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quiBresciaMostrea
cura di Anna Pedersini
C'era
una volta il Nordafrica
Sopra: H.
Béchard, "Statue de Ramses - temple de Istambul
(Nabie)".
La mostra. "Viaggio
in Nordafrica 1850-1890" raccoglie una collezione di
albumine del secolo scorso tratte dall'archivio fotografico
di Ken Damy che documentano gli scavi archeologici condotti
nell'Antico Egitto e la vita nelle città e nelle
campagne di Algeria e Libia, visti attraverso gli scatti di
cinque viaggiatori: Antonio Beato, Henri Béchard,
Felix Bonfils, Luigi Fiorillo, Pascal Sebah.
Dove, come, quando. Brescia, Galleria "Ken Damy Fine
Art", corsetto S. Agata 22, tel. 030 3750295, e-mail
kendamy@tin.it. Aperta fino al 7 settembre (chiusura estiva
dal 7 al 21 agosto). Orari: tutti i giorni dalle 11 alle 13
e dalle 16 alle 19, domenica dalle 16 alle 19, chiuso il
lunedì. Ingresso libero.
Qui sopra, da sinistra
a destra: F. Geiser, "Senza titolo" e F. Bonfils, "Senza
titolo".
La recensione. Sono immagini che portano in un mondo
lontano nello spazio e nel tempo quelle raccolte da Ken Damy
durante i suoi viaggi intorno al mondo e ora riunite in
questa mostra tematica che non ci si aspetterebbe di trovare
in uno spazio nato nel nome della fotografia contemporanea.
Eppure, la quarantina di albumine che compongono il percorso
dell'allestimento non stonano accanto alle numerose
pubblicazioni dei protagonisti della fotografia più
recente presenti in galleria. Scattate oltre un secolo fa da
mani diverse - degli autori poco si conosce oltre al nome
Antonio Beato, Henri Béchard, Felix Bonfils, Luigi
Fiorillo e Pascal Sebah -, le immagini sono tuttavia in
buono stato di conservazione. Mantengono quella colorazione
calda data dal particolare impiego della tecnica di sviluppo
detta "all'albumina", così frequente nei
réportage d'altri tempi, quando la documentazione
visiva di luoghi lontani era affidata soltanto al mezzo
fotografico.
I ritratti di Luigi Fiorillo tratteggiano caratteri e "tipi"
della gente di laggiù; i vicoli di Algeri sono quelli
immortalati da Pascal Sebah come le feste popolari in
costumi tradizionali; le architetture di Antonio Beato
sembrano isolate dal contesto, ma sono sempre accostate a
figure umane per evidenziarne la monumentalità; i
paesaggi di Henri Béchard suggeriscono atmosfere
misteriose. La scelta dei soggetti è varia, come il
loro accostamento in mostra, ma tutte queste immagini sono
giunte fino a noi come testimoni mute della vita di popoli e
della storia di una terra.
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In alto a sinistra: H.
Béchard, "Fontaine aux abblutions Sultan Hassa
Caire"; a destra: L. Fiorillo, "Musician Barbarin". Qui
sopra, da sinistra: F. Geiser, "Senza titolo" e L. Fiorillo,
"Décotteur".
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