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La
Trexenta costituisce una delle regioni storiche
interne più intensamente frequentate in epoca punica.
Scarsi sono stati finora i ritrovamenti di oggetti
e monili relativi al periodo fenicio: un bronzetto
dell’ VIII sec. a.C. rinvenuto a Mandas;
ceramiche fenicie del VII-VI sec. a.C. rinvenuto
nel nuraghe Piscu di Suelli e ceramiche greche del
VI sec. a.C. rinvenute in altre località del
territorio. Con la conquista cartaginese
dell’isola (seconda metà del VI sec. a.C.) ed
il passaggio da una economia di tipo cittadino ad
una economia di tipo nazionale, un interesse
particolare venne riservata alle fertili zone
della Trexenta. Territorio particolarmente fertile
e adatto all’introduzione della monocoltura era
visto nello tesso tempo come naturale via di
passaggio per le zone minerarie del centro
montuoso.
L’organizzazione
coloniale della regione era basata su insediamenti
sparsi e protetta dai possibili attacchi dei
nemici, da opere fortificate e strategicamente
situate. Il territorio era servito da un tessuto
viario di notevole importanza da taluni denominata
strada del rame, che fu in parte forse
ricalcata dalla romana Ulbiam Caralis.
Essa
collegava Cagliari alle miniere di rame di Gadoni
attraversando i territori di Sant’Andrea
Frius, Senorbì, Suelli, Mandas e la valle del
Flumendosa.
Dell’importanza
delle attività commerciali dei Cartaginesi sono
testimonianza in Trexenta numerosi manufatti
d’importazione, rinvenuti nei siti archeologici
(vasellame attico e etrusco laziale), collocabile
tra la fine del VI ed il III sec. a.C. Introdotto
soprattutto a partire del 348 a.C. in regime di
sostanziale monopolio commerciale punico, i
cospicui ritrovamenti di anfore da trasporto
puniche (una parte prodotte anche in
Sardegna), interessano in larga misura la Trexenta
e documentano l’intensità dei traffici di
derrate alimentari lungo le rotte del
mediterraneo.
Le
testimonianze puniche dei territori di Suelli,
Siurgus Donigala, Mandas, Gesico, Selegas,
Guamaggiore, Senorbì, Ortacesus, Sant’Andrea
Frius, San Basilio, Pimentel, Barrali, in gran
parte evidenziate da recenti censimenti di
superficie, si distinguono per tipologie e livelli
cronologici, evidenziando un quadro di gruppi
umani dai complessi rapporti sociali. Importante
per la tipica impronta urbanistica cartaginese è
il centro di Santo Teru e Monte Luna di Senorbì.
Pochi
elementi si hanno sulle tipologie costruttive
degli insediamenti punici di Suelli, Siurgus
Donigala, Selegas, Mandas, Guasila,
Gesico, Ortacesus, Pimentel, Senorbì. San
Basilio. Sono stati individuati presso i nuraghe
Nuritzi di Selegas vani rettangolari realizzati
con muri di pietra e fango e probabile copertura
lignea, associati con materiali del V-Vl sec. a.C.
A Santo Benittu di Arixi-Senorbì strutture
con zoccolo in pietre, elevato in mattoni di fango
e probabile copertura sono associati a materiali
di età tardo punica e romana repubblicana.
Aree
funerarie con tombe di varia tipologia sono
presenti nei territori di Mandas, Gesico, San
Basilio, Guasila, Pimentel e Senorbì. Si
tratta di tombe a fossa ad inumazione e cremazione
spesso ricoperte da lastre di calcare ( San
Basilio, Mandas e di età tardo punica, Gesico),
di sepolture ad enchytrismos (il defunto
era sepolto entro una grande anfora opportunamente
tagliata). Sono particolarmente interessanti da un
punto di vista storico antropologico gli elementi
offerti da S’Aqua Salida di Pimentel, dove una
necropoli a doto iis de janas rivela una
fase di riutilizzazione di epoca punica ben
adattandosi l’impianto strutturale delle
grotticelle preistoriche alle modalità del
rituale funerario cartaginese
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