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a
cura di Marco Gasparotti
Lorenzo
Favero e il naturalismo bresciano del
900
La
mostra. "Lorenzo Favero (1911-1974). La memoria
figurativa". A cura di Mauro Corradini e dell'Associazione
artisti bresciani.
Dopo 28 anni è di nuovo possibile vedere nella nostra
città l'opera di un'artista tra i più
significativi del panorama bresciano del Novecento. La
mostra riesce a offrire una panoramica evolutiva
dell'operato del maestro e critico d'arte, cogliendo rilievi
molto interessanti dalle prime influenze impressioniste,
fino ad arrivare alle ultime creazioni, sempre di tipo
classico figurativo, ma con una più nitida impronta
soggettiva.
Dove, come, quando.
Brescia, galleria Aab, vicolo delle Stelle, 4. Aperta fino
al 7 febbraio 2001. Orari: feriali e festivi 15,30/19,30;
chiuso il lunedì. Ingresso libero. Tel.030 452222 ,
fax. 030 2898077.
In alto: Autoritratto, del 1939, olio su tela
35x25cm. Sopra a sinistra: Ritratto del figlio
Antonio, 1951, olio su compensato 40x30 cm. A destra:
Perdita di un amico caro, 1955, acquerello 153x36 cm.
Sotto a sinistra : Peschiera Maraglio, 1968, olio su
compensato 50x50 cm.
La recensione. Lorenzo Favero, pittore bresciano e
famoso critico d'arte, si identifica bene nella generazione
degli artisti che si è culturalmente formata nella
scuola del Novecento. Ha frequentato in gioventù
prima il ginnasio, poi la facoltà di lettere
dell'Università di Pavia, riuscendo a ottenere a soli
25 anni la cattedra di insegnante di italiano alla scuola
media "Giovanni Pascoli" di Brescia, lavoro che ha mantenuto
per 30 anni. Si accosta ben presto ai fratelli Mazzoni, suoi
zii, e alle correnti espressioniste dell'epoca, risvolto che
si può ben notare nelle opere più
datate. L'incontro con Emilio Rizzi lo porta poi a seguire
le costruzioni solide dell'ultimo classicismo organizzate e
definite dal rigore della cultura novecentista.
"Autoritratto", del 1939, rappresenta questo stadio della
vita dell'autore, dove da una matrice fotografica l'artista
cerca un'apertura verso la modernità. Dalla mostra si
può cogliere tutta l'evoluzione dell'artista, che si
distacca dalla pura tecnica ottocentesca da cui era partito,
per arrivare a usare pennellate più ampie e meno
definite, sempre mantenendo però i riferimenti a temi
figurativi evocanti tradizioni classiche, per esempio i
ritratti dei fanciulli sono ispirati alla retorica
pascoliane. Inizialmente si nota la minuziosa attenzione di
Favero nei confronti della realtà, ricreata
attraverso pennellate brevi, luminosità diffuse e
piani ben definiti, per poi passare a un mutamento della sua
pittura che porta alla fusione tra oggetto e soggetto. Negli
acquarelli infatti, lo sciogliersi della materia pittorica,
apre l'immagine a una dimensione e a un'aura molto
più fantasiosa. Anche nei paesaggi si coglie questa
dinamica, forse in maniera meno profonda ma sempre
incisiva.
Qui sopra a sinistra:
Alta Valle Camonica, 1953, olio su compensato
35x47cm.
A destra:Pilzone, 1949, olio su compensato 30x41 cm.
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