Approfondimento
La Diagnostica
Luce Radente
Luce Trasmessa
Macrofotografia
L'Infrarosso
Riflettografia IR
Radiografia RX
Fluorescenza UV
Indagini Invasive
craquelure
Manfredi Faldi
Restauratore di dipinti ed esperto di diagnostica artistica,
laureato in Storia dell'Arte all'Università di Firenze.
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e pulitura
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dei Tensioattivi
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Strappo e Stacco
|
Il
Restauro Pittorico: La Diagnostica - Indagini Invasive
Le tecniche di
indagine analitiche e diagnostiche applicabili alle opere d'arte
vengono di solito distinte in due grandi classi:
-
invasive,
che richiedono il prelievo di un campione, cioè l'asportazione di
quantità minime di materia dell'opera, da sottoporre ai vari esami
(cromatografia, colorazione istochimica, etc.);
-
non invasie,
che, come la radiografia ai raggi X o la riflettografia
infrarossa, possono essere eseguite direttamente sull'opera
interagendo con le superfici attraverso varie forme di energia.
I metodi invasivi
sono a loro volta distinti in distruttivi ( i primi e per lungo
tempo gli unici ad essere utilizzati), che comportano la modifica o
la distruzione del campione esaminato e non distruttivi che, come la
spettrofotometria di riflettanza o la fluorescenza a raggi X,
permettono lo studio della natura e della struttura del campione
senza che questo venga modificato o alterato. |
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Quando alla
soluzione di uno specifico problema che deve essere investigato si
pone la possibilità di scelta fra le varie tecniche di indagine, la
tendenza attuale è quella di dare quanto più possibile spazio alle
tecniche non invasive. E' doveroso, però, sottolineare che fra le
tecniche che richiedono il prelievo vengono utilizzate soltanto
quelle che necessitano di campioni piccolissimi. Il campionamento,
cioè la scelta delle aree più significative e rappresentative, viene
predisposto in modo da limitarsi ai prelievi veramente
indispensabili e alle zone meno importanti in relazione al contenuto
espressivo dell'opera. Inoltre i prelievi verranno effettuati,
preferibilmente sui margini di lacune già esistenti, da persone
esperte e con tecniche e strumenti scelti caso per caso: bisturi,
siringhe, nastri adesivi, carotatrici, pennelli,etc. |
La
necessità di ricorrere ad esami di tipo invasivo è legata alla soluzione di
specifici problemi analitici (ad esempio per l'identificazione di materiali
organici e inorganici, di origine naturale o artificiale) e ad una serie di
limitazioni legate ai metodi non invasivi (alcune imposte dai materiali
stessi come nel caso della fluorescenza a raggi X che si attiva soltanto su
prodotti inorganici).
La distruzione o modifica del campione si rende necessaria ad esempio con la
cromatografia che permette di separare e dosare i componenti di un miscuglio
o con le microanalisi che prevedono l'identificazione dei materiali
attraverso l'osservazione al microscopio di formazioni di cristalli o di
colorazioni caratteristiche a seguito di reazioni chimiche indotte. |
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La
possibilità di conservare il campione intatto (esami invasivi non
distruttivi) rende possibile un continuo aggiornamento in funzione dello
sviluppo delle tecniche di analisi. La manipolazione del campione prevede a
questo fine il suo inglobamento in resina poliestere e, nel caso
dell'applicazione allo studio delle strutture pittoriche dei dipinti, un
taglio perpendicolare alla superficie per permetterne lo studio in sezione
(sezione stratigrafica). Ciò permette di ottenere numerosi dati analitici
sulla composizione di ogni singolo strato, sulla loro successione, su ogni
alterazione o modifica ad essi intercorsa, contribuendo all'elaborazione di
metodi capaci di arrestare eventuali processi di degrado, all'individuazione
di aggiunte o rifacimenti, nonché a chiarire alcuni aspetti dei materiali
costitutivi rendendo notevoli contributi in campo storiografico
attribuzionistico. |
Note di approfondimento
La Stratigrafia
La stratigrafia consiste in un microcampione prelevato da un'opera d'arte lungo
un piano perpendicolare alla sua superficie, in modo tale da evidenziare i vari
strati della preparazione, del colore e
delle eventuali ridipinture da cui è composta l'opera.
Per l'esattezza esistono due tipi di
stratigrafie:
-
le
cosiddette cross-section che hanno una sola superfìcie piana e
-
le
sezioni sottili che hanno due superfici piane e parallele così
ravvicinate fra loro da risultare semitrasparenti e quindi attraversabili da
opportune radiazioni che servono per indagare la composizione del campione in
esame.
Le
sezioni vengono preparate nel modo seguente: il campione viene inglobato in una
resina trasparente (acrilica, epossidica, poliestere ecc ) che poi viene fatta
indurire con opportuni catalizzatori. Il blocchetto di resina viene quindi
sezionato (col microtomo) e la sezione viene levigata con carta abrasiva molto
sottile e montata fra due vetrini per sottoporla ali indagine col microscopio
(ottico ed elettronico), con i raggi I.R., U.V. e con la microsonda elettronica
nonché ad analisi chimiche e istochimiche.
Ovviamente per esaminare una stratigrafia ci
si serve del microscopio (da 20x a 200x) come pure per effettuare eventuali
analisi chimiche su questi microcampioni (per stabilire ad esempio la natura dei
pigmenti usati). Montando sul microscopio una macchina fotografica si possono
fotografare sia le stratigrafie sia le eventuali reazioni chimiche eseguite su
di esse.
Le Analisi Chimiche e Istochimiche
L'analisi chimica permette d'identificare gli elementi presenti in un
campione (analisi qualitativa). Questo tipo di analisi, tuttora impiegato per le
prove più semplici, viene sostituito sempre più spesso dalle analisi che si
basano su mezzi fisici poiché permettono una maggiore precisione e soprattutto
l'impiego di minori quantità di campione.
L'analisi chimica, che s'effettua soprattutto sui materiali inorganici (pigmenti
d'origine minerale, sali inquinanti ecc.), consiste nel verificare la presenza o
meno di un determinato elemento caratterizzante in un campione di cui si è già
ipotizzata la composizione. Da quanto detto risultano evidenti i limiti di
questo metodo che però, rispetto alle analisi attuate con mezzi fisici, presenta
una maggiore facilità d'esecuzione e richiede minor attrezzatura.
Le analisi istochimiche, che si basano soprattutto su reazioni
colorimetriche, servono per identificare la classe di appartenenza e la
localizzazione di una sostanza organica in una «sezione sottile».
Tali analisi sono dunque meno precise di quelle chimiche: possono stabilire, ad
esempio, se un legante è proteico o oleoso ma non di quale tipo di proteina o di
olio si tratti. Attualmente le analisi istochimiche servono soprattutto per
distinguere i leganti di natura proteica da quelli di natura oleosa ma è ovvio
che il riconoscimento dei leganti originali può venir disturbato dalle
interferenze dovute a sostanze aggiunte in tempi successivi.
Per identificare i vari tipi di proteine presenti nelle opere d'arte (proteine
dell'uovo, delle colle animali, della caseina) è in fase di studio l'impiego
dell'immunofluorescenza.
Le Analisi Fisiche
Questo tipo di indagini ha il vantaggio di offrire risultati molto più precisi
(qualitativi e quantitativi) ma richiede apparecchiature sofisticate e costose e
dei tecnici in grado di utilizzarle e di interpretarne i risultati.
Ricorderemo fra queste:
La Cromatografia che, con microcampioni della sostanza in esame, permette
di ottenere analisi qualitative (assai precise) e con talune tecniche (come la
gascromatografìa) anche analisi quantitative. Va detto infatti che
esistono diversi tipi di cromatografia che comunque si basano tutti sulla
separazione delle diverse sostanze presenti nel campione (che va prima
solubilizzato) e quindi sul loro riconoscimento. Le varie sostanze vengono
distribuite in due fasi differenti di cui una (detta fase mobile) è in movimento
rispetto all'altra (detta fase stazionaria). Quando le due fasi sono liquide si
chiama «cromatografia di ripartizione», mentre quando la fase stazionaria
è solida si chiama «cromatografia di assorbimento». Fra i diversi tipi di
cromatografia ve ne sono alcuni (cromatografia su colonna, su carta o su strato
sottile, ecc.) che richiedono una strumentazione piuttosto limitata e poco
costosa mentre altri, come la gascromatografìa abbisognano di una strumentazione
più complessa e costosa. Tuttavia anche la cromatografia su carta e su strato
sottile non sono di semplice impiego per un restauratore poiché richiedono una
lunga e complicata messa punto delle condizioni operative. Va detto inoltre che
sia la cromatografìa su carta che quella su strato sottile sono più adatte
all'esame delle sostanze idrofile (quali ad esempio i leganti proteici) che di
quelle lipofìle (come i leganti oleosi).
Come s'è detto la più precisa fra questo tipo di analisi è la gascromatografìa
che è particolarmente adatta all'esame delle sostanze organiche. Il campione, in
questo caso, va prima volatilizzato ed il risultato è costituito da un grafico (gascromatogramma)
i cui picchi sono caratteristici di ciascuna sostanza.
Di recente impiego è infine la pirolisi-gascromatografica che permette
l'impiego della gascromatografia anche per sostanze non gassificabili. Tali
sostanze vengono infatti sottoposte ad una scissione termica (pirolisi)
portandole a 500-1000° C, il che ne provoca la scissione in piccole molecole
gassose.
La Spettrofotometria di assorbimento, che si può attuare con radiazioni
di U.V. o I.R., si basa sul fatto che, quando un fascio di radiazioni
elettromagnetiche attraversa una sostanza, nel fascio trasmesso, alcune
radiazioni con determinate lunghezze d'onda, diminuiscono d'intensità. Lo
spettro delle radiazioni trasmesse, che viene registrato graficamente, prende il
nome di «spettro di assorbirmento» ed è caratteristico di ciascuna sostanza. Con
tale sistema si possono dunque effettuare analisi qualitative di sostanze
organiche, impiegando i raggi I.R., o organiche e inorganiche, usando i raggi
U.V., ed anche analisi quantitative che però sono limitate ad alcune sostanze e
non sono molto precise. Bisogna ricordare infine che per l'indagine con i raggi
U.V. il campione va preventivamente solubilizzato.
La Diffrattometria ai raggi X si applica unicamente alle sostanze
inorganiche di natura cristallina (pigmenti minerali, prodotti di corrosione,
materiali lapidei) e si effettua bombardando con i raggi X il campione da
analizzare che li diffrange. I raggi X diffratti vengono registrati graficamente
o per mezzo di una pellicola fotografica e, i risultati ottenuti, permettono di
giungere al riconoscimento qualitativo e quantitativo delle sostanze presenti
nel campione confrontando il grafico o la lastra ottenuti con quelli, già
predisposti, di diverse sostanze cristalline.
La Fluorescenza ai raggi X si basa sul fatto che alcuni materiali colpiti
da radiazioni elettromagnetiche con determinata lunghezza d'onda ne emettono
altre con lunghezza d'onda superiore. Tale fenomeno può cessare col cessare
della radiazione incidente (fluorescenza) o può durare anche dopo che questa è
terminata (fosforescenza).
Ora alcuni elementi colpiti con raggi X, di nota lunghezza d'onda, emettono
raggi X con lunghezza d'onda superiore ma strettamente correlata al loro numero
atomico.
Analizzando così le radiazioni emesse (per mezzo di un particolare rilevatore
che registra la lunghezza d'onda e l'intensità di tali radiazioni) si può
giungere all'identificazione qualitativa e quantitativa degli elementi presenti
nel campione. Questo tipo d'indagine è però limitata ai materiali inorganici.
La Spettrografia di emissione sfrutta il fenomeno per cui, fornendo
energia termica o elettromagnetica ad una sostanza, gli elettroni in essa
contenuti «saltano» a più elevati livelli di energia.
Cessata l'irradiazione gli elettroni tornano ai livelli originari emettendo
radiazioni elettromagnetiche che corrispondono alla differenza di energia fra il
livello di partenza e quello di arrivo. L'insieme delle radiazioni emesse
costituisce uno spettro detto «di emissione» (registrato graficamente) che è
caratteristico della sostanza eccitata. Tale sistema permette di effettuare
indagini qualitative e quantitative su campioni anche piccolissimi e viene
impiegato soprattutto per il riconoscimento dei metalli (è più adatto per le
analisi elementari che per i composti).
La Spettrometria di assorbimento atomico analizza e registra l'energia
assorbita dagli elettroni di una sostanza per saltare da un livello più basso ad
uno più alto (il contrario della spettrografia di emissione). Questo tipo di
indagine serve per effettuare analisi quantitative di elementi inorganici. La
sostanza che contiene l'elemento da analizzare va prima diluita.
La Spettrometria di massa si basa su un processo di frammentazione delle
molecole della sostanza da analizzare (che viene previamente gassificata) e
quindi sulla separazione delle particelle che ne derivano (che sono differenti
fra loro per il rapporto massa/carica elettrica). Le particelle così ottenute
(investendo i vapori della sostanza con un fascio di elettroni ad alta energia
cinetica) vengono rivelate da un detector e da un registratore per mezzo dei
quali si ottiene lo «spettro di massa» da cui risultano il tipo e la quantità
delle particelle presenti. Da ciò si può risalire alla composizione della
sostanza in esame. Tale metodo d'indagine viene usato soprattutto per l'analisi
qualitativa e quantitativa delle leghe metalliche.
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