C'è anche una giustificazione in senso religioso: per esempio lo Shemà Israel,
«Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con
tutte le forze » (Dt 6,5)
anche questa è una misura, cioè c'è una formula ideale e c'è
una condotta che cerca di esprime e concretizzare questa formula; se nella condotta
di una persona c'è un tentativo di attuazione di questa formula abbiamo un uomo
giusto dal punto di vista religioso.
L'uomo giusto in senso religioso, quindi, è colui
che fa un certo pareggio fra certe formule di carattere religioso che indica un certo
comportamento, e il comportamento storico spazio-temporale che ha quella
persona.
Lo stesso si può dire a livello umano più generale: c'è una formula che
riguarda l'uomo così globale e quando l'uomo realizza in pieno questa formula c'è
un pareggio; questa formula, è ciò che per Paolo significa essere uomo, e la
prenderemo in considerazione tra poco.
C'è una giustizia che riguarda Dio: quando si parla di un Dio giusto non si
deve pensare ad un Dio che sta ad esigere i propri diritti; Dio non si colloca nello
schema di giustizia commutativa che è uno schema validissimo nella comunità
umana: io ho dei diritti e dei doveri, è dovere di tutti rispettare i diritti degli altri.
Ma quando si parla di Dio la giustizia commutativa non è valida perché Dio non ha
un corpo e tutto quello che fa lo fa per amore, non per avere dall'uomo qualcosa in
cambio: l'alleanza è una iniziativa di puro amore da parte di Dio. Anche Dio si può
chiamare però in un certo senso Giusto, non nel senso che fa rispettare i suoi diritti,
ma in un senso diverso.
Dio ha fatto delle promesse ad Abramo, e proprio questa
promessa fatta comporterà una realizzazione concreta di quello che Dio ha detto.
Dio è perfettamente coerente con l'impegno che ha preso: c'è quindi un certo
pareggio in Dio tra quelle che sono le promesse che Dio ha fatto e la loro
realizzazione, questa è la giustizia propria di Dio, la sua coerenza suprema.
La
fedeltà di Dio nella storia della salvezza è quello che Paolo chiama la Giustizia di
Dio.
Per quanto riguarda Paolo c'è da notare un aspetto che riguarda Dio e uno
che riguarda l'uomo. In Rm 3,26 Paolo parla di Dio come giusto e giustificante,
Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per
dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in
passato, al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo
presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù.
Dio quindi è giusto, fa pareggio in pieno, ma Egli è anche capace di rendere
l'uomo capace di fare questo pareggio: all'uomo che ha fede in Gesù.
Guardiamo
l'esegesi che sostanzialmente è condivisa da protestanti e cattolici, anche se con
sfumature diverse: l'uomo ha una sua formula, Dio allora interviene donando il
vangelo, chiedendo l'apertura della fede, se l'uomo accoglie il vangelo per mezzo
della fede scatta nell'uomo la giustificazione:
l'uomo viene battezzato, e gli viene data la possibilità di fare un pareggio pieno tra
quella che è la sua formula di «essere uomo», il suo progetto, e la realtà concreta
storica dell'uomo stesso; l'uomo può vivere concretamente secondo questo schema
e la formula che lo riguarda.
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