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Relazioni interpersonali  e modalità comunicative
a cura di Mary Nicotra


04 ottobre 2002

"Scuola italiana: davvero così in crisi? 

La parola ad un'esperta" di Allegra Alacevich


 Il primo settembre è cominciato un nuovo anno scolastico, avvenimento che vede coinvolti un milione di lavoratori e diversi milioni di ragazzi e di genitori. 


Si preannuncia per tutti un periodo importante dal punto di vista sindacale che, come assicura il Segretario Generale di Cgil Scuola Enrico Panini, si prevede caratterizzato da una forte partecipazione scolastica agli scioperi. Tra promesse e smentite si sta facendo largo, attraverso paludose discussioni parlamentari, la riforma morattiana; se si rivelerà "mini" o "maxi" ancora non ci è dato sapere, probabilmente si manifesterà in maniera aggressiva, prova ne é il neo-decreto sulla Sperimentazione, se non altro per avere ragione della contestazione in atto nelle scuole, e nel paese, e delle difficoltà registrate nel governo.
Cerchiamo di farci largo tra i tanti problemi che travagliano la nostra scuola e analizziamoli grazie alle parole di un'addetta ai lavori. È forse un argomento scottante, e tuttavia tanto e mai troppo rimasticato, quello che a Paola Di Cori, esperta di didattica, professoressa universitaria nonché saggista prolifica, chiediamo di trattare per l'ennesima volta: il futuro della scuola; è d'altronde uscito da poco più di due mesi un saggio, redatto "a dieci mani" - due delle quali appartengono appunto a Di Cori - che sembra ritrarre con parole semplici e scorrevoli una situazione, quella scolastica, che agevole non è. 

Il titolo del testo è l'assunto dello stesso: "La scuola deve cambiare" (Napoli, Gomene-L'ancora del Mediterraneo, 2002). 
Paola Di Cori e coloro che hanno collaborato alla stesura dello scritto, la psicologa specialista di processi di apprendimento Anna Maria Ajello, l'insegnante dedita alle innovazioni in campo scolastico Lucia Marchetti, la nota pedagogista Clotilde Pontecorvo e infine il "maestro di strada", come lui stesso ama definirsi, Marco Rossi Doria, hanno convogliato le proprie energie confermandoci la necessità più assoluta di un mutamento radicale dell'istituzione scolastica; la risultante dell'intrecciarsi delle loro esperienze, pensieri e approfondimenti è un testo pacato nei toni, ma dal contenuto molto forte, che si rivolge a tutti noi affinché possiamo cooperare all'edificazione di una scuola davvero pubblica, che promuova i diritti, il sapere e i progetti di vita di tutte le persone in crescita. Le questioni che stanno tornando a galla, solo per citarne alcune quelle relative al "buono scuola", ai contratti, all'autonomia delle sedi scolastiche, all'inefficienza degli istituti, all'inadeguatezza rispetto alle problematiche degli studenti - l'handicap in prima fila - e all' "obbligo", non sono ignote ai nostri occhi, ma appaiono adesso ingigantite a causa dei ritardi e dei tagli di una finanziaria che sembra non riservarci altro che polemiche e zone d'ombra. Non esistono soluzioni facili e immediate: questo è l'ammonimento rivolto al lettore dagli autori de "La scuola deve cambiare" che rilanciano una riflessione collettiva in merito di cosa modificare, come e perché; forse, però, si può cercare di fare il punto di una situazione alquanto caotica, progetto di cui vi proponiamo un assaggio in forma di intervista. 

Professoressa Di Cori, come riassumerebbe la situazione della scuola in Italia e cosa risulta da un confronto della scuola italiana con la scuola all'estero?
Questa, io credo, è una domanda a cui è molto difficile rispondere. Nessuno lo sa qual'è lo stato della scuola in Italia. Se qualcosa andava fatto, bisognava in realtà partire proprio da qui; bisognava, cioè, mettere in piedi una inchiesta seria sullo stato delle scuole, di tutti i livelli, gli studenti, i docenti, i rapporti con l'università e con il cosiddetto mondo del lavoro. Invece questa inchiesta non è mai stata fatta, e quindi chiunque parla della scuola, lo fa in modo approssimativo, basandosi su dati incompleti, su conoscenze parziali.
All'estero invece queste inchieste vengono fatte, e quindi almeno a livello di dati le idee sono meno approssimative.
Purtroppo, neanche fuori dall'Italia la situazione è buona. Non ho né il tempo né i dati alla mano per rispondere con più precisione, ma in tutta Europa si lamenta un declino delle conoscenze di base - a malapena qualche rudimento nella storia, geografia e scienze, scarse competenze nella scrittura e lettura, ecc. Ma c'è una maggiore serietà nell'affrontare i problemi dell'apprendimento oggi, molto diversi che in passato. Quindi da noi bisognerebbe cominciare disegnando una carta di ciò che c'è e di come funziona, e questo è un lavoro gravoso, che richiede anni e molte persone impegnate a farlo. Mi sembra purtroppo una prospettiva poco realistica.

È vero che da noi persiste un gap notevole tra studio e lavoro? Se la risposta è affermativa, perché secondo lei l'università italiana non forma gli studenti dal punto di vista professionale?
I rapporti tra università e mondo del lavoro sono tradizionalmente stati molto carenti in Italia. Anche qui, non è semplice disegnare un panorama preciso, che sicuramente è molto variabile a seconda delle aree formative. La trasformazione profonda del mercato del lavoro aggrava una situazione già molto delicata, aggiunge ulteriori variabili di incertezza e transitorietà al panorama già incerto.
Lo scarso spirito collaborativo esistente all'interno del corpo docente universitario italiano - ciascuno fa per sé, nonostante la riforma costringa ormai a lavorare in equipe - non aiuta a costruire uno spazio di discussione all'interno delle singole facoltà. Anche qui spesso si lavora al buio, ciascuno orientandosi per conto proprio, senza possibilità di poter contare su organismi elastici e formati da esponenti di università, di scuola e del lavoro (sindacali, agenzie indipendenti, industrie, ecc.) per fornire almeno un punto di riferimento.

Un'ultima cosa: che pensa della Ministra Moratti e della sua "mini-riforma"? Crede che Letizia Moratti riuscirà a rendere la scuola più elastica e adatta alle esigenze degli studenti?
La riforma Moratti non può essere giudicata positivamente neanche con tutta la buona volontà di questo mondo. Anche qui, bisognerebbe entrare in dettagli; ma basterebbe pensare alla commissione Bertagna, che avrebbe dovuto essere il punto di partenza per elaborare un progetto. Il documento che ne è uscito è un testo abborracciato e illeggibile, frutto di faticosi incontri con esperti e meno esperti, messo insieme in poche settimane (in altri paesi si richiedono anni di lavoro per poter avere un quadro serio e dettagliato della situazione), e che in realtà dopo poco è stato prontamente accantonato: chiaramente il ministro non ha una linea coerente - salvo quella ben nota di voler privilegiare le scuole private rispetto alla rete pubblica; ma soprattutto è lontana, come biografia professionale e vocazione, da un reale interesse per gli attori protagonisti della scuola; né ha interesse a costruire un rapporto con insegnanti, con studenti, con famiglie, con istituzioni culturali e civili: non ha nessuna idea di che cosa sia la cultura della scuola. E così, ogni settimana si apre il giornale e si legge di un provvedimento, che la settimana dopo viene cambiato, oppure transitoriamente sospeso: la riforma della Moratti va avanti (si fa per dire) con provvedimenti, piccole soluzioni prese dall'alto e da lontano da chi nella scuola ci lavora e ci studia.
L'unica cosa sicura è che oggi si ha una percezione assai distorta di ciò che accade nelle scuole. Tutti pensano che le scuole italiane siano tutte un disastro, gli insegnanti ignoranti e irresponsabili, i ragazzi dei perdigiorno destinati al paradiso degli asini. Non è affatto così e questa è una delle ragioni che ha spinto un gruppo di insegnanti di scuola e di università, insieme ad altre persone che si occupano di formazione, a riunirsi per avviare una discussione su ciò che si fa in positivo nelle scuole.
Da questi incontri è nato il libro "La scuola deve cambiare", che contrariamente a tutto quanto si è pubblicato finora, è soprattutto un insieme di considerazioni su quanto di positivo esiste, si è fatto e si continua a fare nelle scuole italiane, vuole essere un invito a tutti/e i e le cittadine per appoggiare quanto di innovativo (ed è molto) esiste nelle scuole. Il libro è percorso da un desiderio di allargare a un pubblico il più ampio possibile l'idea della scuola come luogo nel quale si esercita la responsabilità collettiva dei cittadini, si condividono alcuni ideali di autonomia, democrazia e bisogni formativi.


Allegra Alacevich









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