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  Giubileo


 

di Gianfranco Giubilo - Ott. 2001

Però, il mondo è buffo. Se un po' di gente, di apprezzabili corde vocali a compensare il deficiente peso di materia celebrale, urla "Albanese di merda" al povero Igli Tare, si becca l'accusa di razzismo e le conseguenze del caso, secondo nuove leggi che forse già esistevano e nessuno si era sognato di mettere in atto con coscienza e doverosa severità. "Romano di merda" è invece consentito, senza per altro che il quoziente di intelligenza (?) del corista aumenti di un solo millesimo, e le sanzioni non scattano. Allora, tutti zitti. C'è chi ci sta: a Roma, in fondo, abbiamo sopportato di peggio, nei secoli, compresi i lanzichenecchi, il potere temporale di signori che di ecclesiastico avevano sì e no la tonaca, perfino le "SS" in giro per le vie della Capitale. Se uno non ci sta, è lui che la legge si accinge a castigare, non i trombettieri della volgarità e della stupidità. Chi, indifferente alle reazioni dei puristi, non ci sta di sicuro, è Carletto Mazzone, che a dispetto del nomignolo ormai consolidato, è un omaccione di rispettabile statura e di stazza imponente. Quindi, avendo a lungo sopportato, si fa una corsetta verso la curva dei bergamaschi tra i quali, spiegano le autorità lumbard, i beceri sono la solita sparuta minoranza che macchia il buon nome di una città che nulla sa di razzismo, di pelle o di campanile che sia. Non sta bene, gli hanno detto, questo è incitamento alla violenza. Mentre ricordare a un uomo non giovanissimo e pieno di dignità che i suoi cari, purtroppo scomparsi, erano moralmente spregevoli, questo è puro e civile esercizio di diritto di critica. Ci avesse riflettuto sopra un po', forse Carletto quella corsa e quelle esternazioni se le sarebbe risparmiate, nella convinzione che dare del pezzo di merda a un pezzo di merda non è poi così eccitante, perché in fondo si scopre l'acqua calda. Mazzone non ha bisogno di difensori: ha ammesso che gli è partita la brocca, forse, perché lui è un essere umano, non un pupazzo robotizzato come tanti suoi colleghi, che hanno scoperto come l'ipocrisia rappresenti uno scudo migliore, rispetto all'intelligenza della quale sono indubbiamente dotati, visto che non stentano a metterla a frutto a suon di miliardi. Le risposte di comodo, a un intervistatore come a un teppista da stadio, non fanno parte del bagaglio, culturale e umano, di un allenatore che gli apprezzamenti ha saputo meritarseli sul campo, non in una sterilizzata sala stampa. Mazzone era solo, nella sua rivincita verbale. Solo come lo sono le persone per bene nei confronti dei vigliacchi, che conoscono soltanto la filosofia del branco e quella dello squadrismo, tanti contro pochi e possibilmente armati contro inermi. Avrei voluto vederlo, uno dei fieri portabandiere dell'orgoglio, affrontare da solo il buon Carletto e insultarlo pesantemente, sfidando schiaffoni "a palanca", secondo le dimensioni delle mani del nostro. Per questo, e chiedo scusa se verrò catalogato tra gli istigatori alla violenza, io sto con il "Sor Carlo", al quale voglio bene come a un fratello e dal quale ho ricevuto, e lo ringrazio, tante e tante dimostrazioni di amicizia e di onestà intellettuale. Fossi stato a Brescia, ai bordi del campo, gli avrei tirato la volata personalmente, a Carletto: anch'io con il fiatone, con le gambe ovattate, con la voce un po' arrochita. In quella rincorsa, a sostenere un sano slancio vendicatore, c'era un cuore grande. Che vale più di gambe, fiato e voce. E che vale, soprattutto, molto più di qualsiasi farisaico moralismo.

 


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  15. Glerean, Zeman e Baggio quando il calcio è roba da schemi

  16. Dic.2000

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