Come abbiamo detto, Vangelo non è semplicemente “lieto” ( ) “annunzio” ( ) così come ci dice l'etimologia; ma è anche:
I. Annuncio di Cristo morto e risorto “per”...
II. “Interpella” l'uomo, raggiungendolo dov'è;
III. L'uomo deve scegliere: “si” o “no”;
IV. Da questo dipende la sua situazione escatologica:
“salvezza”- “perdizione”. È la somma di questi quattro punti che costituisce “la lieta novella” che Paolo an-nuncia.
I. In primo luogo Paolo annuncia la morte e la risurrezione di Cristo,
non semplicemente come evento, ma come fatto che libera, o salva
dai peccati (ecc...). Sono eventi "per", ossia in funzione di
qualcos'altro. Gesù è veramente morto e risorto, ma non è questo il
succo dell'annunzio: morte e risurrezione comunicano la vita divina
all'uomo.
II. Tale annuncio arriva all'uomo nel suo ambiente, ossia lo interpella personalmente;
III. questi dovrà fare una scelta: si o no. Il “sì” è l'accoglienza della
fede. Da tale risposta data al vangelo dipende tutto lo sviluppo
ulteriore della persona:
IV. salvezza o perdizione. Ora, quindi, capiamo in che misura il
Vangelo è “lieto annuncio”: solo nel caso in cui l'uomo lo accoglie
e vi aderisce con la vita.
Infine troviamo una certa tensione o bipolarità tra una certa trascendenza
e immanenza del Vangelo. Paolo difatti dice che il vangelo è di Dio, ma dice
anche “il mio vangelo”. Di chi è allora il vangelo, di Dio o di Paolo? Possiamo
dire che è di entrambi: il vangelo di Dio viene personalizzato da Paolo.
Trascendenza : di Dio.
Personalizzazione : di Paolo.
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