta un bambino. Quella mattina però
le cose precipitarono: un bombardamento aereo colpì la città.
Fu uno dei più violenti. Diverse bombe colpirono piazza Ravizza
ed io abitavo in via Fieramosca. Vicino la porta della mia casa per
le schegge e le pietre morirono la figlia di Antonio Ficca, Sabia,
di appena sei anni, Gianni Livio, barista, e il figlio Luigi di 23
anni. Mio marito Ernesto, allora, in fretta e furia prese l'altra
bambina, Gina, che proprio quella mattina nel rifugio dove eravamo
già da diversi giorni avevo voluto che facesse la sua prima
comunione e che stava tornando a casa insieme alla nonna, e tutti
insieme andammo verso la piazza.
I Tedeschi e il vigile Filippo la guardia ci fecero andare sotto la
Torre, ma le prime arcate del Ponte dove, come ho detto, c'era la
pescheria, erano piene di gente e fummo allora costretti a scendere
lungo la scarpata e andare sotto il cunicolo principale. Per me il
tempo era scaduto ed io ero rimasta a casa fino ad allora proprio
perché da un momento all'altro doveva nascere il bambino.
Quando arrivai alla fine della scarpata ero già sfinita. Nel
pomeriggio cominciai a sentire i primi dolori e verso le undici la
sera nacque la bambina; non avevo latte, non avevo aiuto, non c'era
l'ostetrica: soltanto tanta paura. Dopo due giorni, il 28 novembre,
venne Monsignor Tesauri, l'Arcivescovo di Lanciano, che la battezzò,
ma insieme a lui vennero anche il sindaco Antonio di Jenno e il comandante
dei Vigili Urbani, il capitano D'Arezzo, che ci dissero che il giorno
dopo, il 29 dovevamo andarcene perché i tedeschi dovevano minare
il ponte e altra gente già cominciava a sfollare. Noi non ci
muovemmo, restammo la notte, il giorno dopo e fino al giorno cinque
dicembre.
Le prime pattuglie dell'esercito inglese erano già entrate
a Lanciano la mattina del 3 dicembre e i tedeschi erano scomparsi.
La mia casa in via Fieramosca era inabitabile e allora ci sistemammo
insieme ad altre persone in un rifugio sulla stessa strada, nei locali
dove recentemente hanno aperto una discoteca “Il gatto verde".
Restammo in quel locale fino al termine della guerra, nel giugno del
1944.
Come ho detto non ricordo volentieri queste storie. Volentieri vorrei
rivedere dove è nata Anna Maria. Da allora non ci sono mai
più ritornata. Forse qualche giorno di questa estate lo farò".
Nell'atto n. 529 del registro dei nati del 1943 si legge che in via
"Sotto la Torre" da Salomone Rosa e Canci Ernesto il 26.11.1943
è nato un bambino di sesso femminile, cui viene dato il nome
di Anna Maria.
A Lanciano un po' tutti conoscono Anna Maria perché da qualche
tempo è l'impiegata addetta all'Ufficio Anagrafe del Comune.
A chi conversando con lei ricorda quegli anni bui delle paure, delle
ansie, ma anche delle speranze, risponde sorridendo che è nata
sotto una buona stella.
Mario Spoltore
INTERVISTA A UNO SFOLLATO
COSTRETTO DAI TEDESCHI A LASCIARE LANCIANO
DOPO I FATTI DEL 5 E 6 OTTOBRE '43
Cosa ricorda, signor Giancristo faro, della rivolta ottobrina ed in
quali circostanze fu costretto a sfollare?
Ricordo che il giorno 6 ottobre, (per l'esattezza nel pomeriggio),
dei soldati tedeschi, armati di mitra, vennero nel quartiere, dove
abitavo, il vecchio quartiere del Borgo, e fecero uscire di casa tutte
le famiglie. Siamo stati costretti, così, ad andarcene da Lanciano
e riparammo in una contrada vicina, Santa Maria dei Mesi. La mattina
dopo, quando tornammo, sapemmo che c'erano stati tanti morti. Personalmente,
non ho né partecipato, né assistito all'insurrezione,
essendo rimasto lontano da Lanciano proprio nel giorno in cui il combattimento
fu più accanito.
Circa un mese dopo, temendo che la città potesse diventare
uno dei centri del fronte, il podestà e l'Arcivescovo di allora,
Monsignor Tesauri, invitarono la popolazione ad allontanarsi da Lanciano
onde evitare pericoli e disagi peggiori di quelli già affrontati.
Fu così che la mia famiglia, piuttosto numerosa, essendo composta
da sei figli, (quattro dei quali allora in tenera età), decise
di sfollare e si unì ad altre persone, formando un gruppo di
ben quattordici sfollati. La prima località, dove ci fermammo,
fu Frisa. Ma qui rimanemmo pochi giorni giacché non riuscimmo
a trovare un alloggio sufficiente per tutti. Passammo, quindi, a Guastameroli;
anche qui, però, ci trovammo in difficoltà perché
il parroco ci fece rifugiare nella chiesa solo per una notte. Andammo
allora ad Arielli. Finalmente trovammo un alloggio, anche se piccolo,
dove poter stare. Se non che la nostra situazione si complicò
alquanto poiché, per andare ad Arielli, avevamo dovuto passare
il fiume Moro, che nel frattempo era diventato un limite invalicabile,
dividendo la zona controllata dagli inglesi da quella controllata
dai tedeschi. Il fronte, infatti, passava proprio per questo fiume
e noi rimanemmo tagliati fuori da Lanciano, la quale venne liberata
dalle truppe inglesi in quegli stessi giorni, (3 dicembre). Quasi
contemporaneamente, (per l'esattezza l'8 dicembre), fummo costretti
dai tedeschi ad abbandonare Arielli e fummo portati a Chieti, che
era stata dichiarata "cjttà aperta". La città
era piena di sfollati. Fummo alloggiati nei locali del Liceo-Scientifico,
vicino alla Villa Comunale. Ma mancavano i viveri; anche i generi
più indispensabili scarseggiavano. Fu così che decidemmo
di lasciare Chieti ed andammo a L'Aquila, dove venimmo ospitati per
21 giorni in una caserma, rimasta vuota in seguito ai recenti eventi.
Anche a L'Aquila c'erano enormi difficoltà per procurare il
cibo. Fu, dunque, soprattutto tale frangente a spingerci ad abbandonare
anche L'Aquila ed a rifugiarci fuori della nostra regione, a Firenze
dove avevamo dei parenti. Il Comune ci mise a disposizione due camere
di un albergo e ci diede un sussidio finanziario, che serviva per
l'acquisto dei generi più necessari, come il pane. Ricordo
che il viaggio da L'Aquila al capoluogo toscano fu una vera "odissea"
giacché impiegammo ben sei giorni a causa dei frequenti bombardamenti
e delle conseguenti soste.
A Firenze dovetti andare a fare il militare e prestai servizio nel
Genio Fortificazioni Campali. Con me c'erano anche dei giovani partigiani
i quali spesso, nottetempo, si allontavano dal reparto per compiere
azioni di guerriglia. Il nostro compito principale era quello di andare
a riparare le strade o gli edifici di pubblica utilità dissestati
e danneggiati dai bombardamenti. Io mi trovavo bene in quel reparto,
(eravamo circa trecento soldati; quindi, una compagnia), giacché,
oltre al fatto che il servizio non era molto pericoloso, riuscivo
anche a riportare a casa, ai miei, qualcosa da mangiare, lavorando
di frequente in cucina. Rimasi in servizio fino all'agosto del '44,
quando Firenze fu liberata dall'arrivo degli Alleati. I miei commilitoni,
originari della Toscana o di altre zone dell'Italia Settentrionale,
se ne andarono man mano che le truppe anglo-americane si avvicinavano
alla città. Noi sfollati, invece, (assieme a me c'erano anche
altri provenienti dal Sud), rimanemmo in caserma e non avemmo alcun
contatto con le organizzazioni partigiane locali, che operavano in
montagna. Dopo la liberazione di Firenze, grazie anche all'intervento
di una organizzazione pro-sfollati, ritornammo a Lanciano. Ricordo
che era esattamente il 10 settembre del '44. Era passato quasi un
anno da quando ci avevano costretto a lasciare la nostra città.
a cura di Vincenzo Libertini
L'intervista è stata raccolta in occasione
del 40° anniversario della insurrezione lancianese.
MEMORIE DI GUERRA DI UN PROTAGONISTA
3 DICEMBRE 1943
Durante il periodo dello sfollamento, insieme a tante
altre famiglie lancianesi, ero stato rifugiato con i miei parenti,
sotto il Ponte Diocleziano (locale attualmente destinato ad Auditorium).
Nella notte del 3 dicembre 1943, verso le cinque dei mattino, insieme
con altri partigiani (eravamo una dozzina) avendo notato degli intensi
bagliori di luce provenienti dalla direzione della Chiesa di S. Antonio
per Fiera, abbiamo deciso di recarci in verificare l'eventuale presenza
di truppe alleate.
Infatti, appena giunti nella zona, siamo stati bloccati da militari
Indiani in avanscoperta che, armati di fucili mitragliatori, ci hanno
tenuti a bada per diverse ore pur accettando il nostro invito ad entrare
in Città. I militari, probabilmente per la scarsa conoscenza
dei luoghi, hanno risposto positivamente al nostro invito, decidendo
però di attendere la luce dei giorno. Devo premettere che personalmente
ero già a conoscenza del fatto che le truppe Inglesi dal giorno
precedente erano arrivate alle porte di Castellrentano in quanto ero
stato informato da due militari disertori di origine Austriaca appartenenti
all'esercito tedesco. Questi soldati si trovavano da diverso tempo
in Contrada Madonna dei Carmine, addetti ad una postazione radio tedesca
situata su un'altura nei pressi dell'abitazione di Nicola Staniscia
dove mi recavo quotidianamente per mettere a conoscenza delle novità
i miei datori di lavoro, i fratelli Cesare e Giacinto Mari, proprietari
dell'omonima fonderia. Nelle prime ore del mattino dei 3 dicembre,
dopo aver ripetuto con insistenza alle truppe Indiane l'invito a muoversi,
finalmente, ma sempre con estrema diffidenza, i militari decisero
di entrare in Città. Sempre molto scettici e al fine di evitare
spiacevoli sorprese gli Indiani ci invitarono ad avanzare nella prima
fila davanti ai cannoni ed ai fucili mitragliatori.
A dispetto di tanti timori entrammo invece trionfalmente in Città
attraverso Corso Trento e Trieste raggiungendo Piazza Plebiscito.
E impossibile descrivere l'entusiasmo e la gioia dei popolo lancianese
nell'accogliere le truppe alleate di Liberazione, la maggioranza dei
soldati era costituita da truppe Indiane appartenenti all'Esercito
Inglese e da una modesta rappresentanza di militari Inglesi, soprattutto
ufficiali.
Immediatamente gli Ufficiali Superiori e le diverse Radio delle truppe
alleate cominciarono a contattare le Autorità cittadine che
furono intervistate per trasmettere al mondo intero l'ingresso degli
Alleati.
Lo scrivente è stato intervistato da Radio-Londra mentre un
altro partigiano, Domenico Marino, ha fatto lo stesso per Radio-Mosca.
In questa circostanza entrambi abbiamo dimostrato di essere uomini
seri e leali nonostante la nostra fervida appartenenza al movimento
partigiano; infatti, gli intervistatori sollecitavano, con le loro
domande, fatti e nomi relativi ad eventuali azioni compiute in Città
e contrarie alla lotta di Liberazione.
Pur avendo conoscenza di episodi realmente accaduti a Lanciano e sebbene
profondamente antifascisti, noi giovani partigiani abbiamo sempre
anteposto la sicurezza e la salvaguardia della nostra gente anche
alle più intime spinte ideologiche. A conferma di questa nostra
posizione, infatti, dopo aver svolto con rara intelligenza il servizio
di polizia militare durante l'occupazione nazista, siamo passati immediatamente
a svolgere le stesse mansioni con la polizia Inglese al fine di controllare
tutte le situazioni ed essere sempre presenti in ogni circostanza;
tutto ciò per garantire i cittadini lancianesi e gli sfollati
dei paesi vicini da eventuali soprusi.
Abbiamo inoltre istituito dei posti di blocco in prossimità
delle principali vie di accesso alla Città: questo compito
è stato assolto egregiamente, tra gli altri, dagli amici partigiani
Simone Del Malvò, Amedeo Impicciatore e Francesco Paolo Campli.
13 DICEMBRE 1943
Mi sembra necessario annotare, per comprendere i
diversi ruoli svolti dai circa 290 partigiani iscritti nel raggruppamento
dei "PATRIOTI" lancianesi, che lo scrivente, insieme con
altri partigiani molto vicini al Sindaco Antonio Di Jenno (all'incirca
una ventina di uomini), faceva parte in quel periodo di un gruppo
ausiliario della Polizia Militare Inglese e pertanto portava al braccio
una fascia bianca recante la scritta "POLICE".
In questo ruolo ho compiuto innumerevoli azioni di aiuto e sostegno
alla popolazione. Fra tanti soccorsi portati alla cittadinanza con
grande senso di solidarietà va doverosamente menzionato un
episodio molto significativo che mi ha visto protagonista in quel
dicembre 1943. Era esattamente il 13 dicembre, giorno di S. Lucia.
Insieme ad altri amici partigiani, (mio fratello Giacomo, Domenico
Pantaleone e Francescopaoìo Mazzei) mi trovavo sotto il porticato
del Municipio, in un raro momento di riposo, a mangiare una pizza.
Eravamo appena ritornati dal Presidio Ospedaliero delle Suore del
Gesù Bambino, dove avevamo accompagnato una giovane donna sfollata
da Ortona e trovata nei pressi del ponte dell'Ammazzo sofferente per
le doglie del parto.
In quel mentre vediamo giungere un uomo malmesso che piangeva a dirotto
e sanguinava da più parti del corpo; veniva da Contrada Sabbioni,
era un contadino di quella zona. Ci riconosce per la fascia al braccio,
quindi si avvicina a noi implorandoci di aiutarlo: chiedeva urgente
soccorso per i suoi parenti rimasti feriti in seguito al cannoneggiamento
tedesco che aveva colpito in mattinata proprio la zona di Contrada
Sabbioni.
Avvisiamo immediatamente l'Ufficio di Polizia Urbana dell'accaduto
e decidiamo di recarci prontamente sul posto. Portando con noi una
barella e a piedi, sotto una pioggia scrosciante, raggiungiamo la
contrada.
Il contadino ci accompagnò nei pressi di una casa colonica
vistosamente colpita. All'esterno di essa vi erano due feriti: Antonio
Tupone e sua figlia Ida, una bambina di due anni; l'uomo era ferito
ad una gamba, mentre la piccola non riusciva a muoversi per un forte
dolore all'anca, (in seguito a questo trauma infatti la bambina rimase
claudicante). Purtroppo per noi, lo spettacolo straziante doveva ancora
venire perché, entrati all'interno di una grossa cantina ricavata
nel piano interrato della casa colonica, troviamo circa quindici persone
riverse al suolo, decedute in seguito allo scoppio delle granate,
le quali oltre a colpire la casa erano riuscite a sventrare grosse
botti di vino che avevano conseguentemente allagato la stessa cantina.
I disgraziati contadini erano morti quindi sia per lo scoppio che
per il soffocamento dovuto al liquido che riempiva tutto il locale
e ricopriva i loro poveri corpi.Con l'animo straziato, non potendo
fare più nulla per quelle persone, decidiamo di caricare gli
unici due superstiti sulla barella e di tornare in centro città
per trasportarli nel più vicino ospedale. Anche questo viaggio,
seppure breve, può essere rappresentato come una piccola "odissea"
in quanto l'abbondante pioggia aveva reso praticamente impercorribili
le stradine di campagna che erano infangate fino all'inverosimile.
Con enormi sforzi, dandoci il cambio diverse volte, io e gli altri
tre partigiani riusciamo a raggiungere finalmente l'ospedale. Il dolore,
la stanchezza fisica e la pioggia ci avevano davvero prostrato in
quell'occasione. Infatti, ricordo ancora oggi che, giunti esanimi
al presidio del Gesù Bambino, due medici lancianesi, il dottor
Ferdinando Cipollone e il dottor Oscar De Cecco, ci accolsero amorevolmente,
ci fecero preparare un cioccolato caldo e potemmo finalmente asciugarci.
Grazie a quest'episodio di solidarietà del 13 dicembre 1943
ancora oggi la famiglia Tupone mostra infinita riconoscenza nei miei
riguardi e, sapendo di fare loro cosa gradita, appena posso ancora
oggi vado a salutarli. L'unico rimpianto che avverto dentro di me
in tali occasioni è quello di essere rimasto l'unico in vita
dei quattro giovani barellieri.
LA VITA IN CITTA'
Nel periodo tra la fine dei '43 e gli inizi dei '44
Lanciano riprendeva lentamente le proprie abitudini e con rinnovato
entusiasmo ricominciava la vita e con esse riaprivano i battenti le
piccole attività artigiane e commerciali.
Il pioniere della categoria fu il signor Luigi Cipollone (detto Cipolletta)
che gestiva un piccolo bar in Piazza Garibaldi. Cipolletta all'inizio
vendeva i caratteristici fichi secchi con una mandorla in mezzo, successivamente
mise in vendita le mandorle zuccherate e dopo un po' di tempo i tuttora
famosi bomboloni fritti con la crema. A tal proposito mi sembra utile
e significativo, per comprendere il momento socio-economico, ricordare
come in quel periodo
una famiglia lancianese di quotati professionisti, la famiglia Pollidori,
riuscì a riconvertire il proprio nucleo familiare in un'attività
a foro sconosciuta, quella della fabbricazione delle mandorle zuccherate.
Infatti, i Pollidori le producevano in quantità industriale
tanto da poter rifornire agevolmente tutti i piccoli rivenditori della
Città.
Dopo un po' di settimane riapparvero in giro le caldarroste e ci si
poteva rifornire facilmente di mele, in quanto la stagione si era
rivelata molto propizia per questo genere di frutta.
La carne, invece, per diversi mesi introvabile, si poteva nuovamente
acquistare per strada in quanto veniva venduta direttamente dai nostri
contadini alla popolazione.
In realtà, in quel momento il grande problema era rappresentato
dalla ricettività ospedaliera, giacché l'Ospedale Renzetti,
massicciamente bombardato prima dall'aviazione inglese, poi da quella
tedesca, si rese presto inagibile.
Si pensò allora di installare alcuni piccoli presidi ospedalieri
d'emergenza: fra questi ricordo il Liceo Ginnasio, il Seminario, la
Maternità, il Collegio delle Suore del Gesù Bambino
e un piccolo ambulatorio ricavato nell'appartamento della maestra
Rosa Pace vedova Console, in Via dei Frentani; questi piccoli ospedali
riuscivano a funzionare grazie al materiale sanitario recuperato all'interno
dell'Ospedale Renzetti.
Gli uffici pubblici gradualmente riprendevano la loro funzione; l'Ufficio
Annonario (molto importante in quegli anni) cominciò a distribuire
buoni per l'acquisto del petrolio ai cittadini che non possedevano
la luce elettrica, ed erano tanti in quei primi mesi del '44; in seguito
furono consegnati buoni per l'acquisto del sapone e del carbone.
Sorgeva inoltre in Piazza Plebiscito lo spaccio autorizzato del Comune
(ex locale Santoflaniminio) gestito dal signor Domenico Mastrangelo
e dalla Sig.ra Evelina Fagiani in Saltini.
La vita della città andava quindi lentamente riassumendo la
propria naturale fisionomia sebbene fossero visibili e ancora presenti
i segui del recente passato.
Lanciano provò un ulteriore soprassalto di gioia all'arrivo
del Battaglione Paracadutisti della NEMBO: la loro presenza significò
molto per la città. Contribuì a dare maggiore fiducia
alla popolazione in quanto si venne a determinare in generale un clima
più ordinato e, soprattutto, nei cittadini si diffondeva la
sensazione di un maggior rispetto da parte delle truppe alleate che
erano nonostante tutto pur sempre delle truppe occupanti.
L'arrivo dei nostri militari ha inoltre contribuito ad alleviare i
problemi relativi al servizio sanitario in quanto i paracadutisti
erano dotati, fra le altre attrezzature, di una unità mobile
per le radiografie. Erano i primi mesi dei '44; Lanciano riprendeva
a camminare verso il suo futuro. Con la NEMBO in casa si respirava
un'aria di famiglia, tutto faceva presagire tempi migliori quando
invece venne il tragico 20 Aprile 1944.
20 APRILE 1944
Fu un giorno terribile per una città che andava
piano piano rialzando la testa. Un micidiale bombardamento aereo tedesco
mieteva morti a decine e tantissimi cittadini rimasero feriti.
Ricordo benissimo l'episodio in quanto, di ritorno dal Rione Mancino
con un carretto carico di due damigiane di vino destinate alla trattoria
di mia madre, sentii, giunto in Piazza Plebiscito, all'imbocco di
Via dei Frentani, degli inconfondibili rumori in cielo.
l'orecchio ormai abituato a simili esperienze mi convinse ad abbandonare
precipitosamente il carretto e a trovare riparo dietro il monumento
ai Caduti. Passava in quel drammatico frangente una ragazza, Giovina
D'Ambrosio, che portava in testa un enorme canestro ripieno di sacchetti
di mandorle acquistate poco prima dal laboratorio dei Pollidori.
Nel volgere di un attimo la condussi con me al riparo dietro il Monumento.
Il canestro pieno di mandorle servi a coprire le nostre teste e a
difenderci dalle schegge di lava e pietrisco che schizzavano da tutte
le parti. Mai come in quel giorno ringraziai un umile canestro di
vjmini pieno di mandorle zuccherate.
Il bombardamento durò pochi minuti, meno di un quarto d'ora,
ma fu sufficiente a creare un triste paesaggio di morte. Appena fu
cessato, uscii allo scoperto in Piazza Plebiscito: la prima immagine
fu quella di una nuvola nera che si dissolveva poco a poco; si sentivano
lamenti strazianti e subito compresi la gravità dell'accaduto.
Come ormai la triste vicenda della guerra ci aveva abituato a fare,
incuranti di un eventuale successivo bombardamento, iniziammo a prestare
i primi soccorsi ai feriti.
Fortunatamente per noi l'aviazione tedesca si limitò a quella
sola incursione. La prima persona che ho soccorso è stata l’
anziano Teodoro Piselli, di anni 76, di professione caffettiere, che
aveva il braccio destro completamente penzoloni: lo sollevai e lo
caricai sulla mia carretta di legno che avevo, nel frattempo, liberato
dai resti delle mie damigiane.
Mi recai velocemente alla Maternità, in Viale Marconi, percorrendo
Corso Roma, Via Fieramosca, Via dei Funai; a riflettere un po', oggi
a 73 anni, a questi episodi di straordinaria vigoria fisica mi sembra
quasi di sognare, ma poi ragiono più freddamente e ripenso
al fatto che a quell'epoca non avevo ancora 19 anni. Ricoverato il
ferito, tornai di gran carriera in Piazza Plebiscito poiché
mi rendevo conto che la gran parte della tragedia si era consumata
proprio in quel luogo.
E, infatti, con una spola incessante, insieme a tanti altri amici,
ci adoperammo con generosità per condurre ai ricoveri ospedalieri
tanti cittadini feriti.
Tra gli altri ricordo Vittorio Pollidoro (di anni 25), Dante Paione,
Guido Miniucchi (di anni 45), uno dei fratelli Carosella, Vinicio
(di anni 17), tutti ricoverati alla Maternità.
A proposito della Maternità si deve riferire che alcuni ufficiali
medici dell'Esercito inglese prestavano da un po' di tempo la loro
opera proprio all'interno di questo presidio e per tale motivo i feriti
più gravi venivano ricoverati proprio in questo luogo.
In un'ennesima corsa contro la morte trasportammo una giovane donna,
Eva Giangiulio, (di anni 19), sorella del compianto partigiano Adamo
Giangiulio, morto in giovane età pochi mesi prima, nelle gloriose
giornate del 5 e 6 ottobre '43.
Un esempio, quello della famiglia Giangiulio, di quanto dolore poté
arrecare la Il guerra mondiale a tante famiglie della nostra città.
Sempre in quel vorticoso andirivieni tra Piazza Plebiscito e la Maternità,
trasportammo un altro dei fratelli Carosella, Raffaello, (di anni
18). Purtroppo anche i Carosella pagarono un prezzo altissimo alla
giornata del 20 Aprile '44. La famiglia Carosella infatti gestiva,
in Piazza Plebiscito, (nel locale occupato fino a pochi anni or sono
da FOTO-PINO), una drogheria e per tale ragione nel momento del bombardamento
i componenti del nucleo famigliare, pur trovandosi all'interno dei
locale commerciale, furono tutti colpiti dalla squassante onda d'urto.
Rimase ucciso in seguito alle ferite riportate anche il padre Domenico
(di anni 47). Al termine della luttuosa giornata si contavano per
terra più di 50 cadaveri carbonizzati, in maggior parte militari
indiani giunti in Piazza Plebiscito provenienti dal teatro Fenaroli
dove poco prima avevano assistito alla proiezione di un film.
Le perdite furono ingenti anche per la popolazione lancianese, anche
perché, molti feriti gravi dopo pochi giorni di agonia vennero
meno. Soltanto alcuni di loro trasportati fortunosamente in direzione
sud (a Vasto e a Bari), nelle retrovie dell'esercito alleato, trovarono
le cure necessarie per la loro salvezza.
La Piazza Plebiscito disseminata di militari indiani bruciati vivi,
il Municipio e la Torre Civica tappezzati di pezzi di carne umana
attaccati alle mura esterne, l'odore acre e forte di una carneficina:
questa scena indescrivibile e raccapricciante rimarrà impressa
nella mia mente in maniera indelebile per tutta la vita. L'esercito
Tedesco prima di abbandonare la linea Ortona-Orsogna e risalire verso
nord, ci fece un altro "regalo” sgradito e assolutamente
non richiesto. Era il 6 giugno '44. L'artiglieria tedesca appostata
sui colli di Poggiofiorito e Arielli, iniziò a cannoneggiare
con inaspettata veemenza la nostra Città. Anche in questa triste
giornata il tributo di Lanciano in termini di caduti ma soprattutto
di feriti è stato notevole. Quest'ultimo bombardamento ha inoltre
determinato ingenti danni alle abitazioni proprio mentre si verificava
un crescente esodo delle popolazioni di Orsogna e Ortona verso la
nostra città. Ciò nonostante si deve registrare che
tantissimi abitanti delle contrade di Ortona trovarono ricovero e
alloggio a Lanciano, in quel periodo.
Angelo Ciavarelli
DICEMBRE '43: I GIORNI DELLA LIBERAZIONE NELLA
PUBBLICISTICA INGLESE
Dal quinto volume "The Mediterranean and Middle
East" della "History of the Second World War"di Sirjames
Butler, professore di storia moderna nella Università di Cambridge,
pubblicato recentemente a Londra, riportiamo le pagine più
belle sulla Liberazione di Lanciano.
Il voluminoso libro, ampiamente documentato, dedica oltre 100 pagine
alle violente battaglie che si svolsero nell'autunno del '43 sul fiume
Sangro, il "Vecchio Man Sangro" come lo chiamavano gli Inglesi,
ci fa conoscere tra l'altro le decisioni e le imprecazioni del Comando
tedesco, e persino quante tonnellate di bombe furono lanciate sulla
nostra zona nei giorni che precedettero la liberazione, non c'e alcun
cenno, però, sulle sofferenze della popolazione.
“L'informazione delle posizioni tedesche e delle disposizioni
generali era molto buona e si possedevano molte fotografie aeree.
Tra il mare e la confluenza dei fiumi Sangro e Aventino, circa 12
miglia ad est di Casoli, gli aspetti fisici generali del campo di
battaglia erano come segue: sulla riva sud del Sangro, le colline
scendevano ripidamente per 400 piedi verso una stretta fascia di pianura
e verso il fiume. Il letto del Sangro era ampio 3400 yard, ghiaioso
e cosparso dì macigni. Il fiume si incanalava in parecchi canali
ciascuno circa 100 piedi ampio e 18 inches profondo d'estate. Ma in
autunno e in inverno il fiume era infido. Una pioggia di poche ore
provocava una piena 5 piedi profonda che si abbassava durante la secca
seguente e ne aumentava quando la pioggia tornava a cadere. Il tempo
di questi cambiamenti, che non era stato studiato correttamente prima,
era stato sperimentato e doveva essere motivo per tre importanti mutamenti
nel piano della battaglia. C'erano 4 ponti sul fiume ma erano stati
demoliti: uno vicino Torino di Sangro, uno vicino Paglieta e due sopra
l'incontro tra il Sangro e l'Aventino. Il letto del Sangro era abbastanza
compatto per sopportare una strada improvvisata, invece fare ponti
o posti di attraversamento era molto difficile. I tentativi sulla
riva sud rivelarono un suolo troppo soffice per sopportare molto traffico,
mentre il lato nord era ripido e con poche uscite. I ponti per essere
adatti dovevano essere tuttavia lunghi e a prova di allagamenti. Guadi
e traghetti erano sempre a rischio. I tedeschi avevano minato entrambe
le rive. Sulla riva nord del Sangro la striscia di pianura era circa
200 yard ampia e il suo limite nord era segnato da una scarpata alta
circa 40 piedi. A nord di questa scarpata il terreno formava una linea
di colline "Li Colli" parallela al fiume, distante da esso
3 miglia circa e alto circa 400 piedi. Questo terreno alto guardava
l'intera campagna a sud compreso il fiume. Su questa zona collinare
dal mare all'entroterra ci sono Fossacesia, S. Maria Imbaro, Mozzagrogna
e Castel Frentano. La collina era ben coltivata, con fattorie e campi
di ulivi. Una strada laterale principalmente sotto le colline univa
le quattro località menzionate sopra. Più a nord c'era
un'altra coppia di strade laterali tra S. Vito, Lanciano e Castei
Frentano e più a nord ancora un'altra strada laterale che univa
Ortona, Orsogna e Guardiagrele. A nord del Sangro la strada era ben
attrezzata con strade da nord a sud e da est ad ovest e sentieri sebbene
di povera qualità.
I tedeschi avevano deciso di occupare il lato nord del Sangro solo
con avamposti, leggermente trincerati. La loro principale difesa era
sui "Li Colli" e conforme allo standard tedesco di punti
forti ben difesi con fili metallici e minati, contenenti profondi
bunker collegati da trincee con fosse armate. Alcuni punti forti erano
collegati con trincee e l'intero complesso era da 2 a 4 Km profondo
e anche più. I tedeschi credevano che la scarpata di quaranta
piedi e "Li Col-li" fossero profondi abbastanza per essere
a prova di carro armato, e non li avevano coperti con lavori anti-carro,
e da armi anti-carro.
Il settore della strada costiera ad ovest di Guardiagrele era occupato
dalla 65^ Divisione Fanteria mentre il 361 Reggimento Panzer Granatieri
stava a nord di Villa Grande, Miglianico e S. Giovanni Teatino. Agli
Inglesi era stata annunciata la messa fuori combattimento della 65^
Divisione Fanteria e avevano una bassa opinione della qualità
della divisione perché era stata formata da giovani truppe
in Olanda nel 1942 ed era senza esperienza di battaglia. Questa conoscenza
era un fattore positivo nel piano Montgomery. Gli stessi comandanti
tedeschi non erano troppo fiduciosi della capacità della 65a
Divisione e Kesserling il 28 novembre ricordò una frase del
suo comandante Von Ziehlberg: "...le trincee coperte resisteranno;
resta da vedere, se anche le truppe resiste ranno."
La forza combattente della divisione il 4 nov. era di 6.552. La sua
artiglieria era l'equivalente di 7 truppe, alla fine di novembre;
il numero di armi è incerto ma il totale nel 760 Corpo Panzer
era tra 70 e 75. La divisione possedeva 52 armi anti-carro di 7,5
cm. - Herr, il Capo del Corpo, si era formata l'opinione acuta che
l'attacco di Montgomery doveva iniziare con un attacco ad ovest di
Castel Frentano attraverso 5. Eusanio del Sangro che si sarebbe sviluppato
in due ulteriori attacchi, uno verso Casoli e l'altro verso Mozzagrogna
e Fossacesia. Il piano Montgomery che era iniziato mentre l' VIlI
Armata attraversava il Trigno, era accompagnato da operazioni premilinari
per ingannare il nemico e guadagnare un buon posto sulla riva nord
del Sangro per il principale attacco del 50 Corpo. Un sommario di
queste operazioni a questo punto aiuterà.
Il piano per ingannare il nemico mirava a tenere segreta la concentrazione
dell' VIlI Armata e i preparativi per l'attacco principale e a portare
a pensare che il principale attacco avrebbe seguito la strada più
diretta verso Avezzano. Se c'era una piccola speranza della sorpresa
tattica, almeno il nemico poteva essere ingannato nell'usare le sue
riserve un po' alla volta. Il 13° Corpo tuttavia doveva iniziare
presto la sua avanzata verso il Sangro superiore, per fare ostentati
movimenti di truppe e costruire falsi depositi nelle aree di manutenzione
per simulare il raggiungimento di aiuti amministrativi. Uno schema
ingannevole si era progettato per far si che il nemico pensasse che
i quartieri generali dell'Armata e la 8a Divisione Indiana sarebbero
arrivati nel settore del 130 Corpo. Le operazioni della l9^ Brigata
Indiana di fanteria dovevano difendere l'attuale dislocamento dell'8a
Divisione Indiana a Paglieta e l'arrivo della divisione Nuova Zelanda
vicino a Scemi. Il silenzio, il pattugliamento di un terreno senza
importanza, fantocci e camuffamento, tutto giocò la propria
parte. Una dimostrazione navale verso Pescara era architettata per
fomentare le note paure del nemico per un attacco dal mare.
Il 13° Corpo tuttavia dal 18 Novembre stava avanzando verso Castel
di Sangro e Alfedena sotto una pioggia continua e un profondo fango,
lungo strade ostruite da demolizioni, attraverso una campagna devastata
dal provvedimento tedesco "terra bruciata". La Terza Brigata
Canadese, da una sicura base a Carovilli, raggiunse Capracotta e 5.
Pietro e spinse ricognizioni attraverso il Sangro tra Ateleta e S.
Angelo. Il 24 Novembre iniziò un attacco su Castel di Sangro
che doveva poi far cessare per fortuna i piani di Montgomery. Nello
stesso tempo la 5^ Divisione occupò Mt. Civitalta, sorpassando
Alfedena e il 22 Novembre iniziò un attacco in quel posto,
che si era stabilito di occupare per cambiare i piani. Torniamo dal
130 Corpo al 5~ Corpo e alla Divisione Nuova Zelanda.
Il 17 Novembre l'11^ Brigata della 78^ Divisione raggiunse Paglieta
e Monte Calvo che dominavano il Sangro e si unì a due squadroni
di carri armati della Brigata Armoured. Dal 10 novembre al 19, le
pattuglie della 78^ Divisione attraversarono il Sangro quasi di notte
occupando sotto la scarpata la "terra di nessuno" 'No Man's
a Land'. Anche pattuglie di genieri e "tank-men" pionieri
attraversarono per ricognizioni e levare mine. Il nemico sembrava
quasi inerte "The enemy seemed almost supine". Tuttavia
dal 15 novembre circa le piene del Sangro erano diventate un pericoloso
avversario. Nessuna pattuglia quando attraversava il fiume sapeva
quando sarebbe potuta tornare e il sempre profondo scivoloso fango
nelle vicinanze del fiume ostacolava la preparazione dei guadi. Un
rapido assalto guadato il fiume divenne inevitabile e l'impresa preliminare
della 788 Divisione cambiò divenendo una testa di ponte.
Dal 22 novembre l'11^ Brigata aveva guadagnato una testa di ponte
ad est di Fossacesia e la 36^ Brigata una ad ovest di essa. Sei battaglioni
e alcuni carri armati della 38 C. L. Y. e della 50^ R. T. R. avevano
punti di appoggio sulla scarpata.
Il 14 novembre la Divisione Nuova Zelanda stava iniziando ad arrivare
a Scemi e prendeva sotto il comando la 19^ Brigata Infantry Indiana
dell'8a Divisione Indiana. Il rimanente dell’8^ Divisione si
diresse silenziosamente verso Paglieta tra il 14 e 18 novembre su
strade di campagna e tracciati. Il 17 novembre il 30 e 80 Reggimento
Punjab (19^ Brigata Indiana di fanteria) e il 19° N. Z. Armaured
Regiment presero Perano tenuto dal 64° Panzer Regiment Grenadier
(16~ Divisione Panzer) e il 20 la Brigata prese Archi. L'azione seguente
doveva essere di prendere la zona alta tra il Sangro e l'Aventino
e preparare la strada per gli attraversamenti della divisione Nuova
Zelanda.
La 3^ e l’8^ Punjab e la 1^ e la 5^ Essex guadarono il gonfio
Sangro la notte tra il 22 e 23 novembre e cominciarono a tentare di
prendere S. Angelo e Altino. Tutte queste piccole azioni erano combattute
con un tempo orribile - sulla riva del Sangro molti dei feriti gravi
morirono perché non potevano essere portati indietro attraverso
il fiume maledetto 'the accursed river”.
Questo è un quadro delle operazioni preliminari della battaglia
del Sangro. Sarebbe bello ricordare che il piano sorpresa dell' VIII
Armata in particolare l'impresa del 13° Corpo, ingannò
i tedeschi. Ma in effetti a parte qualche confusione a livello di
divisione e reparto, “i comandanti tedeschi furono per qualche
tempo quasi sempre senza esitazioni. Erano troppo pratici come soldati
per credere ad un serio attacco verso Alfedena e Castel di Sangro,
attraverso la parte peggiore del paese all'inizio dell'inverno. D'altro
canto la chiara evidenza li portò il 24 Novembre a pensare
che il principale attacco dell' VIII Armata sarebbe avvenuto dove
in effetti avvenne sulla 55^ Divisione di fanteria. Essi si aspettavano
l'attacco violento dell' VIlI Armata ma non tentarono nessun attacco
di disturbo.
Montgomery tenne la sua prima conferenza sui piani il 14 novembre.
Il tempo allora era proprio buono, ma Montgomerv dichiarò che
erano necessarie 48 ore di tempo bello prima del giorno D. Era pronto
a posticipare il giorno D, che sperava sarebbe stato la notte tra
il 19 e 20 novembre. Il primo piano dipendeva dal fatto che il Sangro
fosse guadabile così che l'assalto poteva essere sferrato e
questo evitava la costruzione di ponti e il mantenimento delle strade.
In effetti le truppe d'assalto dovevano attraversare in 5 guadi e
i genieri dovevano fare tre provvisori posti di attraversamento per
i veicoli. E così il piano del 5° Corpo prese forma come
un'operazione in tre fasi.
Il 16 Novembre la pioggia iniziò a cadere e durante i tre giorni
seguenti i lavori dei genieri sui guadi e gli avvicinamenti al Sangro
furono rovinati. Il fiume cadde il 19 facendo aumentare le speranze
di realizzare il giorno D, ma il 20 stesso un rinvio divenne inevitabile
e fu ordinato. Era inutile tentare l'operazione senza prima costruire
i ponti e la difesa della 78^ Divisione si mutò in testa di
ponte e la notte tra il 21 e 22 i genieri si misero al lavoro. Si
sperava di poter iniziare l'attacco il 24 Novembre. Montgomery revisionò
il suo piano fissando il limite della sua avanzata a Lanciano e stabilendo
che ci sarebbe stata poi una pausa di 2 o 3 giorni "mentre la
Valle del Sangro è completamente organizzata per il movimento".
Il piano di costruzione dei ponti era chiaramente importante e i seguenti
ponti dovevano essere costruiti:
1) - Equidistante tra il "vecchio" ponte Sangro (circa 3
miglia dal mare, e dove c'era la strada principale per Fossacesia)
e il mare. Lunghezza massima: 140 piedi. Bailey.
2) Più giù del "vecchio" ponte Sangro. Lunghezza
massima: 140 piedi. Bailey.
3) - H - mezzo miglio più su del "vecchio" ponte
del Sangro - luce principale: 140 piedi. Bailey.
Il primo ponte poteva sopportare veicoli trainati e veicoli da trasportare
Bren; il n. 2 tutti i tipi di veicoli trainati e per emergenza, carri
armati; il ponte H. carri armati; il n. 3 veicoli trainati e veicoli
da trasporto Bren. Il ponte n. 1 e quello H. furono completati durante
la notte tra il 21 e 22 Novembre ma lavorare al n. 3 fu più
difficile per le strade bloccate che non permisero l'arrivo del materiale
per la costruzione.
Il 22 novembre il tempo era buono sul basso Sangro ma la pioggia cadeva
su quello superiore e durante la notte tra il 22 e 23 una inondazione
fece straripare il fiume.
Il capo geniere del 50 Corpo così descrisse i risultati: "...il
vecchio Man Sangro, visto che la nostra forza non aveva incontrato
sufficiente opposizione, crebbe in tutta la sua collera e venne giù
in piena. Dove la profondità dell'acqua era di 100-150 piedi
divenne improvvisamente di 1.000 e si vedevano splendere i ponti alla
luce del sole in mezzo ad una vasta distesa di acqua che scorreva
velocemente...". Tutto il lavoro fu bloccato sui ponti fino al
26 Novembre. D. U.
K. W. della 156 e le compagnie D. U. K. W. 385 RASC portarono i viveri
alla testa di ponte e soccorsero i feriti; alcuni di questi veicoli
passarono per mare da Vasto.
Il 26 Novembre Allfrey diede ordini finali per operazioni limitate
dando le seguenti date. In breve:
Prima fase: Un battaglione della 8 Divisione Indiana doveva occupare
uno sperone di 100 yards a sud-est di Mozzagrogna il 26 Novembre.
Seconda fase: Una brigata (meno di un battaglione) della 8 Divisione
Indiana doveva conquistare Mozzagrogna e S. Maria Imbaro il 28 Novembre.
Terza fase: Una Brigata della 78 Divisione doveva occupare una parte
de "Li Colli", un miglio ad est di S. Maria Imbaro il 29
e 30 Novembre.
Quarta fase: La stessa Brigata doveva occupare Fossacesia non appena
possibile dopo la terza fase. L'utilizzazione del fiume Moro era lasciata
in sospeso. Carri armati dovevano essere usati in ciascuna fase se
possibile ma nessuna fase doveva dipendere dal loro uso. Di conseguenza
la 78a Divisione preparò un piano per il bel tempo e uno per
il cattivo. Il primo diede un ruolo determinante ai carri armati nell'attacco
di Fossacesia e un ruolo di supporto alla fanteria; il secondo diede
i ruoli contrari.
Si tentava di preparare il tutto nel massimo segreto poiché
già c'era il presentimento di guai per la 65a Divisione Fanteria.
Pioggia e il Fiume Sangro avevano cambiato i piani dell'Vili Armata
per una improvvisa burrasca in una serie di limitati attacchi, benché
molte pesantemente sopportati.
I limitati attacchi dell' VIII Armata nei primi momenti della battaglia
del Sangro furono così pieni di successo che si è tentato
di scoprire se e che cosa la pioggia e il fiume avessero rovinato
del piano originale.
Tra il 23 e il 26 Novembre il Sangro cadde. I ponti n. 1 e H furono
riparati e il n. 3 completato il 26 novembre. Il ponte n. 4 vicino
Paglieta fu finito il 28 novembre, ma il ponte n. 2 non fu riutilizzato
fino al 2 dicembre.
Il 27 Novembre il Primo e Dodicesimo Reggimento Frontier Force (l7
Brigata Indiana di Fanteria> occuparono la zona sotto Mozzagrogna
e anche la 38 Brigata (78 Divisione) attraversò il fiume. La
sera del 27 i Royal Gurka Rifles, aiutati da otto reggimenti da campo
attaccarono Mozzagrogna e la occuparono subito dopo le due del mattino
del 28. Parte dei fucilieri Royal si unì ai Gurkas e insieme
scacciarono i tedeschi dalle case e dai nascondigli con granate, pallottole,
kukri e baionette. L'intenso fuoco dell'artiglieria e il bombardamento
avevano interrotto le comunicazioni con la 65 Divisione Fanteria,
isolando le unità e avevano sconvolto le sue "verdi"
truppe. Tuttavia una compagnia della 26a Divisione Panzer, 20 Reggimento
e uno squadrone di ricognizione arrivarono sul campo di battaglia,
attaccarono Mozzagrogna all'alba del 28.
Benché gli armati avessero solo 5 carri armati Mark, IV, 5
lancia-fiamme e 6 cannoncini italiani S. P. il brigadiere Wyndham
voleva sferrare un forte contrattacco e riunire le sue truppe a un
centinaio di yards e riorganizzarle. I Gurkas avevano avuto 136 morti.
La 4 Brigata Corazzata stava facendo passare i suoi carri sul fiume
e 124 la sera l'avevano già attraversato.
Il terreno asciutto spingeva la 78 Divisione ad usare i carri armati
per attaccare "Li Colli" (fase terza) e questo era deciso
per la mattina del 29. Ma prima di ciò il 1 e 12 Reggimento
Fanteria Frontier Force aiutate da sei Reggimenti di Artiglieria da
campo e tre medium, superando gli ostacoli costituiti dalle scarpate
occuparono S. Maria Imbaro.
Questo fu un brutto giorno per la 65 Divisione Fanteria. Aveva perso
Mozzagrogna e Santa Maria Imbaro, e anche il territorio alto a nord
del Sangro da parte della 5 e 6 Brigata Nuova Zelanda, che stavano
attaccando verso Castel Frentano. Il 2 e 125 Reggimento Granatieri
stava per essere disperso e qui e là le truppe iniziavano a
lasciare le loro trincee. I Tedeschi attribuirono le loro sfortune
principalmente alla intensa artiglieria e ai continui attacchi aerei
i loro stessi attacchi locali fallirono e il 65 Panzer Granatier Regiment
(26 Divisione Panzer), una riserva mobile, non poté raggiungere
i campi di battaglia per i continui attacchi aerei. Baade dubitò
se poteva riguadagnare il terreno perduto benché intendesse
tentare. I comandanti tedeschi non avevano dubbi che l'VIII Armata
avesse sfondato la Bernhardt Line ed era impossibile respingerla.
Ma volevano combattere fuori di essa. Allfrey decise di aumentare
la sua pressione e prendere Fossacesia. Non sembrava saggio contare
sui carri armati arrampicati su "Li Colli", questa volta
sotto il paese. Tuttavia durante la notte tra il 29 e il 30 Novembre
il 1 e il 5 Royal Gurkha e il 1 e 12 Frontier Force Regiment presero
il terreno dominante a nord-est di Mozzagrogna per rendere inutilizzabile
la strada che portava ad est di S. Maria Imbaro e Fossacesia e non
essere usata per i carri armati.
Questo successo fece tentennare la battaglia. Da mezzogiorno del 30
Novembre, il 30 C. L. Y. il 440 R. T. R. e il 20 London Irish Rifles
spazzarono via e occuparono le colline e entrarono a Fossacesia e
più tardi i Royal Tanks e i Royal Irish Fusilier si diressero
verso il mare. L'artiglieria era di nuovo venuta in aiuto. Durante
i primi tre giorni di battaglia i reggimenti spararono complessivamente
1.623 tonnellate di esplosivi.
Se consideriamo che solo una strada era agibile per il trasporto di
questo quantitativo di bombe, possiamo vedere le difficoltà
logistiche e possiamo capire perché si sperava nel tempo bello.
Mentre gli attacchi su Fossacesia progredivano la London Irish e la
6 Inniskilling Fusiliers avanzavano su Rocca San Giovanni e la occupavano
il 1 Dicembre. Lasciato il 5 Corpo, la Divisione Neozelandese si mosse
verso Castel Frentano e il 24 Battaglione N. Z. guardava da una collina
questa città la sera del 30 Novembre.
Nella stesso tempo i Tedeschi avevano organizzato una riserva come
meglio potevano e la mattina del 30, 2 Battaglioni del 670 Panzer
Granadier Regiment avevano raggiunto Arielli e Miglianico.
L'idea era che il comandante del Reggimento von Usedom doveva controllare
una riserva mobile formata da questi battaglioni e parte del 361 Panzer
Granadier Regiment (900 Panzer Granadier Division) e del 20 e 260
Panzer Regiment. Arrivando migliori truppe del 260 Panzer Division
si sperava di ristabilire la battaglia. Ma non doveva essere così.
La perdita di Fossacesia e la eventuale perdita di Rocca San Giovanni
e Castel Frentano esposero i Tedeschi alla minaccia di tanti attacchi
concentrici e il 30 Novembre Herr vide una migliore soluzione nel
lasciare la linea San Vito-Lanciano-Castel Frentano e preparare una
nuova posizione sulla linea della strada Ortona-Altino-Orsogna-Melone-Guardiagr
le.
Lemelsen, dopo aver visitato il fronte, ebbe un catastrofico rapporto
per Westphal (capo dello stato maggiore di Keserling) la sera del
30 Novembre. L'intero 145 Granadier Regiment doveva essere considerato
tagliato fuori e i due battaglioni del 365 Panzer Granadier erano
ridotti ad uno. Questo rimasuglio con due battaglioni di von Usedom
doveva tenere la linea San Vito-Castel Frentano per pochissimo tempo,
ma soltanto un contrattacco grande e bene assestato poteva ristabilire
la situazione. Kesserling infatti stava mandando il resto della 90
Panzer Granadier Division da Ancona a Pescara e Herr stava portando
il 4 Parachute Regiment sopra il suo lato destro, ma la prima data
di un completo raggruppamento fu il 3 Dicembre e il 760 Panzer Corps
e fino ad allora il 760 Panzer Division poté prendere quello
che venne, specialmente dall'aria.
"Good God" - Buon Dio - esclamò Lemelsen durante
una conversazione telefonica "ci sono altri quattro giorni per
arrivare; se va avanti così non so cosa accadrà..."
Hitler sostenne che una controffensiva poteva essere lanciata sul
fronte della 65 Divisione Fanteria solo se il tempo faceva arenare
le forze aeree Alleate; altrimenti a parte alcune imprese locali piccole,
le riserve dovevano essere usate per stabilire nuove posizioni.
Il 28 novembre, Kesserling aveva risposto a Lemelsen a proposito della
avanzata della Divisione New Zeland: "Il nemico arriva sempre
nelle zone vietate" e Lemelsen aveva replicato: "Il diavolo
sa come incontrarli sempre dove sono" (The Devii knows how he
always finds out where they are).
Traduzione del testo: Abba Castrigrianò
LINEA DEL FRONTE:
LE DONNE NELL'INFERNO DELL'ITALIA
Dal “Il sunday graphic” del 6 febbraio
1944 - Un episodio singolare
Passando rapidamente sulla gelida fortezza degli
Appennini, neve, ghiaccio, foschia e raffiche di vento nascondevano
la fiammeggiante scena della battaglia.
Sulle ardenti rovine di Campobasso, settore elevato questo del fronte
britannico in Italia, le truppe canadesi britannico in Italia, le
truppe canadesi si muovevano rapidamente con la baionetta. Allora
i soldati videro qualcuno affacciato alla finestra di un convento
che li guardava.
Alcuni canadesi avevano dei tacchini. Si accamparono sotto le mura
del convento e cominciarono a mangiarli. Una dolce suora di Campobasso
che guardava dalla finestra disse: Ragazzi, con che cosa mangiate
i vostri tacchini?” Meravigliati perché ella parlava
inglese proprio come loro, il duro soldato Cancks guardò su
e la interrogò. E questa è la storia di sorella Augusta
come ce la disse mentre i fucili brontolavano.
“Mi trovai sulla linea del fronte per uno di quei strani incidenti
di guerra. Io venni dall'America, dal New Jersey, per aiutare ad aprire
una missione nel Nord Rodesia. Ero in Italia quando il mio paese entrò
in guerra. Mi trovai subito nei pasticci. Piuttosto che non far niente,
mi offrii volontaria per una scuola missione a Campobasso. Non mi
sarei mai aspettata di aver un posto d'onore nella guerra e mai vorrei
riavere tale onore. I tedeschi attaccavano i civili, uomini e donne.
I loro proiettili uccisero il vescovo mentre pregava. Una suora mori
per le ferite”.
LA STORIA DI BONITA
Mentre combattono attraverso l’Italia le armate
alleate liberano migliaia di questa gente del fronte.
Avanzando giù per la strada oltre LANCIANO una pattuglia che
combatteva vide due giovani donne che camminavano verso di loro sopra
un campo di una fattoria.
“Ferma, ferma!” gridò una delle ragazze.
I soldati restarono sorpresi perché ella parlava inglese. Allora
l'altra ragazza, anche in inglese, aggiunse: “Siete della Bretagna?”
E stato così terribile trovarsi tra due eserciti in lotta”.
Una delle due ragazze, giovane, carina e bionda, era Emma Garbutt,
figlia del Console Generale Britannico a Messina. L'altra bruna e
piccola, era americana, Bonita Castelgrand. Bonita ha una storia adatta
ad uno scrittore di novelle.
Era venuta a Napoli con i suoi genitori come turista. Qui aveva conosciuto
un ufficiale italiano della marina del quale si era innamorata a prima
vista.
La luce scintillava sulla bianca pelle color crema di Emma e sui biondi
capelli e sul bruno ovale viso di Bonita mentre ci raccontavano come
con il bambino di 8 mesi di Bonita avevano cercato riparo tra i due
fuochi per 8 giorni e notti piene di terrore.
“Io avevo cercato di passare attraverso le linee britanniche
- disse Bonita - quando mi unii ad Emma che voleva andare da suo padre
e sua madre a Londra. Raggiungemmo LANCIANO. I tedeschi erano entrati
nella città il 16 settembre. Uccisero per rappresaglia un certo
numero di ragazzi per la rivolta della gioventù locale.
Decidemmo, mentre i fucili britannici cominciavano a sparare sulla
città, di fuggire peri campi. Andammo con altri contadini e
scavammo una grotta con l'ingresso dalla parte delle montagne. La
scavammo noi stesse. Nella mia grotta eravamo circa 40e tra questi
molti bambini.
Le condizioni erano spaventose, come potete immaginare, senza luce
o calore, senza acqua e misure igieniche: solo paglia per dormire
sulla umida argilla.
Una giovane ragazza che io avevo aiutato era un'eroina. Ogni giorno
andava a prendere il latte per il mio bambino. Ogni giorno pregavamo
“Oh, speriamo che gli Inglesi giungano presto!”.
La mia piccola eroica contadina tornò correndo una mattina
gridando con gioia: “Inglesi, Inglesi!” Sapemmo allora
che la nostra salvezza era giunta. Io ed Emma corremmo per il campo
e parlammo con le prime truppe britanniche”.
“Accipicchia! - esclamò Emma, con i suoi occhi azzurri
improvvisamente vivi e scintillanti - eravamo felicissime”.
Ma c'era ancora l'ombra della tragedia per la piccola mamma del fronte,
Bonita Castelgrand. Ella seppe che la corazzata italiana “Roma”,
sulla quale suo marito era imbarcato, era stata colpita e affondata
dai tedeschi, mentre la nave si arrendeva agli Alleati con il rimanente
della flotta italiana. Suo marito era tra i dispersi.
I LIBERATORI
Ad ogni miglio della nostra avanzata come Liberatori,
questa gente del fronte si muoveva lentamente sui propri carretti
sui fianchi delle colline o nelle fattorie e villaggi e antiche città
marinare: erano donne, uomini deboli, zoppicanti, malati e giovani.
Ognuno di loro ha una storia da raccontare di tragedia o quasi tragedia,
di guerra; attraverso i veli della memoria di quelle scene di battaglia
io mai sarò capace di dimenticare quelle figure.
Gli Hitler, i Tojos e i Mussolini - mi meraviglio - non si fermano
mai e non indugiano su tali spettacoli di orrore che essi creano quando
mandano le loro legioni a calpestare la civiltà e l'animo umano?
Richard McMillan
(corrispondente di guerra dalla linea del fronte in
Italia)
traduzione del testo: Abba Castrignanò
20 APRILE 1944: IN UN DOCUMENTO INEDITO I
RICORDI DI UNO DEI GIORNI PIU TRISTI DELLA STORIA DI LANCIANO
Trentasette morti di cui otto giovani al di sotto
dei 20 anni di età, oltre 100 feriti nel breve spazio di pochi
minuti. La mattina successiva la Polizia Militare Inglese invitava
i pochi operai che si erano presentati a lavorare a scavare le fossa
per i circa 150 soldati morti la mattina precedente. Si doveva preparare
un piccolo cimitero in Via per Fossacesia, dietro la fontana, tra
un boschetto di pioppi e la campagna circostante, ma non si trovavano
operai disponibili. Solo alcuni si offrirono per tagliare gli alberi
e approntare le pire necessarie per la cremazione dei soldati indiani
che non venivano seppelliti. Il fumo e il fuoco durarono parecchi
giorni e il piccolo cimitero, preparato in fretta e furia, nel mese
di settembre successivo fu levato e i caduti trasportati in quello
di Torino di Sangro. Cosa era avvenuto? Era una giornata di primavera,
un normalissimo giorno feriale, ma sembrava un sabato del periodo
delle feste patronali. Piazza della Vittoria, Piazza Plebiscito, l'Ippodromo,
il campo sportivo e ogni spazio della città erano letteralmente
zeppi di militari; dove non c'erano jeeps, furgoni, piccoli carri
armati, c'erano cataste di materiali da guerra. Il movimento era intensissimo
e per un preciso motivo; le truppe dell' VIlI Armata del Gen. Montgomery
preparavano l'offensiva primaverile. Non si poteva camminare neanche
sui marciapiedi ed era normale per i soldati e i civili rifugiarsi
spesso sotto le macchine militari per ripararsi durante i bombardamenti
dell'artiglieria tedesca; incursioni aeree tedesche durante l'inverno
non c'erano mai state.
In una situazione del genere un attacco aereo sarebbe stato micidiale:
cosi’ avvenne. Improvvisamente, contro luce, da sud verso nord,
pochi aerei tedeschi sganciando il loro carico di morte, compirono
una strage. Le schegge della pietra lavica e le fiamme delle macchine
centuplicarono i danni. Il campanile della citta’ porta ancora
i segni delle esplosioni e degli incendi; la lapide romana e’
scomparsa; il militare che regolava il traffico fu fatto letteralmente
a pezzi; tutte le traverse di Corso Trento e Trieste si riempirono
di morti e feriti e mancarono i soccorsi immediati.
Si disse che era il giorno del compleanno di Hitler. Tre giorni dopo
il bombardamento, il Comandante Militare Alleato della città,
il Maggiore R. Patterson, invia la lettera, che qui riportiamo, al
Comando del 50 Corpo dell' VIII Armata Inglese.
A quasi 40 anni di distanza il rapporto viene oggi pubblicato grazie
alla famiglia del Sig. Bruno Bolaffio, l'interprete presso il Co.
mando tedesco prima e inglese dopo, recentemente scomparso a Vienna
dove si era trasferito subito dopo la guerra.
Mario Spoltore
RAPPORTO DEL COMANDO INGLESE
A: O. C., A. M. G. 5 Corpo. 23 aprile 1944
Oggetto: Governo Alleato Militare.
Situazione della popolazione.
Quella che segue è la situazione della popolazione
come verificata dopo il cannoneggiamento e l'attacco aereo avanti
mezzogiorno del 20 aprile 1944 a Lanciano:
1) POPOLAZIONE: 37 morti (6 per colpi di artiglieria); oltre 100 feriti
trattenuti presso l'A. M. G. -Ospedale Civile (un numero considerevole
di feriti si trova anche altrove); ci sono alcuni dispersi; c'è
stato un notevole aumento delle richieste per lasciare Lanciano, che
sono state accolte favorevolmente per la facilità nel reperire
rifugi e per il fatto che sono a conoscenza di nuovi domicili.
2) SITUAZIONE DEL COMUNE: Gli impiegati comunali e i vari reparti
hanno risposto prontamente e quindi si sono riorganizzati e funzionano
bene; i CC. RR. (Carabinieri) prontamente si sono occupati dei feriti
e di riportare l'ordine; l'A. M. G. Ospedale Civile con l'aggiunta
della C. R. I. F. ha sopportato il peso dei feriti e ha assolto eccellentemente
il compito; i dottori civili hanno risposto bene appoggiandosi all'Ospedale;
gli addetti all'acquedotto e al servizio elettrico hanno agito prontamente
e riparato e rimesso in funzione i servizi nella notte del 20 aprile.
3) SITUAZIONE DELL’ A. M. G.; Emanuele Herzkovic, interprete
aggregato Red X, è morto; il CAPO (Lt. Bellamy), il sottoscritto
C. A. O. e l'interprete del C. A. O. (Ufficiale degli Affari Civili)
dr. Bruno Bolaffio, leggermente feriti; i veicoli dell' A. M. G. sono
rimasti intatti, eccetto l'ambulanza A. F. S. danneggiata; ma usata
il 20 aprile è stata riparata il giorno dopo; gli uffici A.
M. G. e gli alloggi dei Other Ranks danneggiati e sgomberati, sono
utilizzati per altri scopi; gli alloggi degli ufficiali dell' A. M.
G. danneggiati sono utilizzati ugualmente. Gli effetti personali di
Herzkovic sono stati raccolti, inventariati, e sono sotto il controllo
dell'A. M. G. presso questo quartiere generale fino al trasporto sotto
sorveglianza al C. A. O. dell'A. M. G. di Bari, per la consegna al
familiare del deceduto a Bari.
R. Patterson Maior C. A. O.
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