storia della Cartapesta

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Storia della Cartapesta Il Restauro del Cristo di Confortino Appendice  

Liberamente Tratto da

"Il Cristo in Cartapesta"

Tesi di Laurea di

 Gabriella Brigante

 

 Relatore:

  Prof. W. Lambertini

Correlatore

Prof. A. Panzetta

 

Accademia di Belle Arti Bologna


Indice

 

Storia della Cartapesta

Introduzione

La Cartapesta

Cartapesta Leccese

Cartapestai salentini

Tecnica della cartapesta

Cartapesta a Bologna

C.sta tra Lecce e Bologna

 

Il Restauro del Cristo

Descrizione

Stato di Conservazione

Consolidamento

Pulitura

Stuccatura

Integrazione pittorica

 

I Luoghi

Anzola Emilia

Chiesa di Anzola

Oratorio di Confortino

 

Appendice

Conclusioni

Ringraziamenti

Materiali usati

Bibliografia


Argomenti Correlati

Arte devozionale

l'Addolorata

Cristo deposto

Croce del Tacca

Divino infante

Antico arredo sacro

Sculture policrome

Anzola dell'Emilia


Approfondimenti

 

 Antiche Tecniche
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 I Pigmenti antichi

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Pittura su tavola

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 Uso dei Tensioattivi

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Montevergine

 Affresco Tecnica

 Restauro di Affresco

 Strappo e Stacco

 

 


Link utili

 


 

 
 

Accademia di Belle Arti

Bologna

 

Corso di Metodologie della Conservazione e del Restauro

del Patrimonio artistico-culturale

 

Indirizzo di restauro dei dipinti murali e scultura applicata all'architettura

Prof. William Lambertini

 

 

IL CRISTO DI CARTAPESTA SITUATO NELL'ORATORIO DI SAN FRANCESCO IN CONFORTINO

Analogie e differenze tra la cartapesta leccese e la cartapesta emiliana

Sessione straordinaria Anno Accademico 2006/2007

 

 

 

Testi di

Gabriella Brigante

Relatore

Prof. William Lambertini

Correlatore

Prof. Alfonso Panzetta

 

 

 

 

Introduzione

 

Sin dai tempi più remoti, l'uomo ha avvertito il bisogno di esternare il proprio credo religioso attraverso i riti e la realizzazione di simulacri con effigi di divinità alle quali veniva spesso attribuito un aspetto antropomorfo.

Nei tempi più recenti, il Cristianesimo ha fatto sì che arte e religione, bellezza e fede fossero a tal punto interdipendenti da ipotizzare che in Occidente difficilmente avremmo avuto uno sviluppo dell’arte, una storia dell’arte, una disciplina chiamata estetica, se il Secondo Concilio di Nicea ( 787 )1  non avesse approvato il culto delle immagini.

Dai documenti conciliari, infatti, emerge quella che resterà per secoli la posizione ufficiale della Chiesa intorno alle immagini pittoriche e, più tardi scultoree, di Dio e dei Santi: ricordare, richiamare alla memoria le vicende del Cristo, della Vergine, le storie esemplari dei Santi, specialmente alle menti deboli e illetterate del volgo, che può conoscere la storia sacra solo attraverso la parola del predicatore o le immagini presenti lungo le pareti del tempio o sugli Exultet.

La Synodica” di papa Adriano I, aprendo il Concilio, ribadisce la legittimità di apprestare nelle chiese, al fine di “ricordare” e “venerarle con amore”, rappresentazioni figurate quali “la sacra immagine del Signore nostro Gesù Cristo, secondo l’incarnazione della sua forma umana ed insieme l’immagine della sua Santa Madre, dei Santi e beati Apostoli, dei Profeti, dei Martiri e Confessori”.

Le immagini sacre non sono destinate, però, ad essere venerate come dei feticci, come degli oggetti sacri per se stessi, ma servono per richiamare alla memoria e per venerare il Santo rappresentato.“ Adorando l’immagine della Croce non onoriamo la materialità del legno, ma vedendo la stessa immagine di Cristo, attraverso essa, accogliamo e veneriamo Colui che su di essa fu crocifisso”.

Delle tre religioni monoteiste: Ebraismo, Islamismo e Cristianesimo, solo quest’ultima concede il culto delle immagini sacre e non condanna l’iconoclastia come empietà.

 

Nota 1:  Il Secondo concilio di Nicea fu convocato nel 787, su richiesta di papa Adriano I, dall'imperatrice d'Oriente Irene, per deliberare sul culto delle immagini, proibito nel 726 da un editto imperiale di Leone III l'Isaurico e dal concilio tenutosi a Costantinopoli nel 754, nonostante l'opposizione di papa Gregorio III, che fu costretto a recarsi a Bisanzio e ritrattare. Il concilio negò l'ecumenicità del concilio del 754 e dichiarò la liceità del culto delle immagini.

La statua, sia essa del Cristo, della Madonna o del Santo, infatti, non possiede in sé la sacralità; è il rapporto tra essa e il credente che fa sì che quella, realizzata in marmo, legno, cartapesta, bronzo, ecc... acquisti contenuto spirituale. Non è perciò una questione di materia, ma di relazione tra il credente e la statua, tra l'uomo e l'oggetto, che, senza la presenza dell'uomo, non avrebbe alcun significato. ll simulacro diventa, così, elemento mediatico, che si fa carico delle sofferenze e delle attese di un'umanità che in esso ripone la speranza di un riscatto terreno e di una sopravvivenza eterna.

Proprio perché considerato figura di soglia, l'onore ad esso tributato passa al suo modello originale, per cui la statua diventa finestra tra visibile e invisibile, appartiene ai due mondi: l’aldiqua e l’aldilà, è posta tra il tempo e l’eternità.

Naturalmente, la maestria dell'artista sta nel far sì che l'immagine, da lui plasmata, riesca a rendere, espressivamente, il più possibile quei sentimenti idealizzati dal credente. Le effigi religiose perciò costituiscono oggetto di studio nel quale si intersecano aspetti e contenuti diversi.

E' stata proprio una di queste a colpirmi nel laboratorio di restauro presso l'Accademia di Belle Arti. L'opera è un Cristo Crocifisso realizzato in cartapesta policroma, cioè in una delle tradizioni artistiche più genuine e più radicate nella coscienza di noi Salentini.

Era in un pessimo stato di conservazione è ciò ha fornito “l' input” finale per la mia scelta nel procedere al suo restauro. Il mio lavoro di ricerca è partito dall'evoluzione delle immagine sacre, nel trovare le analogie storiche tra cartapesta emiliana e quella leccese, la quale ha avuto grandi facitori e un' importanza a livello internazionale, un' arte che sta scomparendo e che ci propone, attraverso le ultime botteghe, le testimonianze di ciò che un giorno potremo e dovremo vedere con nostalgia.

 

 

Storia della Cartapesta

Cattedrale, Battesimo di Cristo (altorilievo), R. Carretta, 1917, cm 150x130 (s. c. discreto).

 

 

 

 

 

La Cartapesta

 

Il termine cartapesta è sempre stato usato come sinonimo di effimero, poco solido, falso, artefatto.

Nelle enciclopedie si continua a scrivere che è una “sostanza”, oppure una “massa”, plastica.

La definizione più esatta, però, continua ad essere quella più antica rinvenuta in un dizionario enciclopedico edito a Venezia nel 1830, “...carta macerata in acqua e ridotta liquida o in pasta”.

 

 

Storia della Cartapesta

Addolorata

Nei dizionari linguistici inglesi, francesi e tedeschi essa è indicata con una “voce” unica, quella di “papier machè”.

Per la sua duttilità, economicità, leggerezza e maneggevolezza, è considerata l'antesignana della plastica. Questo materiale, inoltre, ha offerto anche ai più poveri la possibilità di possedere sia sculture ed elementi di arredamento, sia oggetti di uso comune, che, se modellati con altro materiale, sarebbero stati per loro irraggiungibili.

Le sue origini sono incerte; gli inglesi, nelle loro enciclopedie, scrivono che i prodotti di carta modellata vennero inizialmente fabbricati in Francia nella prima metà del Settecento, quindi, successivamente, questa tecnica passò in Germania in Inghilterra.

 

 

 


Link utili


 

 

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 Ultimo Aggiornamento: 22/05/08.