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Manfredi Faldi
Restauratore di dipinti ed esperto di diagnostica artistica,
laureato in Storia dell'Arte all'Università di Firenze.
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Il Restauro Pittorico: La Diagnostica
- Fluorescenza UV
Si chiamano così quelle radiazioni elettromagnetiche che
hanno lunghezza d'onda compresa all'incirca fra i 100 ed i 400
millimicron . Come accade anche per le radiazioni visibili, un oggetto
colpito dai raggi ultravioletti può rifletterli o assorbirli in maniera
differenziata a seconda dei materiali di cui è composta la sua
superficie; questa infatti può emettere dei raggi U.V. «riflessi» che
non sono percepibili dall'occhio umano ma possono venir registrati
fotograficamente (con una pellicola in bianco e nero munita di un filtro
che, bloccando le radiazioni visibili, faccia passare solo i raggi U.V.
riflessi). I raggi U.V. possono anche eccitare i materiali colpiti
provocando un fenomeno detto «fluorescenza ultravioletta» che è
sia percepibile al'occhio umano sia registrabile fotograficamente (con
una pellicola a, colori e un filtro che blocchi i raggi U.V. riflessi e
faccia passare le radiazioni visibili).
La fonte usata per emettere i raggi U.V. è la cosiddetta «lampada di
Wood» che prende il nome dal fisico americano che nel 1913 riuscì a
costruire una lampada (a vapori di mercurio) che emettesse solo
radiazioni ultraviolette.
Con i raggi U.V. si possono evidenziare scritte offuscate
(con l'ultravioletto riflesso) o successivi ritocchi e ridipinture che
appaiono come macchie più scure e più opache rispetto alla policromia
originale (con la fluorescenza). Le vernici originali appaiono
generalmente come uno strato lattiginoso semitrasparente ma, poiché vi
sono alcune vernici la cui fluorescenza impedisce l'esame degli strati
sottostanti, i dipinti vengono spesso sverniciati prima dell'esame coni
raggi U.V. Queste radiazioni vengono impiegate anche per la
spettrofotometria all'ultravioletto che, basandosi sulla specifica e
nota reattività di ogni elemento ai raggi U.V., permette di stabilire
quali sono gli elementi presenti in un microcampione (solubilizzato)
prelevato da un'opera d'arte (si veda il paragrafo sulle «indagini
invasive»).
Tra i metodi di
esame dei dipinti la fluorescenza all'ultravioletto (uv) è
sicuramente uno dei più apprezzati e diffusi. Questa tecnica è
utilizzata principalmente nella fase di accertamento dello stato di
degrado dell'opera e, più in particolare, nella verifica
dell'esistenza e dell'estensione delle parti non originali del
tessuto pittorico. Non sempre è infatti facile stabilire quanto di
ciò che è visibile sulla superficie di un dipinto sia originale e
quanto invece sia stato aggiunto in seguito. |
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Proiettando un
fascio di raggi uv sulla superficie di un dipinto potremo osservare
come alcune parti di esso si illuminino mentre altre rimangano
scure. Questo è dovuto al fenomeno fisico della fluorescenza
ultravioletta nel campo del visibile, cioè alla proprietà che hanno
alcune sostanze di illuminarsi quando vengono colpite dai raggi uv.
In pratica i raggi uv (a noi invisibili) vengono assorbiti e
riemessi come raggi visibili. Le differenti luminosità
(fluorescenza) osservabili su un dipinto 'illuminato' da una lampada
uv sono in funzione non solo della composizione chimica delle varie
sostanze che costituiscono la vernice protettiva e gli strati
pittorici ma variano anche in base al tempo che è trascorso da
quando questi materiali sono stati applicati. Ecco perché con questo
esame è spesso facile differenziare le ridipinture dalla pittura
originale: i materiali sovrapposti, essendo meno antichi, risultano
infatti più scuri. Infatti, con
l'invecchiamento si formano fra leganti e pigmenti delle reazioni
chimiche che rendono questi composti più fluorescenti, mentre le
reintegrazioni pittoriche più recenti dove queste reazioni non hanno
potuto aver luogo appaiono come macchie opache (meno fluorescenti). |
Possono comunque insorgere delle difficoltà nel riconoscere i restauri in
fluorescenza uv non solo nei casi in cui questi sono stati eseguiti a breve
distanza di tempo dall'esecuzione dell'originale ma anche per la forte
fluorescenza che spesso mostrano le vernici sovrapposte al colore: maggiore
è la fluorescenza di queste e minore sarà la fluorescenza dello strato
pittorico sottostante. Inoltre le lacune delle vernici antiche, quando sono
in corrispondenza di zone di pittura scura e perciò non fluorescenti benché
originali, possono apparire sotto forma di macchie molto scure spesso
difficili da distinguere da una ridipintura. Risulterà quindi chiara la
necessità di affiancare a questo esame anche altre tecniche che condurranno
alla conferma o alla correzione di queste prime osservazioni. |
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Caso
evidente della necessità di un confronto tra più esami è quando, nelle fasi
di pulitura di un dipinto, ci si trova davanti al problema della rimozione
di precedenti restauri. Se attraverso gli esami effettuati sappiamo quanto è
stato aggiunto sulla superficie di un dipinto ancora non possiamo stabilire
quanto al di sotto dei restauri è conservato di originale. In passato il
restauro non aveva infatti altro scopo che quello di risarcire i danni e
vaste aree di pittura venivano coperte da nuovi strati di colore solo perché
vicine a mancanze da completare. |
La
rimozione delle ridipinture può ovviamente essere giustificata solo se
l'aggiunta deturpa, snatura, offusca o sottrae in parte alla vista l'opera
d'arte, come nel caso di un restauro eseguito debordando oltre la effettiva
estensione delle mancanze. Il confronto che proponiamo a titolo d'esempio
tra i risultati ottenuti in fluorescenza uv e con la tecnica della luce
trasmessa può risultare essenziale per stabilire se l'aggiunta copre parte
dell'originale o se, al di sotto di questa, vi è una mancanza di uguali
dimensioni. |
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Per l'accertamento di
vari strati di vernice la fluorescenza UV risulta una delle tecniche di
indagine più importanti. Vernici a base di resine naturali, colle, olii, o
altre sostanze di origine organica come la chiara d'uovo (spesso stesa a
protezione di dipinti su tavola), verranno messe in evidenza permettendoci
di verificare, oltre alla loro presenza, anche il loro sovrapporsi e la loro
maggiore o minore omogeneità.
La mancanza di omogeneità
può essere dovuta ad una stesura irregolare ma anche ad interventi di
rimozione differenziata.
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Durante le operazioni di
pulitura di un dipinto l'aiuto offerto da ripetuti controlli sotto la
lampada di Wood darà modo di verificare il lavoro svolto, potrà essere
controllato il grado di omogeneità dell'assottigliamento di una vernice, la
presenza di un secondo strato al di sotto di questa, così come potranno
essere evidenziate macchie di colla o altri materiali, residuo di precedenti
interventi.
La fluorescenza delle
vernici, anche se in certi casi può impedire la visione degli strati
sottostanti, non deve, perciò, essere considerata una limitazione all'esame
ma parte dell'esame stesso.
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Per
stabilire l'antichità di una pittura la fluorescenza UV non può essere
considerata di per sé come esame conclusivo poiché esistono molti materiali
che sviluppano una forte fluorescenza ancor prima del completo essiccamento.
Vi sono inoltre dei procedimenti capaci di accelerare i processi di
degradazione della pittura che, in poco tempo, rendono gli strati pittorici
ingialliti e fluorescenti. Un dipinto antico che non mostra fluorescenza
alla lampada di Wood dovrà, comunque, metterci in sospetto e sarà necessario
verificare attentamente se ciò non sia dovuto a stratificazioni di sporco, a
pigmenti o altri materiali colorati che, inglobati o mescolati nella
vernice, impediscono la penetrazione delle radiazioni ultraviolette. In
questo caso assottigliando lo strato di vernice si potrà giudicare la
fluorescenza della pittura sottostante.
Anche le firme e le date dovranno essere osservate con attenzione in
fluorescenza uv poiché ogni alterazione, modifica o aggiunta può essere resa
ben evidente. |
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