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a cura di Mary Nicotra e Elena Vaccarino


 

01 giugno 2003

FRIDA- MI VIDA: vita e pittura di Renate Reichert

di Anna Colellla

 

Renate Reichert nasce in Germania, nel 1939. Nello stesso anno la pittrice messicana Frida Kahlo dipinge il quadro "le due Fride",


un'opera da cui traspare l'ambivalenza di una figura profondamente sofferente, ma allo stesso tempo forte e piena di vita.
La vita di Renate Reichert è stata quella di un'esploratrice, nei suoi studi, nei suoi viaggi, nella sua professione. Formatasi in studi letterari in Germania, Austria e Francia, ha vissuto diversi anni a Parigi, laureandosi alla Sorbona. Nel 1973 si è trasferita in Messico e là ha vissuto per ben 22 anni; all'inizio ha lavorato all'Istituto Goethe, ma poi si è dedicata ad una nuova arte, l'arte del telaio. Grazie al suo arazzo "Nuvole di pioggia" è stata premiata alla Biennale dell'Arte Tessile di Leòn (1989). E' nel 1996, un anno dopo che ha deciso di cambiare di nuovo continente e paese, trasferendosi in Italia - e più precisamente in Chianti -, che inizia l'interessante work in progress "Frida - mi vida" dedicato a Frida Kahlo, e in particolare alla rivisitazione del quadro "Le due Fride".



Perché "Frida - mi vida"?

Mi vida (vita mia) è un modo affettuoso messicano per rivolgersi a una persona vicina, con cui si ha molta familiarità, quindi per me è stata la forma più naturale per iniziare un dialogo con Frida: si tratta infatti di una conversazione, di uno scambio di pareri, sulla base del fatto che tra noi esiste un'armonia profonda.


Katharina Delogu ha parlato, in un suo articolo a te dedicato, uscito sul Frankfurter Allgemeine, di "Antiprogetto all'autoritratto opprimente"? Come mai questa definizione?

Questa definizione (che peraltro è stato ideato da Katharina) esprime l'essenza che sta all'origine della concezione di "Frida -mi vida-" : togliendo gli indumenti mortali della raffigurazione originaria e originale, le due Fride, perdendo i tratti sanguinolenti che le connotavano, sono diventate semplicemente due donne solidali; una solidarietà che esprimono col gesto di tenersi per mano (non a caso Hayden Herrera, la biografa di Frida, ha interpretato questa doppia figura come una sorta di auto-sostegno). La serie è nata del mio desiderio di vederla liberata dal dolore, di mostrare piuttosto la Frida che amava la vita, nonostante tutte le avversità; è nata insomma dal desiderio di scrivere una biografia alternativa, parallela, che ponga l'accento sul lato solare del suo essere, in chiave leggera, adottando uno stile apparentemente scherzoso; il filo rosso è dato dall'intuizione di possedere un atteggiamento interiore in comune.

Qual è questo atteggiamento comune?

Diciamo che mi sento in sintonia con Frida per una comune filosofia della vita che ci lega: sì, per questo forte amore per la vita, mi sembra di identificarmi con lei, sento quasi una sorta di sorellanza. C'entra anche la solidarietà: Frida ha espresso la sua dipingendo sé stessa ed il suo doppio, due figure che si aiutano l'un l'altra; io, a mia volta l'ho espressa togliendo il sangue dal suo quadro, allo scopo di aiutarla… in nome di questa armonia speciale.



Perché, tra i molti quadri in cui Frida ha espresso la sua sofferenza, hai scelto di lavorare proprio su questo? E solo su questo…

È stato la prima opera di Frida che ho conosciuto, ed ha subito suscitato in me reazioni contrastanti, dal rifiuto alla compassione. Agli inizi degli anni Settanta ho vissuto a Coyoacán, molto vicino cioè alla Casa Blu - la casa in cui Frida è nata e morta - che in quel momento era un museo gratuito, incustodito e sempre vuoto. Là si trova una fotocopia in bianco e nero, della dimensione del quadro originale, de "Le due Fride". Nelle mie tante visite, esse mi sono diventate sempre più familiari, si potrebbe dire quasi che siamo entrate in confidenza, senza che esse smettessero di suscitare in me quei sentimenti ambigui di ribrezzo e attrazione, rifiuto e compassione; alla fine é per cancellare questa dualità che ho "modificato l'originale": l'ho fatto, 25 anni dopo, con il gesto, insieme simbolico e concreto, di fare sparire il dolore, creando così la base per un discorso più felice. 
All'inizio tutto è partito da una sorta di impulso ludico, senza preconcetto, senza alcuna elaborazione teorica consapevole; tuttavia questo stesso impulso, nel corso dei sette anni seguenti, si è cristallizzato in una sorta di manifesto virtuale, espressione di una vita parallela, quella che è stata trascurata, lasciata all'ombra dall'enormità del destino di Frida. Una vita che in ogni caso c'è stata, ed documentata dalla stessa Frida che firmò uno dei suoi ultimi quadri aggiungendovi la frase "viva la vita". Frida -mi vida non è la solita apologia della disgrazia di questa vita, tutto il contrario, è un omaggio al coraggio, alla forza, all'umorismo e all'amore universale che Frida ha dimostrato.


Devo dire che ho scelto questo quadro anche perché è uno dei miei preferiti e mi sembrava il più idoneo al mio proposito di dare una diversa prospettiva alla sua storia. E nei sette anni successivi il lavoro si è poi sviluppato quasi da solo, secondo un cammino che non ho saputo né voluto arrestare.
Ho voluto però mettere un primo limite: 47, ovvero un quadretto per ogni anno di vita di Frida. Questa prima edizione è stata acquisita nel 1999 da un'amica di Frida, Dolores Olmedo Patino, per il suo omonimo museo. Il dialogo fra Frida e me sembra però inarrestabile, e il numero oramai è arrivato a 136. Tra quattro anni si festeggia il centenario della nascita di Frida e mi piacerebbe donare, ad una istituzione che possa esporli in permanenza, 100 quadretti: un vero e proprio regalo di compleanno.



Alcune di noi hanno avuto modo di sapere qualcosa di più sulla vita di questa celebre e affascinante pittrice dal (discutibile) film a lei dedicato e apparso quest'anno nelle sale; altre documentandosi grazie alla ricca bibliografia che esiste su di lei. Ma chi è Frida per te, come donna e come artista? L'immagine che tu ne hai nasce da come essa viene vista e vissuta in Messico o piuttosto scaturisce dal fatto di percepire un contatto tra le vostre vite personali? 

Come donna, Frida è per me la dimostrazione del coraggio umano di vivere la libertà, per quanto condizionata dal dolore fisico ed emozionale, in forma dignitosa. Come artista : trovo che il suo dono di dipingere quello che vive, la sua pittura sia di una bellezza crudele che non può lasciare indifferente nessuno.
Curiosamente, ho notato nell'ambiente degli intellettuali messicani di sinistra un senso generale di imbarazzo, quasi di rifiuto verso la figura di Frida, spiegabile, forse, solo per via di un tabù sociale che pone dei forti limiti all'espressione dei sentimenti intimi: non perdonano a Frida la sfacciataggine del suo esibizionismo cronico. Il fatto che Frida poi sia celebrata fuori del Messico, ovviamente viene invece accettato con grande soddisfazione. 



Per portare avanti questo progetto hai scelto un formato assai atipico nell'arte italiana, che accomuna gran parte dei quadri. Ricordano un po' delle piccole scatole, delicate e variopinte, e ciascuna racchiude una diversa rilettura del quadro di Frida. In questo, e nell'uso dei materiali così diversi, ti sei ispirata alla tradizione messicana? 

Lo stile si ispira all'arte popolare messicana e ne condivide i colori, l'imperfezione, l'amore del dettaglio, l'umorismo e la fantasia illimitata. L'elaborazione è un'invenzione tutta mia, dove la cornice di carta pesta fa parte integrante del quadretto. L'effetto "scatola" risulta dal fatto vi sia un vetro sopra l'immagine a una distanza di 2 cm. Il formato piccolo( la maggioranza misura 23 x 30 x 2,5 cm ) è in sintonia con il contenuto, una storia personale inscatolata. Potrebbero essere le pagine di un libro di storie illustrate o di immagini raccontante. 



Ciò che colpisce è effettivamente anche il fatto che su ognuna di esse tu hai scritto una frase, una domanda per la precisione, e con essa sembri dialogare con Frida. E' un modo di mantenere vivo un colloquio intimo tra le vostre vite? A volte questa frase si rifà a aspetti della sua vita, a volte della tua, a volte a momenti della storia…

L'aspetto verbale è essenziale: l'idea, il messaggio, il contenuto del quadretto è trasmesso contemporaneamente dal mezzo pittorico e da quello verbale, che insieme raccontano una storia. 
E sì, è un dialogo. E' cominciato l'anno stesso che sono arrivata in Italia ed è stato ed è il mio modo di mantenere viva la magia del Messico che ho vissuto, il filo rosso di connessione con la "messicanità": e credo che non vi sia rappresentante più autentica di Frida. A volte, il tema di questa nostra conversazione è la cronaca odierna o i fatti della mia biografia, sempre tenendo conto del fatto che si tratta di un dialogo fra amiche che hanno idee in comune.


Come nascono i tuoi quadri? Le occasioni sembrano essere le più diverse. Hanno una lunga gestazione? O sono il frutto di un impulso "spontaneo" (per quanto spontanea possa essere l'arte)?

Nascono in modi diversi ed imprevedibili, alcune sognandoli, come immagini, altri come idee da trasformare in immagini. Può succedere in qualsiasi momento o quantità. Ho cominciato una sorta di "lista di attesa" (a causa della mia memoria decrescente), ma essa diventa sempre più lunga perché altre idee, nate successivamente, vengono invece realizzate prima. Sembra una fonte inesauribile, che ha del soprannaturale, forse è parte della magia, del fascino, della capacità di seduzione di Frida. 



Uno dei quadri è dedicato al tema della pace. E' una pace che chiedi tu? Che chiedeva Frida - che peraltro fu assai attiva politicamente -? Che riguarda il mondo a noi contemporaneo? In questo senso, credi in un legame tra impegno "politico" e arte?

Frida credeva che l'arte fosse uno strumento politico, lo ha detto e lo ha messo in pratica. Anche la serie "Frida -mi vida-" , nel suo piccolo, è un manifesto politico, non nel senso stretto di partito, bensì a un livello etico, in una dimensione di valori umani. 
Il nome "Frida" tradotto dal tedesco, vuol dire "pace" (fatto ignoto a quasi tutti i messicani e, si capisce, a tanti altri). Esistono due versioni di questo quadro, una che ho fatto nel 1998, e quella di quest'anno. Quest'ultima ha preso come simbolo la forma odierna della bandiera arcobaleno (nella prima invece ho scelto di esprimerla raffigurando due colombe), ed è la pace che Frida ha chiesto da sempre e che noi chiediamo oggi. 



Credi che un'arte figurativa abbia più possibilità di altre di diffondere un messaggio?

Direi che dipende dall'intenzione del messaggio, se si tratta di un'idea o di un'emozione. Per quanto riguarda "Frida -mi vida-" - e questa è stata una gratificazione per me- il messaggio è stato ricevuto: lo dimostrano le reazioni dei spettatori, accattivati dalla versione benevola di una vita drammatica. Tocca il cuore, seduce, fa ridere e piangere, non lascia indifferenti.



Come mai sei passata dalla scrittura - hai scritto un romanzo, vero? - agli arazzi, alla pittura? Sono mutamenti che rispondono a momenti diversi della tua vita o eri alla ricerca di una forma di espressione a te più congeniale?

Tutta la mia vita ho scritto, dipinto e fatto musica, in momenti diversi, a volte in conflitto fra loro.
Il problema di quale avrebbe prevalso si è risolto da solo : oggi me dedico a Frida, suono il pianoforte quando mi pare e, da un anno sto provando a scrivere la storia di Frida -mi vida- di quella che è ed è stato il suo cammino nel mondo, pensando di terminarlo, come finzione, nel 2007.



Oggi vivi in Toscana. Questa terra ti da qualcosa ai fini del tuo lavoro di pittrice? 

La bellezza di questa terra e la qualità della vita che offre la campagna mi regalano la serenità di cui ho bisogno.


Concentri il tuo lavoro su Frida, o parallelamente ti dedichi anche ad altre opere? 

Per adesso mi concentro su Frida -mi vida-. Poco tempo fa, pero, mi è venuto l'idea, la voglia, di fare, all'acquarello, dei ritratti di Frida, assorbendo tutta la sua iconografia, servendomi di tutto quello che ha dipinto lei : i frutti, i vegetali, gli oggetti, gli animali, riutilizzati fuori dal loro contesto. contesto. Il primo ritratto la mostra con i cocomeri simili a quelli dell'ultima natura morta che ha dipinto. È un primo passo verso una serie parallela che idealmente arriverebbe fino a 52 acquerelli, essendo questo il numero dei autoritratti che Frida ha dipinto. Ma forse rischierei di voler fare troppo allo stesso momento, come spesso mi accade… 


Vedi una fine per questo lavoro? Stai seguendo un percorso per raggiungere una meta, una particolare conclusione? O, al contrario, il dialogo potrebbe continuare all'infinito?

No, per adesso non vedo una fine... Continuo.
La cosa importante adesso è fare in modo che il mio progetto per il centenario di Frida diventi realtà, in modo tale che più persone possibile possano condividere la forza e la vitalità che emana dai quadri e, prima di tutto, dalla straordinaria figura di Frida Khalo.
Nel frattempo, vi aspetto alla mia prossima mostra, che si terrà in Germania, alla Kunststation Kleinsassen, dal 20 luglio al 12 ottobre 2003.

Anna Colella




 


 




 






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