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Attualità, cultura, eventi dal mondo delle donne
a cura di Mary Nicotra e Elena Vaccarino


 

03 novembre 2002

LE DONNE ZINGARE di Wolftraud de Concini

 

La focosa Carmen, la sensuale, seducente danzatrice, l'amante passionale, ammaliatrice e traditrice: è stata sicuramente questa immagine della donna zingara che, nel corso dei secoli, ha acceso maggiormente la fantasia dei non-zingari, dei gage, nella letteratura come nell'arte, nella musica come nel cinema.


Ed è realmente affascinante, questa zingara, come la vediamo raffigurata da 500 anni in quadri ed incisioni: la bellissima Giovane Zingara di Boccaccio Boccaccino (1516 ca.) che ci fissa, la testa avvolta in un turbante, con due occhi azzurri e magnetici; la zingara nuda nella Tempesta di Giorgione (1507 ca.) che, seduta sulle rive di un fiume, allatta il suo bambino; la giovane zingara dallo sguardo furbescamente indagatore nella Buona Ventura di Caravaggio (fine '500); poi le donne zingare nelle magistrali incisioni di Jacques Callot (1621), sedute a cavallo e agghindate elegantemente con grandi cappelli ed ampi mantelli di foggia orientaleggiante, grandi dame che non hanno niente da invidiare alle loro contemporanee nobili. 

E fino ai giorni nostri, la zingara, che è stata rappresentata da Edouard Manet, Pierre-Auguste Renoir e Henri Rousseau, da Henri de Toulouse-Lautrec, Henri Matisse, Pablo Picasso e Amedeo Modigliani, da Alfred Kubin e Otto Müller - rimane un leitmotiv nell'arte figurativa, soprattutto quando si tratta di raffigurare quella mistura attraente di bellezza, seduzione, fascino esotico e fiera forza che - perlomeno nell'immaginario collettivo - sembra contraddistinguere le donne zingare.
Certo, sono belle con i loro occhi scuri e i capelli corvini, trasmettono, nel loro andare per il mondo gagliarde e colorate, un senso di libertà e di indipendenza. E l'alone di mistero che le circonda è dovuto al fatto che fin dal loro apparire in Europa, all'inizio del Quattrocento, si dedicassero alla lettura della mano, alla divinazione e alle arti magiche, ma anche alla guarigione di vari acciacchi con erbe officinali che solo loro, le "vagabonde" del mondo, potevano conoscere. 

Per tutti questi aspetti è difficile vedere la zingara nella sua realtà, nella sua vita quotidiana, nel cerchio della sua famiglia. Ma è proprio là che manifesta il suo vero carattere, il suo essere incredibilmente determinata e coraggiosa. Bisogna cercare di vederla al di là di ogni mistificazione: quale perno centrale della vita familiare. E' lei, infatti, che provvede alle necessità più elementari della famiglia, al cibo quotidiano e al vestiario: con il "manghèl", vale a dire con il "chiedere", con l'elemosinare che non è considerata un'umiliazione, bensì un vero e proprio lavoro, del resto sicuramente faticoso, un'arte che impara fin da piccola e in cui mette alla prova, giorno per giorno, la sua forza di persuasione e la sua abilità nell'affrontare il mondo esterno. 

Con la nascita dei figli, la donna rafforza la sua posizione all'interno della famiglia "estesa". Non si separa neppure un istante dai bambini finché sono piccoli, insegna loro il "romanes", la lingua parlata tuttora dai Sinti e Rom in tutto il mondo, e li educa: con apparente permissività, senza contraddirli, senza punirli, ma in verità con lo scopo di renderli al più presto possibile indipendenti e responsabili delle loro azioni. La donna partecipa - contrariamente alle parvenze che mostrano l'uomo zingaro "padrone" assoluto della famiglia - alle decisioni più importanti riguardanti la famiglia, e sempre lei, diventata anziana, diventa la consigliera più preziosa ed ascoltata.
E' vero, la donna zingara è sottomessa al marito, ma in modo naturale, spontaneo e consapevole: fin dalla "fuga", concordata da una ragazza e un ragazzo, che equivale - almeno presso gli zingari Sinti - al matrimonio. E sebbene contratti spesso in età giovanissima (di solito la fuga matrimoniale corrisponde al primo rapporto sessuale), i legami matrimoniali presso gli zingari sono saldissimi e superano anche gravi difficoltà della vita. I divorzi sono molto rari, la fedeltà è (quasi) assoluta. Anche lo scrittore francese Prosper Mérimée, che pur con la sua novella "Carmen" ci ha dato un'immagine troppo "carica" (e in seguito stereotipata e folklorizzata) della donna zingara, annota che le zingare "... mostrano una dedizione straordinaria verso i loro mariti. Non c'è pericolo né miseria che esse non sfidino per soccorrere alle loro necessità". 

La famiglia costituisce la base della società zingara. Lo avevano intuito, a modo loro e con l'acume scientifico distorto che era loro proprio, anche i nazisti che decisero di non separare le famiglie zingare neppure in alcuni campi di annientamento: vissero unite nel famigerato "Zigeunerlager" (campo zingaro) di Auschwitz-Birkenau, senza per questo poter tuttavia sfuggire al loro crudele destino. E anche in quelle circostanze, le donne zingare si dimostrarono coraggiose e incrollabili come poche altre: vere rocce monolitiche.

Anche nel mondo zingaro le cose stanno cambiando. Molte donne hanno smesso di vestire in modo vistoso e colorato, guidano la macchina, sono diventate indipendenti ed istruite, cominciano ad organizzarsi in associazioni di donne: per parlare tra di loro dei loro problemi, per far sentire la loro voce. Senza, con questo, voler "superare" l'uomo che rimarrà sempre il capo della famiglia zingara. Ma lei, la donna, ne è la persona più importante.

Wolftraud de Concini


Wolftraud de Concini, è l'ideatrice della mostra "U baro drom - La lunga strada. Storia e cultura di Sinti e Rom" che - su iniziativa dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Bolzano - si tiene fino al 1° dicembre 2002 nella Galleria Civica di Bolzano. Con pannelli informativi, ricostruzioni e opere d'arte, questa mostra permette al visitatore di dare uno sguardo sul mondo fascinoso e misterioso degli zingari.
Per informazioni: Aktivacom, tel. 0471.501733,

info@aktivacom.it







 






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