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Maggio 1999SommarioAnno 1  - Numero 2

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IN PRINCIPIO FU LA GUERRA... 
 
Fin da sempre la situazione politica della penisola Balcanica è stata complessa e ricca di lotte di indipendenza o di disgregazione che frequentemente hanno cambiato il volto del paese. 
Naturalmente mi sembra inutile parlare di guerre e lotte ormai lontane percui nella nostra ricostruzione imparziale degli eventi potremmo partire dalla guerra serbo-bosniaca-croata, un grave conflitto esploso all'interno della repubblica federale socialista di Jugoslavia nel 1991. Prima della guerra di separazione le repubbliche che costituivano lo stato jugoslavo, riunificate da Tito dopo l'occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale erano Slovenia, Croazia, Macedonia, Serbia, Bosnia-Erzegovina e Montenegro. 
La popolazione era composta da serbi (42%), croati (24%), sloveni (9%) e macedoni (5%) oltre a piccole minoranze italiane, albanesi e magiare. 
Dopo la morte di Tito questa mescolanza di popolazioni e anche di religioni fu mantenuta unita per dieci anni dai suoi successori i quali governavano a rotazione con le etnie maggiori occupando a turno la presidenza jugoslava. 
Questa situazione, già fragile per le gravi condizioni economiche che ponevano in competizione etnica le repubbliche e per il sempre più crescente autoritarismo serbo, crollò dopo la caduta del regime comunista nell'Unione Sovietica. 
Dopo la secessione di Slovenia, Macedonia e Croazia nel 1991, l'esercito nazionale jugoslavo (composto prevalentemente da serbi) lanciò un assalto contro la Slovenia e una campagna contro la Croazia. 
Nel 1992 però fu firmato il cessate-il-fuoco incondizionato, anche se la Croazia e la Bosnia-Erzegovina andarono alle urne per votare la propria indipendenza, temendo il dominio serbo. 
Croazia e Bosnia-Erzegovina vennero presto riconosciute indipendenti dall'Europa e dagli Stati Uniti, ma questo provocò la reazione dei serbi, che ebbero il sostegno delle truppe regolari della Repubblica Federale di Jugoslavia, creata da Serbia e Montenegro come erede legale della Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia (ma non riconosciuta dalla comunità internazionale) e dominata dal nuovo presidente Slobodan Miloseviç; la nuova repubblica aveva l'obiettivo di impossessarsi di aree popolate da serbi in Croazia e in Bosnia. 
 I serbi bosniaci dichiararono quindi a loro volta la formazione di una Repubblica serba di Bosnia ed Erzegovina con confini non ben definiti, guidata da Radovan Karadsiç. 
Anche i croati bosniaci, urtatisi con i musulmani, loro precedenti alleati, dichiararono la creazione dell'Unione croata indipendente di Herzeg-Bosnia. 
L'esercito nazionale jugoslavo controllato dai serbi sferrò un attacco contro la capitale bosniaca, che portò al coinvolgimento di un crescente numero di forze dell'ONU, in gran parte provenienti da Inghilterra e Francia (si vede che in questo caso gli USA non avevano interessi in ballo), e all'imposizione di sanzioni commerciali e finanziarie da parte delle Nazioni Unite alla Serbia e al Montenegro. 
 Il conflitto si faceva sempre più cruento, con un dichiarato obiettivo di "pulizia etnica", da parte di tutte le etnie coinvolte e migliaia di persone, in gran parte musulmani, vennero uccise o rinchiuse in campi di concentramento. 
Il conflitto si concluse nel Novembre 1995 quando dopo lunghe trattative, i presidenti bosniaco Alija Izetbegoviç, il croato Franjo Tudjman e il serbo Slobodan Miloseviç si incontrarono presso la base aerea statunitense di Dayton, nell'Ohio, per negoziare un accordo di pace durevole in base al quale la Bosnia veniva riconosciuta come stato unico, ma con territorio diviso tra una Repubblica serbo-bosniaca (49%) e una Federazione croato-musulmana (51%). 
Tutto questo dimostra come in serbia attraverso il suo presidente Slobodan Miloseviç fosse già nato uno spirito espansionistico e fortemente accentrante sulla razza "pura", quella serba. 
Come dire il buon dì si vede dal mattino... 
La situazione della guerra tra serbi, bosniaci e croati può essere perciò paragonata a quella nel Kosovo, sia per le intenzioni serbe che per la brutalità con cui Slobodan Miloseviç ha condotto e conduce tutt'ora, la guerra. 
Ma come si dice tutto il male non stà da una parte sola. 
Infatti il territorio del Kosovo venne annesso all'Albania durante la seconda guerra mondiale,dalle truppe d'occupazione italiane e i serbi vennero espulsi, vale a dire che anche in Kosovo venne fatta una pulizia etnica a scapito stavolta della popolazione serba. 
Ma nel dopo-guerra nonostante l'opposizione dei kosovari, l'area fu annessa alla Jugoslavia sotto forma di sottounità amministrativa della Repubblica di Serbia, dapprima come una regione autonoma e in seguito come provincia autonoma. 
Nel frattempo nasce l'esercito di liberazione noto sotto il nome di UCK e Slobodan Milosevic 
decide di privare di ogni autonomia il Kosovo, aumenta le discriminazioni antialbanesi, ripristina la legge marziale e pone rigide restrizioni ai privilegi e ai diritti di cui la provincia aveva goduto costringendo la regione sotto una vera e propria occupazione militare. 
Detto tutto ciò si possono trarre alcune conclusioni fondamentali : 
1) la pulizia etnica in Kosovo era già iniziata, durante la seconda guerra mondiale ma a scapito della polazione serba. 
2) il movimento di liberazione kosovaro noto come UCK non si è comportato diversamente dalla milizia armata serba, facendosi cioè carico di comportamenti delittuosi 
3) il Kosovo è sempre stato territorio serbo 
4) il presidente Slobodan Miloseviç è colpevole sia di atti criminosi e violenti che di un nazionalismo esasperante che non giustifica comunque il modo in cui la NATO alias USA stà sacrificando una popolazione (quella serba) per chissà quale motivo economico-politico 
Concludo il mio pensiero dicendo che in una guerra non ci sono mai vincitori ma solo vinti e in questo caso anche io in qualità di italiana e partecipante alla carneficina in serbia e kosovo  lo sono........ 
E secondo Voi ? 
 
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