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quiLirica&dintorni
a
cura di Raffaello Malesci
Un "Barrabas"
corale al Teatro Grande
Un
moderno oratorio per l'opera di Togni, meno
incisivo "Il Mito di Caino"
Il
"Barrabas" di Camillo Togni ha avuto martedì
28 novembre la sua prima esecuzione mondiale in
forma scenica al Teatro Grande di Brescia. L'opera
è un affresco corale su cui incombe
l'imminente crocifissione di Cristo. Barrabas vaga
muto per la scena, sconvolgendo i presenti con la
sua sensualità fino al momento in cui la
folla si lascia andare a un'orgia sfrenata. L'unico
protagonista canoro, un non meglio identificato
giovane, è anch'esso attratto morbosamente
dal male rappresentato da Barrabas. La musica,
profondamente influenzata dalle avanguardie
mitteleuropee della metà del secolo scorso,
rimanda alle pagine di Arnold Schoenberg del "Moses
und Aaron", mentre il canto, soprattutto nella
grande aria del tenore, complice anche il libretto
simile, richiama la "Salome" di Richard Strauss.
Monica Conti, la regista, ha risolto la messa in
scena giocando particolarmente sul coro, in bilico
fra una ieratica immobilità e una passione
sfrenata e orgiastica, limitandosi tuttavia a una
visione sostanzialmente centrale e immobile.
Azzeccata l'idea di fare apparire dall'alto nel
finale la figura rovesciata di Cristo crocefisso.
Discreto l'apporto dei mimi, grigia e
opportunamente opprimente la scenografia di Giacomo
Andrico. Dal punto di
vista musicale l'esecuzione di Barrabas ci è
sembrata accurata sia nell'orchestrazione, guidata
da Vittorio Parisi, sia nel coro. Ottimo l'apporto
di Martyn Hill, che, con buona voce e notevole
adesione stilistica, ha reso intenso e coinvolgente
il personaggio del "Giovane". Rispetto alle opere
di Schoenberg o anche di Berg, stilisticamente
simili ma stabilmente rimaste nel repertorio dei
grandi teatri, il Barrabas manca di una forte
motivazione drammaturgica il che rende tutta
l'operazione poco coinvolgente, anche in
considerazione del fatto che questo tipo di musica,
di impianto dodecafonico e basata sulla
serialità, ha ottenuto i maggiori
riconoscimenti quando inserita in un efficace
contesto drammatico. Barrabas è invece un
moderno oratorio dove la scarna azione diventa il
pretesto per alcuni colti rimandi simbolici che
però non riescono a coinvolgere lo
spettatore in una musica di elevata fattura ma
essenzialmente cerebrale.
Meno riuscito "Il Mito di Caino" di Franco Margola.
In questo caso la musica si basa su uno stile
decisamente più melodico in cui abbiamo
riconosciuto un'influenza tardo pucciniana. L'opera
di Margola ha indubbiamente dei buoni momenti,
soprattutto nelle parti sinfoniche, anche se
l'esecuzione dell'orchestra dei "Pomeriggi
Musicali" non ha reso adeguata giustizia
alla partitura. Insufficienti i cantanti,
impacciati in scena e vocalmente, con la sola
eccezione del basso Marco Spotti che ha
interpretato efficacemente Adamo. La regia in
questo caso è risultata completamente
inesistente e a tratti davvero farraginosa. La
scena dell'assassinio era, a nostro avviso,
addirittura grottesca. La pur breve azione,
affidata a cantanti-attori non all'altezza,
è risultata nel complesso sbiadita e
soporifera nonostante l'inserimento nel finale di
alcuni mimi che si muovevano al ritmo della solenne
marcia funebre per la morte di Abele.
Il pubblico, abbastanza numeroso, ha decretato un
successo cordiale ma non entusiastico.
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