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CITTA' RIFLESSE
Borges e Palermo

“ E’ di questa Palermo del 1889 che voglio scrivere (…) Al di là della linea ferroviaria dell’Ovest, il quartiere se ne stava in ozio tra le insegne dei venditori all’incanto, non solo sopra gli originari terreni incolti, ma anche sopra lo sparpagliato ammasso di case di campagna, brutalmente
lottizzate per essere poi avvilite da negozi, carbonaie, retrocortili, chiostri, barberie e recinti per bestiame. Rimane qualche cortile affogato nel quartiere, di quelli con palme impazzite tra materiali e ferraglie, reliquia degenerata e mutilata di una grande villa.
Palermo era una spensierata miseria. Il fico faceva ombra sulle tettoie: modesti balconcini si affacciavano su giorni eguali, la sperduta trombetta del venditore di noccioline esplorava il cader della notte. Sopra l’umiltà delle case non era raro vedere una grande anfora in muratura coronata aridamente di fichidindia: pianta sinistra che all’universale letargo di tutte le altre sembra opporre una zona d’incubo (…) C’erano anche cose felici: l’aiuola del patio, l’andare compassato del compare, la balaustra con riquadri di cielo”.
J.L.Borges, Evaristo Carriego
B. A. Strada a Palermo
Palermo e Borges: Borges cronista di Palermo. Una Palermo quale riappare nelle visioni del ricordo.
Si leggono quelle righe, e ci si accorge che i conti tornano. Non c’è dubbio che sarà stata, la Palermo di fine Ottocento, proprio come la ritrae Borges. Una città di temperamento iberico, sempre avvilita dallo scirocco, con il suo splendore di vecchia capitale butterata dalle macerie, con la sua eterna inclinazione al sacrilegio architettonico e alla volgarità urbanistica, una città che è riuscita a fare scempio di regge sprofondate nel verde saraceno dei palmizi.
Ma, ecco il dubbio: che c’entra il grande scrittore argentino con Palermo? C’entra. Sicuro che c’entra. E non perché vi ricevette, nel 1984, il prestigioso premio Mondello. Esiste, tra lui e la città, un legame di radici e di sangue.
Recita, infatti, la biografia di Borges che addirittura egli nacque a Palermo. Solo che non si tratta della nostra, siciliana, Palermo: ma di un suburbio di Buenos Aires, la cui fondazione si deve a un tale Dominguez di Palermo d’Italia, un molto prosaico macellatore di bestiame, giunto dalla Sicilia in Sud-america al seguito dei Conquistadores.
Una coincidenza, per quanto ironica, dunque: e però…Si direbbe che qualcosa dell’anima più nobile e tremenda della nostra Palermo sia trapassata nel suo omonimo sobborgo argentino. Almeno a questa somiglianza fanno pensare le frasi di Borges. E proprio su questo voglio, qui, riflettere brevemente: sul fatto che ogni città non è detentrice di un’identità unica e assoluta. Esistono, insomma, città (o paesi o sobborghi) che sono cloni: cioè copie fedeli, o quasi, di altre città sorte, magari, a migliaia di chilometri lontano.
Ad esempio, a Mar della Plata, sempre in Argentina, i pescatori che migrarono da Acireale in cerca di fortuna, trovata appunto la fortuna, ma sommersi dalle onde della nostalgia, riuscirono a placare la tortura dei ricordi ricostruendo, pezzo per pezzo, la piazzola centrale del loro borgo marinaro, quella Santa Maria La Scala che così sarebbe in grado di specchiarsi in un suo (allucinante?) doppio.

Giuseppe Bella
settembre
02


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Pagina pubblicata il 09-08-2002