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La scoperta dell'acqua calda del regolamento

di Gianfranco Giubilo - Dic. 2001

Racconti d'autunno. Il calcio italiano non si racconta come farebbe Eric Rohmer, poeta geniale dello schermo se ce ne è uno. Non atmosfere lievi, sentimenti talvolta inespressi, soavità di immagini. Il calcio si racconta secondo realismo crudo, ma ugualmente sorprendente. E chi se l'aspettava, in uno sport largamente ultracentenario, la scoperta di un regolamento? Il bello è che tutti, complice un'informazione qualche volta superficiale, parlano di novità, di regole modificate, di inediti indirizzi. Insomma, picchiare da adessso in poi è proibito: bene, bravi, grazie, come se fino a ieri fosse stato consentito o magari incoraggiato. Articoli di fondo, proclami, raduni arbitrali di aggiornamento: tutto per ratificare una scoperta equivalente a quella dell'acqua calda, del cavallo e dell'umidità della pioggia. E così, visto che siamo gente disposta a prendersi fin troppo sul serio, a meno che non si tratti di cose importanti, il mondo cambia da una domenica all'altra. Un arbitro che sette giorni prima a San Siro aveva largamente sorvolato su una sorta di massacro reciproco, si ripresenta nello stesso stadio con i taschini pieni di cartellini di tutti i colori: e senza pudore li sventola a ogni accenno di rudezza, come se si trattasse non del calcio, ma di un altro gioco appena inventato, e molto più soft. E allora perché meravigliarsi se Billy Costacurta, che i campi li frequenta da una vita, chiede all'arbitro se sta scherzando, dopo aver visto il rosso per un fallo sul piacentino Volpi che avrebe meritato, al massimo, l'ergastolo? Ma come, si sarà detto il vecchio capitano milanista, li ho sempre fatti, falli da espulsione, e adesso questo mi caccia? Ma in che mondo viviamo? Risultato: riscoperto un regolamento da sempre esistente, era giusto attendersi anche una interpretazione uniforme. E invece gli arbitri, che sempre uomini sono, decidono secondo proprio umore, fino ai disastri biblici di Cesari e Braschi, vittime il "fastidioso" Chievo e la provinciale Atalanta. Non è, vedete, un racconto a lieto fine. Lo è invece la seconda favoletta d'autunno, che regala all'Italia un girone mondiale francamente abbordabile: perché se a mettere in dubbio la presenza azzurra negli ottavi devessero essere Ecuador, Croazia e Messico, vorrebbe dire avere fatto, fin qui, valutazioni grossolane sul tasso tecnico delle legioni del Trap e sulla loro unanime collocazione tra le favorite dell'ormai vicino appunatmento orientale. Se dovessimo lamentarci, insomma, Argentina e Inghilterra con contorno di Nigeria e Svezia sarebbero già pronte per il suicidio di massa. Un grazie alla buona sorte, verrebbe voglia di dire, ma sarebbe giusto? Francamente non credo: fin troppo "pilotato", questo sorteggio di Busan (prima si chiamava Pusan, ma chissenefrega lo stesso) per illudere gli ingenui che le palline nelle urne abbiano tutte lo stesso peso e la stessa temperatura. Felipe Scolari, che è bravo tecnico e uomo di grande sensibilità (come dimostra il rispetto per i suoi brasiliani e per le società europee che lautamente li pagano), ha auspicato per le prossime edizioni un sorteggio senza condizionamenti e senza trucchetti, da sempre in atto in qeste occasioni e da sempre deprecabili. E' andata bene, in alto i cuori. Ma non gridiamo allo scandalo se, un'altra volta, finiremo in un raggruppamento di ferro, come quello toccato alla favorita numero uno, l'Argentina, ma anche alla numero due, la Francia campione uscente. Nonostante tutto, buon Natale.

 


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