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quiBresciaTeatro di Rossella Prestini

Quegli spettri che non muoiono mai


I fantasmi tornano sempre, non si può sepellire il passato con la menzogna. E' questo il significato degli "Spettri" di Henrik Ibsen, lo spettacolo realizzato dal Ctb, per la regia di Cesare Lievi, e in scena al teatro Sociale di Brescia. Il sipario si alza su un ambiente freddamente elegante, una stanza dalle ampie vetrate, in cui si alternano i personaggi del dramma. Tutti loro, apparentemente tranquilli e dalle vite comuni, hanno in realtà un fuoco che divampa nelle viscere, qualcosa da nascondere, che li consuma lentamente dall'interno. Così Helene Alving, moglie del fu ciambellano Alving, una donna moderna e intraprendente, ha però sempre vissuto nella menzogna per nascondere le colpe del marito, vizioso e immorale. Ed è proprio attorno alla figura di quest'uomo, continuamente evocata, che si genera la tragedia. E' stato il suo comportamento quando era in vita a generare la menzogna, vera causa del dramma che si sta per consumare. Il figlio Osvald è infatti malato (di sifilide nel testo ibseniano, forse di Aids nella rilettura di Lievi), la colpa paterna gli è ricaduta addosso; la servetta Regine è in realtà figlia illegittima del ciambellano e, quando Helene glielo dice per scongiurare una relazione sentimentale tra lei e il fratellastro, la ragazza lascia la casa ed è perduta. E il rimorso assale anche l'apparentemente integerrimo, perbenista pastore Manders, che in gioventù rifiutò l'amore della signora Alving, per paura del giudizio sociale più che per convinzione. Il religioso poi non è altro che un credulone, vittima dei raggiri e dei maneggi del poco onesto padre anagrafico di Regine, Engstrand, che lo coinvolge in loschi affari senza che lui se ne accorga.
Gli spettri del passato, insomma, non si fanno attendere e si insinuano spiando dalle vetrate di casa Alving. Tutto ciò che si è cercato di dimenticare, che si voleva nascondere, torna a galla. Inutili i tentativi di Helene per chiudere la voragine che sta risucchiando le vite e l'apparente felicità di tutti. L'incendio divampa, sulla scena (brucia l'asilo, simbolo della menzogna, che Helene voleva dedicare alla memoria del marito) e negli animi dei protagonisti: l'antica rabbia, l'odio, ogni sentimento viene riversato all'esterno distruggendo i ruoli e le regole. Tutto è finito, solo gli spettri sembrano essersi salvati e anche il sole che sorge è una beffa: nessuno più lo può apprezzare.
Lievi ha deciso di collocare questa vicenda nel Novecento - l'arredamento e gli abiti ricordano gli Anni '50 - modernizzando la vicenda e rendendola più attuale, anche sul fronte della malattia che uccide Osvald, probabilmente Aids. Quest'interpretazione, sicuramente ben pensata, rischia però di far sparire alcune sfumature della tragedia ibseniana che, modernizzata, forse perde un po' in credibilità. Molto convincente l'interpretazione di Franca Nuti, che propone una Helene introspettiva e intensa, un personaggio apparentemente forte, ma distrutta dalla vita. Ben caratterizzate anche le interpretazioni di Osvald (Francesco Migliaccio) e Manders (Massimo Foschi); priva di personalità la Regine di Sandra Toffolatti. Il pubblico del Sociale, pieno, ha applaudito lungamente. Si replica fino all'11 febbraio tranne lunedì 5. Lo spettacolo va in scena tutte le sere alle 20,30. Domenica 11 solo alle ore 15,30. I biglietti costano 42 mila lire in platea e 30 e 20 mila in galleria. Per informazioni la biglietteria risponde al numero 030 2808600.



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