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Sensi, una scelta da rispettare

di Gianfranco Giubilo - Lug. 1999

Il primo sole d’estate brucia sogni e sognatori, cancella belle parole e promesse di futuro ancora insieme, l’altare dei matrimoni diventa una sorta di ara sacrificale per la region di Stato. Nell’addio a Zeman, così singolare nei tempi e nei modi, c’è forse tutta la storia delle due stagioni del boemo in rossogiallo: amore forse troppo intenso, i momenti di gloria e le cadute; nobili battaglie combattute senza lo straccio di un alleato, tanti nemici, a cominciare dal potere costituito. Chiaro che i fedelissimi di Zeman siano portati a sospettare che in qualche modo il tecnico, divenuto scomodo, possa essere stato venduto al Palazzo. Ma è probabilmente sospetto ingeneroso nei confronti di un presidente che il suo appoggio, alla guerra santa del boemo, non aveva mai fatto mancare, esponendosi pesantemente in prima persona. Anche se restano tutt’altro che limpide le modalità del divorzio, che sarebbe ridicolo attribuire alle frasi di fine stagione di uno Zeman probabilmente già presago della precarietà del futuro immediato. Negli occhi del tifoso rimarranno le immagini delle tante iniquità sofferte, rimarrà la curiosità di sapere quanto un meno precario organico avrebbe prodotto in termini numerici. Senza dimenticare che nei pronostici neutrali della vigilia la Roma non figurava tra le prime sette della griglia di partenza.

Da rispettare la scelta di Sensi, sicuramente non indolore, anche se resta l’ombra di una conferma ufficializzata e poi rinnegata, senza apparenti motivazioni. È innegabile che l’addio a Zeman e alle sue crociate abbia consentito alla Roma e al suo presidente di rendere meno aspri i ricorrenti dissapori con i tanti volti del potere: non quello ufficiale, già ampiamente destabilizzato, quanto quello più occulto, capace di amministare e imporre le leggi di mercato. Non è casuale che la nuova situazione abbia indotto un tecnico ambito e corteggiato come Fabio Capello a tentare l’avventura romana, logicamente con la garanzia di un ambizioso potenziamento dell organico. A Roma, Capello aveva vissuto la sua primavera di calciatore, dopo le promesse di Ferrara e prima delle glorie juventine e milaniste. Un allenatore vincente, lo ha definito Sensi, almanacco alla mano. Un allenatore, mi sembra giusto precisare che le sue vittorie ha costruito sul gioco, sull intensità del lavoro, sulla concentrazione mentale. Vedi un po’, la stessa filosofia predicata da Zeman, le stesse premesse per renderla produttiva, vale a dire la partecipazione convinta degli interpreti a un progetto ambizioso e durissimo. Più pragmatico rispetto al suo predecessore, Capello ha dimostrato di saper concedere molto all’estetica quando il gruppo a disposizione glielo ha consentito. Se non sempre incantava il Milan reso pratico e vincente dall’invenzione tattica dell’impiego di Desailly, riusciva invece a regalare divertimento e spettacolo il Real Madrid, da Don Fabio guidato ad avvilire le ambizioni di un Barcellona dal ben più poderoso organico. Sembra avere le idee chiare, il nuovo tecnico. E prima ancora di una verifica pratica sull’assemblaggio della squadra in base ai nuovi arrivi, mi piace dargli atto di due fondamentali recuperi: quelli di del Delvecchio e di Di Biagio. Giocatori talvolta maltrattati da una parte della tifoseria, ma esemplari sul campo e nella vita. Che Fabio ne abbia valutata l’importanza, è già segno molto incoraggiante.

 


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