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15
settembre 2003
Raccontar(si):
appunti di LIdia Campagnano
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E' giunto al suo terzo appuntamento, il laboratorio interculturale Raccontar(si) che si tiene ogni anno a Prato nella Villa Fiorelli grazie alla Società delle Letterate di Firenze, al Giardino dei Ciliegi e ad alcune straordinarie docenti dell'ateneo fiorentino.
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Questa volta era dedicato a un tema nettamente teorico: il tema della complessità che, dall'ambito scientifico, illustrato da Elena Bougleux, è stato esportato e messo alla prova su quasi tutti i territori disciplinari, artistici e anche pratici, con alterna efficacia, passando per la filosofia, la letteratura, la psicologia, la politica. Ma come sempre avviene in questo incontro formativo tra donne di diversa età, storia, esperienze e formazione culturale, la teoria è diventata materia per la creazione delle relazioni tra noi, fonte di letture, scritture, discussioni senza rispetto per i confini disciplinari e sperimentazioni artistiche. Con qualche folgorante sorpresa: come l'esibizione della splendida Li Quing, danzatrice dell'Opera di Pechino, così semplicemente generosa da portare la sua arte, che reinterpreta la tradizione cinese mescolandola alla musica di altri continenti e di altre epoche, dai maggiori teatri del mondo ai circoli di quartiere, a Villa Fiorelli, appunto. Quasi come un episodio di Arte Povera.
E' proprio la complessità viva e contraddittoria, individuale sociale culturale e politica, che ha mutato, indipendentemente dalla volontà delle organizzatrici, la partecipazione a questo appuntamento, rispetto a quella dello scorso anno: meno presenze di donne immigrate, meno Africa, un po' di Europa orientale in più, forse (che emozione, ascoltare da una voce migrante, la famosa lettera di Tatiana, dall'Oneghin di Puskin, in russo!) E più evidente è stata la presenza di donne impegnate nella mediazione sociale e culturale sul territorio circostante. Quest'anno Prato, la Provincia più "rosa" d'Italia ( metà degli assessori sono donne) era ben rappresentata, ha partecipato ai lavori con le sue istituzioni, e per una serata il popolo di Villa Fiorelli si è trasferito in città per partecipare a una bellissima festa dell'immigrazione. Perché Prato è anche il luogo più infittito di immigrazioni, famoso per la sua colonia cinese, ma non solo.
E più forte, dunque più fertile, è stato l'accostamento tra l'elaborazione filosofica e letteraria e il vissuto e l'agire personale e politico, così che la lezione cattedratica faceva cortocircuito con la narrazione del lavoro in scuole, associazioni, istituzioni territoriali, e con le vite individuali. E come per caso, tornavano in mezzo a questo intreccio (complesso, o anche caotico?) certi punti fermi della tradizione di Villa Fiorelli: le guerre non vengono dimenticate, la Palestina è sempre lì, come un monito terribile (è stato proiettato il film L'uccello verde di Liana Badr, e per l'Iran lo splendido The Day I Became a Woman, di Marziyeh Meshkini) mentre la severità tragica del momento storico è stata evocata non dal Telegiornale ma, per fare solo qualche esempio, dalla voce della filosofa Elena Pulcini, da una letterata come Clotilde Barbarulli, da Giovanna Covi che ha riproposto alla meditazione il tema della "razza" , togliendolo dai veli del politically correct. Perché la complessità come visione delle transizioni intime e sociali, di genere e di storia, non è precisamente una festa, e la differenza tra una fredda contemplazione e la volontà di cambiare il corso tragico delle cose sta nella capacità di sentire e patire il costo di ogni singola vita umana.
Di qui si potrebbe ripartire per ragionare su come Villa Fiorelli ogni anno evoca, critica, rende complicata e favorisce la scrittura personale e collettiva di un'agenda politica per donne e non solo. Il dibattito ormai aperto, per esempio, sul senso della professione di mediatrice/mediatore culturale, si misura con i problemi della cittadinanza (ne ha parlato Maria Vittoria Tessitore, docente alla Sapienza di Roma)) e con una più acuta coscienza politica, soprattutto tra le donne immigrate. E si scontra con l'impossibilità di praticare democrazia sotto il regime della legge Bossi-Fini.
Ma questa è un'altra storia. Come l'esperienza di Raccontar(si) è un'altra storia, probabilmente, per ciascuna partecipante che la scrivesse qui. Non basta un articolo. Un articolo è pieno di errori e omissioni. Un articolo è imperdonabile. La speranza sta nella diffusione dello stile o, per dirla con Liana Borghi, dell'intelligenza affettiva di Villa Fiorelli nei luoghi, personali politici culturali dove le partecipanti, le "Fiorelle" sono ora tornate.
Lidia
Campagnano
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