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Relazioni interpersonali  e modalità comunicative
a cura di Mary Nicotra


15 giugno 2003

NEGOZIO/ARE di Rosella Simonari  

 


  I'm a pixie, I'm a paper doll, I'm a cartoon 
Ani di Franco


Esistono svariate tecniche per piegare una maglia e formare una pila perfettamente equilibrata e disposta sullo scaffale di un negozio. Si possono far coincidere le maniche con il bordo ripiegato della maglia, si può utilizzare una tavoletta appositamente formulata, si possono incrociare le maniche e così via. E ciò vale anche per camicie, pantaloni e gonne. La disposizione della merce all'interno di un negozio è cruciale per la vendita ed è la risultante di studi e sperimentazioni. La tendenza più recente è rappresentata dall'apparente disordine, con sciarpe asimmetricamente posate su borse, scarpe con lacci scompostamente apparecchiati, pantaloni spiegazzati. Questo per ovviare alla tendenza della gente a non toccare più di tanto ciò che è disposto troppo precisamente e ordinatamente.


Il mondo del merchandising (la disposizione della merce in negozio) è complesso e articolato e, allo stesso tempo, fluido, dinamico e in continuo divenire. Questo perché strettamente collegato alle fluttuanti entrate del microcosmo negozio assieme a quelle del macrocosmo azienda di moda che esso rappresenta. 
Al recente convegno promosso dalla Società Italiana delle Letterate, Metamorfosi, tenutosi a Firenze il 23 e 24 maggio e dedicato all'uscita in italiano del nuovo testo della filosofa Rosi Braidotti, la traduttrice, saggista e critica cinematografica Maria Nadotti ha proposto un intervento in qualche modo collegato al mondo della moda, intervento che ha suscitato riflessioni e polemiche. Volto a riecheggiare il quotidiano bombardamento di immagini pubblicitarie e di propaganda politica, la comunicazione si è strutturata secondo due parti: una introduttiva di carattere verbale orale e una di impianto multimediale, intitolata "metamedia", caratterizzata da parole sparate velocissimamente sullo schermo ingrandito di un computer, parole come SARS, kamikaze, AIDS, parole come bombe sganciate e presto annullate dal susseguirsi di altre parole. E poi le immagini, tutte rigorosamente sottolineate da suoni di vario tipo, altre bombe, proiezioni di corpi mutati mutanti marcati e spezzati, dove la linea fra oggetto pubblicizzato e corpo pubblicizzante si discioglie per ricomporsi secondo altri significati. Scioccante l'effetto sulle menticorpi di coloro che erano presenti in sala, poco abituate alla musica dissonante e ad altissimo volume che faceva da sottofondo alla performance visiva.


L'intervento si è rivelato brusco e di forte impatto e forse la calzata aggressività ha nascosto in parte il marcato accento ironico con cui Nadotti ha inteso misurarsi con un mondo così complesso e multiforme. Ad esso si ricollega un'affermazione fatta da Rosi Braidotti nella seconda giornata di studi volta a sottolineare come l'analisi del sistema capitalistico effettuata dai filosofi Deleuze e Guattari sia stata dal capitalismo stesso fagocitata e assimilata in modo da produrre antidoti di sopravvivenza. E il mondo della moda, con particolare riferimento all'ambiente del negozio e del merchandising, esemplifica questo passaggio. Si potrebbe costituire un parallelismo fra la teoria del soggetto nomade braidottiano e le strategie di marketing adottate per far funzionare il negozio di moda, sia esso rivolto ad un target medio-basso (catene come Benetton in Italia, Gap in America, Kookai in Francia) che alto (boutique delle grandi case di moda, da Armani e Prada a MaxMara e Yves Saint Laurent). Il mio vuole essere un allegro pensiero che volteggia nell'aria anche alla luce di esperienze personali nel settore.


Tra le figurazioni che Braidotti rielabora nel suo sistema cartografico prendendo spunto dalle teorie di Deleuze e Guattari vi è quella del/la nomade. Il soggetto nomade come plurilingue dislocato, volto alla molecolarizzazione del sé. "Non ci sono madrilingue, solo posizioni linguistiche che uno/a prende come punti d'inizio" dice Braidotti e all'interno del negozio, specialmente nelle grandi città, il plurilinguismo pullula. Nei negozi Benetton a Londra la maggior parte del personale parla almeno due lingue e questo non per eccellente formazione predisposta dall'azienda e dalla sua politica 'multicolorata', ma perché gran parte delle straniere (pochi sono i ragazzi) che cercano lavoro nella capitale inglese cominciano dai negozi (se non da ristoranti e caffè). Avendo fatto questa esperienza posso dire di aver lavorato con ragazze di varie parti del mondo: bulgare, spagnole, tailandesi, anglo-vietnamite, anglo-iraniane, svedesi e così via. Certo il plurilinguismo proposto da Braidotti non è riconducibile alla mera conoscenza di più lingue, ma si basa su di un atteggiamento di sovversione dei sistemi istituzionalizzati. E proprio in questo senso l'effettivo plurilinguismo delle lavoratrici nei negozi di moda si esplica, in quanto fucina di identità multiple, mezzo pratico all'interno del quale donne immigrate possono sostenersi, sopravvivere, lavorare e studiare. Queste donne mettono in discussione la loro appartenenza ad una sola cultura, viaggiano, perseguono un loro modo di essere che spesso non è riconducibile al ruolo assegnato loro dalla società. Molte sono laureate che ricominciano da capo per necessità e/o per volontà propria E nel negozio trovano un senso di appartenenza che va ben aldilà del 'gioco di squadra' sedimentato dall'azienda, emerge superficialmente nella comune uniforme (che può variare dal vestirsi tutte di nero ad avere magliette dello stesso colore e/o tipo, il tutto rigorosamente della stessa marca del prodotto in vendita!) e nel profondo stabilisce una rete di relazioni dinamiche e potenzialmente sovversive.


Per quanto riguarda il merchandising anch'esso varca i confini delle culture e delle lingue. Negozi come Benetton o Prada hanno fatto storia in questo senso non solo seminando punti vendita ovunque vi fosse un mercato ad attenderli, ma anche predisponendo, nelle strutture dei loro negozi, ambienti mobili e all'avanguardia. Da anni Benetton adotta una serie di strutture mobili, che si compongono e scompongono per cambiare di volta in volta la faccia del negozio. Una parete caratterizzata da scaffali può essere facilmente sostituita da un'altra ben più fluida che mostri il prodotto appeso frontalmente. La parola d'ordine è cambiare, cambiare continuamente. Nei negozi MaxMara si cambia il merchandising almeno ogni dieci giorni e si adottano sempre strategie nuove per attirare l'attenzione. Gli schemi utilizzati vengono continuamente messi in discussione da nuovi modi di proporre la merce. Questo dinamismo sembra rispecchiare il divenire auspicato da Braidotti, il guardare ai processi più che ai contenuti. Il fantasmagorico megastore di Prada, Epicenter, nel quartiere Soho di New York presenta nuove possibili frontiere per il mondo della moda. Costruito su due piani con l'utilizzo di materiali non convenzionali, Epicenter è stato studiato come sito d'incontro fra più mondi: quello della moda, della tecnologia, dell'arte, della performance per reinventare l'esperienza del comprare, vivere, lavorare in un negozio. Oltre ad ospitare i prodotti dell'affermata casa di moda, esso è stato pensato come luogo per avvenimenti culturali e performance. Inoltre la struttura vanta servizi davvero supertecnologici. I camerini sono caratterizzati da schermi digitali dove poter azionare dispositivi per chiamare la commessa, per richiedere una taglia diversa e per azionare un meccanismo atto a mostrare la veduta da dietro dell'abito che si sta provando secondo diverse intensità di luce.


Altra caratteristica che meriterebbe studio è quella del divenire-animale, divenire-insetto, divenire-impercettibile, riscontrabile nei prodotti stessi con la ricerca costante nella raffinazione e creazione di materiali e tessuti. Il successo delle fantasie maculate proposte e riproposte in tutte le salse (dall'abbinamento col jeans al mescolamento col pizzo) ne è un esempio. La tendenza ormai assodata ad appendere la maggior parte della merce rappresenta inoltre una sorta di 'corpo senza organi' teorizzato da Deleuze e Guattari. L'abito come superficie, pelle liminare che contiene il vuoto e suggerisce l'impercettibilità dell'essere in trasformazione. La frammentazione del soggetto è rintracciabile nell'esposizione (vetrina o negozio) di pantaloni completi di cintura e scarpe ma privi del top e viceversa nella presentazione di camicie, top, maglie senza il pezzo sotto. Tutto è permesso nel campo della moda che conta tra l'altro nella musica un elemento fondamentale per la creazione di quell'atmosfera volta ad indurre la gente a comprare e nell'illuminazione che si avvale di sistemi all'avanguardia per 'far luce' su parti del negozio che esaltino certe disposizioni strategiche dei prodotti. 
Centrale nella filosofia di Braidotti è la differenza sessuale ispirata alle teorie di Luce Irigaray e, paradossalmente, il mondo della moda e, di rimando, del negozio di moda, esemplificano il femminile come differenza in positivo, senza fare troppo conto con l'asse di riferimento che è l'uomo. La donna è al centro costante dell'attenzione, è il motore di energia del sistema e, in base a questo, viene adorata e cullata fino all'inverosimile. Morbidi divani adornano ora molte boutique, dove anche caffè, acqua e caramelle sono spesso offerti alle clienti. Senza contare il servizio espletato dalle efficienti commesse. Se poi non si è ultramagre ci sono le sempre più popolari alternative dei negozi per taglie forti, quali la catena svedese a basso costo H&M che dedica alle donne in carne una linea precisa della sua produzione o anche la catena di boutique Marina Rinaldi di MaxMara, che da decenni si pone come scelta di alta moda per coloro che non 'entrano' nelle altre creazioni. 


Certo occorre sottolineare che comunque il sistema capitalistico del merchandising e della moda in generale, operano in base alla logica del profitto per cui evitano accuratamente le soluzioni destabilizzanti postulate dalle teorie deleuziane e braidottiane. Allo stesso tempo ne hanno evidentemente assorbito le analisi creando antidoti in grado di far sopravvivere la specie (moda). 
Si potrebbe forse prendere esempio da questa inesauribile capacità di riadattamento per creare strategie di resistenza e optare per nuovi modi di relazionarsi e di apportare uno sguardo diverso nel mondo. Nel frattempo non si può che sorridere di fronte alle ultime tendenze che vogliono i cartoni animati manga giapponesi come figure ornamentali di maglie e canottiere. È probabilmente giunto il tempo di divenire-folletto-bamboladicarta-cartoneanimato…



Rosella Simonari




 









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