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VS pedofilia
Piccolo
reportage da Londra
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LIBERTA'
!:
28 Ottobre 1998: polizia giudiziaria e Digos sequestrano a J. Vacca,
titolare della Topolin Edizioni, buona parte del materiale della casa editrice,
tra cui le opere dei ben noti Miguel Angel Martin (autore di "Brian the
Brain" e di "Psycho Patia Sexualis") e Alvarez "Sesso: istruzione per l'abuso"
Rabo. Vacca è stato accusato d'istigazione alla pedofilia: ora come
ora l'accusa è caduta, ma il sequestro resta.
Evento gravissimo, certo, ma non isolato: purtroppo, si tratta soltanto
della punta di un iceberg dalle profonde radici. Recentemente, il Codacons
si è lamentato degli "eccessi" di Tex (che, addirittura, si permette
di bere alcolici e fumare!): e come dimenticare gli interventi di Mirabella
e della Wertmuller al "Maurizio Costanzo Show", o le appassionate crociate
anti-"Sailor Moon" della presidentessa degli psicologi italiani, Vera Slepoj?
A questo punto, sarebbe facile ripetere le riflessioni di sempre. Il
fumetto non è "roba per poppanti" (e non lo è neppure storicamente);
se i pedofili esistono non è colpa di M. A. Martin; Sailor Moon,
con buona pace di Vera Slepoj, non rende gay i bambini; tutti hanno il
diritto di esprimere la propria opinione (art. 19 della Dichiarazione Universale
dei Diritti dell'Uomo: " Ogni individuo ha il diritto alla libertà
di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato
per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni
e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere."); mostrare
un atto è cosa diversa dal lodarlo, o condividerlo.
Ma sono argomenti
triti e ritriti, e difficilmente qualche grosso giornale li riporterà
mai. Noi appassionati ce li ripetiamo all'interno della nostra ristretta
cerchia, consolandoci a vicenda. E intanto, là fuori, i varii Frederick
Wertham se la ridono, e tirano su generazioni convinte che l'arte parta
da Manzoni e finisca con Michelangelo. Senza posti liberi in mezzo: l'arte
è un circo già pieno, in cui non c'è più spazio
per altri numeri, per numeri nuovi.
Ci basti l'intelligente commento di Toffolo che ha affermato che, se
si fosse trattato di un "libro", non sarebbe successo. E' vero. Nessuno
si è mai sognato di sequestrare opere di Bukowski: eppure, non è
che esse siano meno offensive di quelle di Martin. Né, in teoria,
meno "pericolose socialmente".
Perché questo bailamme, dunque? Solo perché il fumetto
è ancora considerato "roba per bambini"? Possibile che nasca tutto
solamente dall'ignoranza? Mi piacerebbe crederlo, mi rassicurerebbe. Ma
non lo credo. Non ci riesco. Temo che la verità sia un'altra, e
ben più terribile.
Essenzialmente il fumetto è, nel campo dei media, una mina vagante.
Con un'enorme potenzialità distruttrice. Pensiamoci un po'.
Il fumetto usa la parola, sulla cui efficacia è inutile discettare.
Basti pensare che illustri pensatori, come Zenone, ne hanno fatto il punto
focale del proprio sistema filosofico.
Ma il fumetto ha dalla sua anche la devastante forza dell'immagine:
un'immagine legata a molti meno limiti tecnici ed economici rispetto a
quella cinematografica. Un'immagine che è strutturalmente molto
diversa da quella cinematografica. L'immagine, nel cinema, è per
sua stessa natura in perenne movimento, e questo la riveste di una fruibilità
temporale. Si può tornare indietro col videoregistratore, si può
bloccare un fotogramma, ma è materialmente impossibile "meditare"
l'immagine nella sua interezza, e con essa l'apparato fonico che l'accompagna,
man mano che si presenta innanzi ai nostri occhi. Come ho detto prima,
essa è fruibile solo nel tempo, e in un tempo prestabilito. La rielaborazione
personale è un'operazione necessariamente successiva alla fruizione
dell'opera stessa.
Il fumetto non ha di questi limiti: l'occhio arriva a percepire contemporaneamente
testo e immagine, ad abbracciarli e a definirli, a meditarli istantaneamente.
A dispetto della sua natura di "arte invisibile", il fumetto permette una
visualizzazione del contenuto più definita e più immediata
che quella cinematografica. Una visualizzazione atemporale.
Il fumetto si presta a una lettura molto più vicina a quella
dell'opera scritta che a quella dell'opera cinematografica. Ma ha in più
l'immagine, un elemento deflagrante per le sue possibilità comunicative,
a livello conscio e inconscio. Non ci si deve meravigliare che questa variabile
impazzita faccia paura: Oesterheld pagò caro il suo fare fumetto,
o sbaglio?
Ecco perché Martin fa più paura di Bukowski. Ecco perché
mi ha tanto colpito l'affermazione di Toffolo: se fosse stato un libro,
non sarebbe successo. E' vero, dicevamo. Ma è pur vero che un libro
non fa più paura a nessuno. A tal punto i rigidi censori sottovalutano
le arti che affermano di amare e difendere! Invece di cercarci le nostre
solite consolazioni, gioiamo! Questi sono segni di salute, il timore in
sé è un atto di stima, per quanto inconsapevole. Se qualcuno
teme ciò che abbiamo da dire significa che, effettivamente, qualcosa
da dire abbiamo.
E al diavolo il resto!
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