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PIETRE OMERICHE


Lucidi portici

“Ma quando giunse alla bella dimora di Priamo; adorna di lucidi portici –v’erano in essa cinquanta stanze di pietra polita, l’una vicino all’altra, dove i figlioli di Priamo dormivano presso le spose amate; dall’altra parte in faccia, nella corte, v’erano le dodici stanze delle figliole, con tetto a terrazza, di pietra polita, l’una vicino all’altra; là dove i generi di Priamo dormivano presso le nobili spose – incontro con tenerezza gli venne la madre…”
Omero, Iliade, Libro VI, vv.242-251, versione di Rosa Calzecchi Onesti

Cnosso
Palazzo di Minosse -c.a 1500 a.C-
Portico orientale degli appartamenti reali.
Navi nere. Pietre levigate.

Ettore, stremato da un intero giorno di battaglia, rientra in città per indurre le donne a sacrificare ad Atena. Da molti anni, nove, intorno ad Ilio sono scatenati gli Achei, “quei cani votati alle Moire”, venuti a seminare la morte “sopra le navi nere”.
Il nero colora le prime cento pagine del Poema; anche il sangue che sgorga dalle ferite non è vivido ma, appunto, arterioso: sangue nero. Poi, nella città stretta dall’angoscia, ecco apparire la “bella dimora” ed è come un miraggio - un arco di serenità si distende. Noi con Ettore dimentichiamo il cozzo tremendo delle armi, i lamenti di agonia dei colpiti. La visione della dimora – propriamente la reggia – annuncia l’apparire della madre e, più avanti, l’incontro dell’eroe con la moglie, Andromaca, e il figlioletto Astianatte.
Solo due tratti di pennello per descrivere la reggia: lucidi portici, pietra polita. Ma bastano per alludere al grado di civiltà raggiunto da quella che fu la potente Troia, dominatrice sulle rotte mediterranee. Due aggettivi appena, che tuttavia dicono molto sulla ricchezza dei materiali architettonici – si trattava quasi certamente di preziosi marmi, per i portici – e sulla abilità dei lapicidi. Ma qui soprattutto conta la vastità, il numero di stanze: sessantadue. Tutte occupate dalla foltissima discendenza del vecchio Priamo.
Luogo dell’unità, la casa. Bella e pacifica dimora. Ampio contenitore di esistenze legate le une alle altre dall’amore. Adesso, la furia della guerra minaccia di distruggerla. Sarà distrutta come sappiamo. Finirà la guerra. Resteranno solo fumanti macerie. I sopravvissuti vagheranno, esuli.
Anche i nostri sono tempi di assedio. Qualcuno ha slegato dagli ormeggi le navi nere. Non so quando esse approderanno ai nostri porti, ma già in altri luoghi hanno imperversato le Furie.

Giuseppe Bella

agosto02


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Pagina pubblicata il 09-08-2002