Mantova e le colline moreniche mantovane

Associazione I Ghiottoni


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direttore Angelo Peretti



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Un itinerario gastronomico nell'Alto Mantovano
Ponti sul Mincio - Monzambano - Volta Mantovana - Goito - Castiglione delle Stiviere - Solferino - Cavriana

A sud del Garda, in territorio mantovano, a pochissimi chilometri dalla riviera, ci sono le verdi colline originate dai depositi del ghiacciaio che in epoche lontanissime ha formato il lago. Fra questi dolci rilievi collinari, non ancora scoperti dal turismo di massa, si nascondono autentici tesori d'arte e di storia. Ma quest'è anche il regno della buona tavola tradizionale mantovana proposta da ristoranti e trattorie nelle quali vale davvero la pena sostare. E fra i tanti piatti "classici" di questa zona ci sono i saporiti tortelli di zucca, i curiosi "caponsei" (delle specie di gnocchi fatti con pane e formaggio), gli "agnoli" (sono i tipici tortellini del luogo). In genere si comincia comunque con un assaggio dei salumi locali, oppure con il luccio in salsa, altra ricetta tipica del territorio mantovano. Poi ecco le grigliate di carni, oppure lo stracotto di cavallo o, purtroppo ormai più raramente, d'asino. Ed a far compagnia ai piatti della tradizione sono i vini doc dei Colli morenici mantovani del Garda (bianco, chiaretto e rubino), poco conosciuti, ma gradevoli e "beverini".
La visita all'Alto Mantovano può partire da Peschiera del Garda, da dove ci si dirige rapidamente verso Ponti sul Mincio, il paese della provincia di Mantova più vicino al Garda (è a quattro chilometri dal lago). La località conserva i resti del castello scaligero. Risalgono al Cinquecento sia la chiesa parrocchiale che l'oratorio di San Nicolò, poco fuori dell'abitato.
Lasciata Ponti, si arriva a Monzambano, altra località contrassegnata dai resti di un castello degli Scaligeri. La chiesa parrocchiale settecentesca conserva tele del Cignaroli e dell'Ugolini.
Da Monzambano ci si dirige poi verso Volta Mantovana, il cui castello, sorto prima del Mille, ha raggiunto il suo assetto definitivo, tuttora identificabile, attorno al Quattrocento. Volta vanta anche magnifiche ville: una di queste, villa Venier, è proprio dentro le mura del castello. In centro al paese spicca il cinquecentesco palazzo Gonzaga-Guerrieri-Cavriani, ora sede municipale, contrassegnato da tre alti comignoli: conserva affreschi e soffitti lignei di pregevole fattura. Nel piazzale antistante ci sono le ex scuderie, che ospitano mostre e concerti. Nella chiesa parrocchiale si ammirano la pala dell'altar maggiore del Rotari e un'Assunzione attribuita al Guercino.
Scendendo verso sud, la strada conduce a Goito, dove il monumento al bersagliere, in fianco al ponte sul Mincio, ricorda la battaglia del 1848. Dell'antico castello resta traccia nell'imponente torrione medievale. La folta vegetazione che doveva contraddistinguere questo territorio in epoche antiche è tuttora testimoniata nel parco delle Bertone, in passato proprietà dei conti d'Arco ed ora gestito da una Fondazione.
Da Goito si fa ritorno verso l'area più vicina al Garda dirigendosi a Castiglione delle Stiviere, la città di San Luigi Gonzaga, figlio del marchese, signore di questo territorio. A San Luigi è dedicato un santuario costruito nel 1608: conserva numerose opere pittoriche (tele del Guercino e del Balestra), d'intarsio e d'oreficeria L'adiacente ex collegio dei Gesuiti è ora sede municipale. Il museo Aloisiano, ricco di memorie di San Luigi e della sua illustre famiglia, è ospitato nel Collegio delle Vergini di Gesù: l'edificio, dal considerevole valore storico ed artistico, conserva dipinti, mobili antichi, libri, reliquiari e una notevole collezione di stoviglie di peltro. Poco lontano c'è il duomo settecentesco, con opere pittoriche di pregio. Interessante è anche la visita a palazzo Triulzi-Longhi, sede del Museo internazionale della Croce Rossa, inaugurato nel 1959, esattamente cent'anni dopo che Henry Dunant aveva avuto proprio qui a Castiglione l'idea di far nascere quella che sarebbe presto diventata la più grande istituzione di diritto umanitario del mondo.
Da Castiglione ci si dirige verso Solferino. Da visitare il complesso monumentale composto dall'ossario, che custodisce i resti dei settemila caduti della battaglia del 1859, dalla Rocca (notevole il panorama) e dal museo risorgimentale (in mostra armi e uniformi) e vari cimeli.
Da Solferino si passa poi a Cavriana, le cui antiche origini sono testimoniate nel museo archeologico ospitato nella villa Mirra-Siliprandi: nelle otto sale sono esposti reperti d'epoca preistorica, romana e rinascimentale provenienti dalla zona. La visita al museo si conclude nella stanza che ospitò Napoleone III: è stata ricomposta quasi interamente con gli arredi originali. Da vedere anche la parrocchiale settecentesca e la pieve romanica.
La visita alle colline moreniche dell'Alto Mantovano non può che concludersi con una sosta in un angolo incantato: Castellaro Lagusello (siamo nuovamente nel territorio comunale di Monzambano). Il paesello prende il nome da un castello duecentesco che si specchia nelle acque di un minuscolo, affascinante laghetto. Si entra nel borgo attraverso l'antico ponte levatoio, sotto una torre quadrata. Oltrepassata la chiesa parrocchiale barocca, si giunge al castello-palazzo Tacoli. Per la sua bellezza e la notevole importanza naturalistica, quest'area è stata protetta come riserva naturale.
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Il bevr'in vin
Un bicchiere di Lambrusco Mantovano deve finire, irrinuncia-bilmente, nel brodo che accompagna gli agnoli serviti in aper-tura dei pranzi importanti: è l'arcaica ritualità del bevr'in vin, letteralmente del "bere nel vino". Appartiene all'antica tradi-zione mantovana "correggere" il brodo con un po' di Lambru-sco, in modo da "negàr i caplét in d'l'àqua scüra", ossia "affo-gare i cappelletti nell'acqua scura". Il brodo "corretto" col vino diviene d'uno strano, quasi inquietante colore bruno-violaceo, non a tutti gradito: proprio per questo i vecchi usavano consu-marlo in piedi, nella scodella, dando le spalle agli altri com-mensali. Chi comunque non si lascia suggestionare dalla tona-lità, sappia che si tratta d'un piatto d'una piacevolezza incredi-bile, davvero capace di preparare lo stomaco alle autentiche ghiottonerie della più tipica cucina mantovana.