|
|
quiBresciaTeatro
di Rossella Prestini
Re
Lear: la lezione della follia
L'adulazione, si sa, è una nemica
pericolosa. Illude con fare suadente, mieloso, ma
spesso nasconde dietro di sé l'interesse, il
calcolo. La verità invece è spesso
più dura. Non sempre dice ciò che si
vorrebbe sentire, ma non nasconde inganno.
Entrambe, comunque, non sono tanto facili da
riconoscere: ci si può sbagliare e gli
errori di valutazione si pagano sempre. Proprio
come è successo a re Lear, leggendario
sovrano della Britannia portato alla
notorietà dalla penna di William
Shakespeare, le cui gesta vengono messe in scena al
Sociale dalla compagnia di Glauco Mauri. Il povero
re infatti, volendo dividere il regno tra le sue
tre figlie, chiede loro di esprimere in parole
l'amore che nutrono per lui. Ma mentre le prime due
esagerano, sostenendo che il padre è l'unico
affetto della loro vita, l'ultima figlia, Cordelia,
la preferita, sostiene di amare il padre né
più né meno di quanto si convenga.
Scoppia così l'ira del tiranno che, deluso
dalle sue parole, disereda la giovane, consegnando
il regno alle due sorelle. Inutile dire che questa
è la sua rovina.
Le due figlie prescelte si rivelano delle streghe:
odiano il vecchio, lo maltrattano, lo cacciano
dalle loro dimore lasciandolo all'aperto in una
notte di tempesta. E proprio durante la bufera che
sconvolge la natura, anche la mente del re si
perde, tramutando l'uomo in un pazzo, non come il
Matto che accompagna Lear, che anzi è quello
che fa risaltare con la sua sagacia i vaneggiamenti
del vecchio, ma come una persona che ha perso la
strada e non riesce più a capire il suo
ruolo nel mondo. Ma sarà proprio questo
estraniamento dalla realtà a far sì
che poi il re comprenda il vero significato delle
cose. Il perno del dramma shakespeariano infatti
è proprio qui: la pazzia è una sorta
di purgatorio, necessario per arrivare alla
verità.
E' soprattutto in questa seconda parte dello
spettacolo che si vede la bravura di Glauco Mauri.
L'attore infatti interpreta il ruolo del vecchio re
in maniera esemplare. Il suo Lear è un
personaggio completo e ricco di sfumature, anche
perché lo conosce bene, avendone già
indossato i panni moltissime volte.
Benchè Mauri sia il mattatore, nulla si deve
togliere a un'altra figura fondamentale del dramma:
il Matto. L'attore Roberto Sturno è molto
bravo, il suo Matto è una guida per il re,
ma anche per lo spettatore che ne segue sul palco i
cambiamenti, le rapide evoluzioni. In un cast
decisamente all'altezza, si fanno notare anche i
due figli del conte di Gloucester, Sandro Palmieri
e Graziano Piazza, l'uno puro e l'altro corrotto.
Lasciano invece un poco a desiderare le figure
femminili, accademiche nell'interpretazione, ma
prive di quella nota che le faccia rimanere
impresse.
Tutto insomma nello spettacolo di Mauri è
molto ben orchestrato. La
scenografia, sobria ed essenziale, è
perfettamente studiata, le musiche sottolineano
senza esagerare lo svolgersi degli eventi. E' solo
la durata dello spettacolo, tre ore compresa una
pausa di 20 minuti, a mettere non poco alla prova
chi guarda che, seppure non annoiato, rischia di
non a mantenere l'attenzione sul giusto livello. Il
pubblico del Sociale, non pienissimo, ha applaudito
con calore. Si replica fino al 18 marzo 2001, tutte
le sere a partire dalle 20,30 (domenica alle
15,30). Per informazioni: 030 2808600.
|
Consulta
l'archivio delle
recensioni
I
gruppi teatrali
bresciani
Torna
alla pagina indice del teatro
Scrivi
a: teatro@quibrescia.it
|
|
|